Buonasera (beh – forse sarebbe più il caso di dire buonanotte), Shadowhunters! 🙂 Cassie ha da poco condiviso un estratto dal capitolo di Queen of Air and Darkness, e ovviamente potevamo non portarvelo tradotto? 😉 Anche perché, in verità, noi il capitolo (che si è scoperto essere il terzo) l’abbiamo pure tradotto tutto… e in teoria avevamo intenzione di caricarlo domani. In pratica, però, abbiamo deciso di aspettare ancora una manciata di giorni, perché Cassie – nel post in cui ha caricato questo snippet – ha annunciato che il capitolo verrà presto caricato online.
Aspetteremo fino a giovedì; se non dovesse arrivare per allora, venerdì mattina lo troverete qui sul sito. ;D Se invece dovesse venire caricato prima di giovedì… beh, anche la nostra traduzione arriverà prima. <3
Ci spiace un sacco dovervi fare aspettare, comunque – non vedevamo l’ora di leggere i vostri pareri. 🙁
PS: prima di leggere questo estratto, procuratevi dei fazzoletti. Parecchi fazzoletti. Anche della cioccolata non sarebbe male – o qualsiasi cosa vi dia conforto, ecco. ;___; Come al solito, Shadowhunter avvisato, mezzo salvato.
« fashfoshah84 ha chiesto: “Ho una domanda su QoAaD, riguarda Tiberius. So che la morte di Livvy è stata uno shock per tutti i Blackthorn, e in particolare per Ty – non so se sia uno spoiler dircelo, ma andrà fuori controllo e farà cose di cui poi si pentirà?”
So perché me lo stai chiedendo! Ho visto parecchi commenti riguardo a ciò che abbiamo appreso su Kit e Ty nel capitolo distribuito alla BookCon 2018. Tutto il fascicoletto verrà presto caricato online ma, per gli interessati, ecco il pezzo del Terzo Capitolo in cui ci sono Kit, Ty e dei possibili progetti futuri di Ty…
TANTISSIMI SPOILER! »
Kit era in piedi a osservare il fumo che si alzava in lontananza attraverso la finestra della camera che divideva con Ty.
Almeno, pensava di dividerla con Ty. Il suo borsone era lì, gettato in un angolo, e nessuno si era preso la briga di dirgli se dovesse o meno andare in un’altra stanza. Quella mattina si era vestito in bagno, e uscendo aveva trovato Ty intento a sfilarsi la maglietta dalla testa. I suoi Marchi sembravano neri in modo insolito, probabilmente perché aveva la pelle pallidissima. Sembrava così delicato – Kit era stato costretto a distogliere lo sguardo dalla forma delle sue scapole, dalla fragilità della sua colonna vertebrale. Come poteva avere quell’aspetto ed essere abbastanza forte da combattere i demoni?
Al momento Ty era al piano di sotto, insieme al resto della sua famiglia. Le persone tendevano a cucinare, dopo la morte di qualcuno, e gli Shadowhunters non facevano eccezione. Qualcuno probabilmente stava cucinando uno stufato. Uno stufato demoniaco. Kit si appoggiò contro il vetro fresco della finestra.
C’era stato un tempo in cui sarebbe potuto scappare, pensò Kit. Sarebbe potuto fuggire, lasciandosi alle spalle gli Shadowhunters, e svanire nel mondo sotterraneo dei Mercati delle Ombre. Sarebbe potuto diventare come suo padre, parte di nessun mondo, esistendo nel mezzo.
Nel riflesso della finestra di vetro, Kit vide la porta della stanza da letto aprirsi, e Ty entrare. Indossava ancora il suo vestito da funerale, ma si era tolto la giacca, e portava solo una t-shirt nera a maniche lunghe. E Kit realizzò che era troppo tardi per scappare, che adesso gli importava di quelle persone, e di Ty in particolare.
“Sono felice che tu sia qui.” Ty si sedette sul letto e iniziò a slacciarsi le scarpe. “Volevo parlarti.”
La porta era ancora leggermente socchiusa, e Kit riusciva a sentire delle voci provenienti dalla cucina al piano di sotto. Quelle di Helen, Dru, Emma, Julian. Diana era tornata a casa sua. Apparentemente, abitava in un negozio di armi, o qualcosa del genere. Era andata a prendere un qualche tipo di strumento che riteneva in grado di togliere le schegge dalle mani sanguinanti di Julian.
Le mani di Ty erano a posto, ma si era messo dei guanti comunque. Kit aveva visto quelle di Julian quando era andato a sciacquarle nel lavandino, e sembrava quasi che un proiettile sharpnel gli fosse esploso tra i palmi. Emma era rimasta lì vicino, preoccupata, ma Julian le aveva detto di non volere un iratze, che la runa avrebbe soltanto curato la pelle, chiudendola sopra i pezzetti di legno. Aveva usato un tono così piatto da risultare a stento riconoscibile, per Kit.
“So come potrebbe suonare,” disse Kit, voltandosi in modo da avere la schiena premuta contro il vetro freddo. Ty si era tutto ingobbito, e Kit notò una scintilla dorata intorno al suo collo. “Ma non ti stai comportando come mi ero aspettato.”
Ty calciò via gli stivali. “Perché mi sono arrampicato sulla pira?”
“No, quella diciamo che è stata la cosa che hai fatto che più mi aspettavo,” rispose Kit. “Solo…”
“L’ho fatto per recuperare questa,” spiegò Ty, e si portò una mano alla gola. Kit riconobbe la catena d’oro e il sottile disco di metallo a lei attaccato: il ciondolo di Livvy, quello che le aveva dato una mano a mettersi prima dell’incontro del Consiglio. Ricordò vividamente di aver spostato i suoi capelli di lato mentre agganciava la catenella, e l’odore del suo profumo. Gli si rimestò lo stomaco.
“La collana di Livvy,” disse. “Intendo, ha senso. Solo che pensavo che avresti…”
“Pianto?” Ty non sembrava arrabbiato, ma l’intensità nei suoi occhi grigi era diventata più profonda. Stringeva ancora il pendente. “Ci si aspetta che tutti piangano. Ma è perché hanno accettato la morte di Livvy. Io no, però. Non la accetto.”
“Cosa?”
“La riporterò indietro,” disse Ty.
Kit si mise pesantemente a sedere sul davanzale. “E come pensi di farlo?”
Ty lasciò andare la collana e tirò fuori il cellulare dalla tasca. “Erano nel telefono di Julian,” disse. “Le ha scattate mentre era in biblioteca con Annabel. Sono foto delle pagine del Volume Nero della Morte.” Guardò Kit con un’espressione preoccupata. “Verresti a sederti accanto a me, in modo da poterle guardare?”
Kit avrebbe voluto dirgli di no; non ci riusciva. Avrebbe voluto che tutto quello non stesse accadendo, ma stava succedendo. Quando si sedette sul letto accanto a Ty, il materasso si abbassò, e Kit si scontrò accidentalmente con il gomito di Ty. La pelle di Ty era bollente, come se avesse la febbre.
Non era mai venuto in mente a Kit che Ty potesse star mentendo o che si stesse sbagliando, e davvero non sembrava star facendo nessuna delle due cose. Dopo aver passato quindici anni insieme a Johnny Rook, Kit sapeva parecchio bene come fossero fatti i libri di magia malvagia, e questo qui sembrava decisamente cattivo. C’erano degli incantesimi ammucchiati in una grafia fittissima sui bordi delle pagine, insieme a degli schizzi inquietanti di cadaveri che strisciavano fuori dalla tomba, volti che urlavano e scheletri anneriti.
Ty non stava osservando le foto come se fossero inquietanti, però; le guardava come se fossero il Santo Graal. “Questo è il libro di incantesimi per riportare in vita i morti più potente che sia mai esistito,” disse. “Ecco perché non era importante che bruciassero il corpo di Livvy. Con incantesimi del genere, sarà possibile riportarla in vita in ogni caso, non importa cosa le sia successo, non importa per quanto tempo…” Si interruppe con un respiro tremante. “Ma non voglio aspettare. Voglio cominciare non appena torneremo a Los Angeles.”
“Malcolm non ha ucciso un sacco di gente per riportare in vita Annabel?” rispose Kit.
“La correlazione non implica causalità, Watson,” lo corresse Ty. “Il modo più semplice per fare della negromanzia è utilizzare l’energia della morte. Vita in cambio di morte, in pratica. Ma ci sono altre fonti di energia. Non ucciderei mai nessuno.” Fece una smorfia che probabilmente sarebbe dovuta risultare sdegnosa, ma in verità era soltanto tenera.
“Non credo che Livvy vorrebbe vederti fare della negromanzia,” disse Kit.
Ty posò il telefono. “Io non credo che Livvy vorrebbe essere morta.”
Le parole arrivarono a Kit come un pugno nello stomaco, ma prima che potesse rispondere si sentì del fracasso provenire dal piano di sotto. Corsero entrambi in cima alle scale, Ty coi piedi nei calzini, e guardarono la cucina.
L’amico spagnolo di Zara Dearborn, Manuel, si trovava lì, e su di sé portava l’uniforme degli ufficiali della Guardia e un ghigno. Stava alzando le spalle, e Kit si sporse per capire meglio di cosa stesse parlando. Vide Julian appoggiato contro al tavolo della cucina, il volto inespressivo. Gli altri erano sparpagliati per la stanza – Emma sembrava furiosa, e Cristina teneva una mano sul suo braccio, come per trattenerla.
“Sul serio?” esclamò furiosamente Helen. “E non potevate aspettare il giorno dopo il funerale di nostra sorella per trascinare Emma e Julian alla Guardia?”
Manuel fece spallucce, chiaramente indifferente. “Dev’essere ora,” rispose. “La Console insiste.”
“Che sta succedendo?” domandò Aline. “Stai parlando di mia madre, Manuel. Non chiederebbe mai di vederli senza avere una buona ragione.”
“Riguarda la Spada Mortale,” spiegò Manuel. “Vi sembra una ragione abbastanza buona?”
Ty tirò il braccio di Kit, allontanandolo dalle scale. Si spostarono nel corridoio di sopra: le voci della cucina si affievolirono, ma il tono restò pressante.
“Pensi che andranno?” chiese Kit.
“Emma e Jules? Devono. Lo chiede la Console,” rispose Ty. “Ma si tratta di lei, e non dell’Inquisitore, quindi andrà tutto bene.” Si sporse verso Kit, che aveva la schiena premuta contro il muro; odorava di falò. Kit si rese contro che probabilmente era per via della linfa del legno della pira, e il suo stomaco si rimestò di nuovo. “Posso farlo anche senza di te. Riportare in vita Livvy, intendo,” continuò Ty. “Ma non voglio. Sherlock non fa nulla senza Watson.”
“L’hai detto a qualcun altro?”
“No.” Ty si era tirato le maniche della camicia sulle mani, e stava giocherellando con la stoffa con le dita. “So che dev’essere un segreto. Alle persone non piacerebbe l’idea, ma quando Livvy tornerà in vita saranno così felici che non gli importerà.”
“Meglio chiedere il perdono che il permesso,” disse Kit, sentendosi disorientato.
“Sì.” Ty non stava guardando Kit direttamente – non lo faceva mai –, ma i suoi occhi si sollevarono con fare speranzoso; nella fioca luce del corridoio, il grigio nel suo sguardo era così pallido da somigliare a delle lacrime. Kit pensò a Ty addormentato; a come, dopo la morte di Livvy, avesse continuato a dormire per tutto il giorno e la notte, e al modo in cui lui stesso l’aveva osservato dormire, terrorizzato all’idea di ciò che sarebbe successo una volta che si fosse svegliato.
Tutti erano stati terrorizzati. Ty sarebbe andato a pezzi, avevano pensato. Kit ripensò a Julian, in piedi accanto a Ty che dormiva, una mano che accarezzava i capelli del fratello, e al modo in cui aveva pregato – Kit neanche sapeva che gli Shadowhunters potessero pregare, ma Julian l’aveva chiaramente fatto, in quel momento. Ty si sarebbe sbriciolato in un mondo senza la sorella, avevano pensato tutti; sarebbe diventato cenere, proprio come il corpo di Livvy.
E adesso Ty stava chiedendo a Kit di aiutarlo con questa cosa, gli stava dicendo che non voleva farla senza di lui: e se Kit gli avesse risposto di no, e Ty si fosse sgretolato sotto la pressione di cercare di farlo da solo? E se Kit gli avesse tolto la sua ultima speranza, e questo l’avesse fatto crollare?
“Hai bisogno di me?” gli chiese lentamente Kit.
Ty annuì. “Sì.”
“Allora,” rispose Kit, già consapevole di star commettendo un errore enorme, “ti aiuterò.”
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