Immaginiamo che molti di voi si siano chiesti almeno una volta: “Perché il prologo di Città del Fuoco Celeste è dal punto di vista di Emma?” 😉
Ebbene – in questo post Cassie ce lo dice (e, in generale, ci spiega come fa di solito a scegliere da quale punto di vista scriverà una scena). L’argomento è molto interessante – ma sconsigliamo a quanti non avessero terminato il libro di continuare con la lettura, perché sono presenti lievi spoiler di CoHF!
« “Mi stavo solo chiedendo come scegli da che POV [NdT: “Point of View”, “Punto di Vista”] raccontare una scena. Tipo, perché il prologo di Città del Fuoco Celeste è narrato dalla prospettiva di Emma e non da quella di Sebastian? Mi è piaciuto il punto di vista di Emma, ma mi sembra che sarebbe potuta essere una possibilità per dare un’occhiata dentro la testa di Sebastian. Grazie e, se dovessi pubblicare questo messaggio, potresti togliere il mio nome?”
Omesso il nome dalla domanda incendiaria sui punti di vista. 🙂 No, sto solo scherzando. Questa domanda cade nella categoria del: “Scrittori, perché fate ciò che fate?” Che trovo sempre interessante, perché le scelte che facciamo plasmano il nostro lavoro, ma – anche se ti spiego le mie ragioni, sappi non dovrai essere d’accordo. 🙂
I prologhi sono un qualcosa di interessante, nella terra degli scrittori, perché controversi. Alcune persone li amano. Altre li odiano. Spesso, la grossa polemica che si apre contro il prologo riguarda le informazioni contenute al suo interno, e il perché, se sono importanti, non le si è inserite nel corpo principale del lavoro – ovvero, perché non è semplicemente il “Primo Capitolo”?
Per quel che riguarda me, mi piacciono i prologhi. Trovo che diano l’opportunità di raccontare un evento dalla prospettiva di un personaggio da cui altrimenti non avremmo mai sentito nulla – per esempio, il punto di vista di Aloysius Starkweather ne La Principessa. Sì, il fatto che sua nipote sia morta mentre riceveva le prime rune è un qualcosa che poteva anche esserci detto più avanti nella narrazione, ma sarebbe stato assai meno viscerale dello sperimentarlo sulla pagina, ed è interessante stare nella testa di un personaggio di cui non avremo più POV (dal momento che nel 1878 Aloysius è parecchio andato per la demenza senile). Similmente, riceviamo un punto di vista di Valentine, in Città di Cenere, e poi, per quel che so, mai più. E quel punto di vista ci mostra la nascita del demone della paura, il che significa che quando poi Agramon compare, più avanti, noi già lo conosciamo. Nessun’altro all’interno del libro, eccetto Valentine, sarebbe potuto essere presente in quel momento, o non sarebbero poi stati sorpresi trovandosi davanti Agramon.
A volte i prologhi indicano un salto temporale, grande o piccolo che sia (il prologo di CP2 in cui vediamo Will e Jem a dodici anni, o quello di CoLS in cui c’è Simon due settimane prima degli eventi del resto del libro). A volte esistono per creare un certo stato d’animo (il prologo di Will in CP). I prologhi fanno un sacco di lavori diversi.
Quanto al perché io abbia scelto di raccontare il prologo di Città del Fuoco Celeste dal punto di vista di Emma e non da quello di Sebastian – avevo già scritto un punto di vista di Sebastian, in Città delle Anime Perdute. Principalmente come modo per far capire alle persone che stava combinando qualcosa con le Fate, ma non il cosa stesse ideando. Ma un prologo dalla prospettiva di Sebastian sarebbe stato quasi impossibile da realizzare senza rivelare il suo coinvolgimento con il Popolo Fatato, visto che stanno con lui per tutto il tempo. Avrebbe passato l’intero prologo a non pensare deliberatamente 1) alle fate proprio accanto a lui, 2) all’esistenza di Edom, dove sta per tornare, e 3) al suo piano in generale, inclusa la sua visita alla Città di Diamante.
I narratori inaffidabili sono grandiosi, ma di norma sono inattendibili, perché portano nella storia la loro mitologia di se stessi. Essere schivi è un’altra cosa – semplicemente non rivelare ciò che il personaggio sta davvero pensando –, e la Ritrosia nella Scrittura è un altro argomento ancora.
Ci sono dei fatti importanti sulla storia che impariamo attraverso il prologo – che Sebastian sta attaccando gli Istituti –, ma se anche non avessi progettato di scrivere The Dark Artifices, avrei comunque raccontato il prologo dal punto di vista di Emma. Per me i Blackthorn hanno un peso simbolico in Città del Fuoco Celeste. Rappresentano le poste in gioco nella guerra.
Senza alcuna rappresentazione di queste persone – degli Shadowhunters ordinari, di alcuni bambini innocenti – che Clary e gli altri stanno cercando di salvare, questa gente è un simbolo sfocato e distante. Capiamo il desiderio dei protagonisti di salvare i loro genitori, e quelli intrappolati a Edom, ma quando ciò che è in gioco sono le esistenze di tutti gli Shadowhunters, la cosa importante è mostrare i visi e le personalità di queste vite.
(Inoltre, col loro essere scappati dall’Istituto portano a Idris informazioni importanti su ciò che sta facendo Sebastian – e avrebbero potuto farlo anche se il prologo fosse stato dal POV di Seb, ma dalla sua prospettiva quello sarebbe stato un gruppo di marmocchi in fuga, senza nome e indifferenziati. Avrebbe tolto tutto il senso della scena in cui Emma si sveglia urlando per i suoi genitori e Julian le dà Cortana. Avrebbe tolto un sacco di significati dalla fine, quando Helen viene mandata via – il senso del suo essere separata dalla sua famiglia sarebbe stato grandemente offuscato, se non avessimo conosciuto la sua famiglia.)
Quindi immagino che, in generale, la domanda sia: come decido chi narrerà una scena, da che punto di vista sarà? Di solito chiedo a me stessa: Chi subirà il cambiamento più grande, in questa scena? Penso al motore che muove le storie come a tre C: conflitto, scelta e cambiamento (idealmente, un cambiamento portato da una scelta che è forzata da un conflitto). Jace racconta la scena tra lui e Alec, perché è lui quello cha cambia di più, in quel frangente. Emma cambia di più durante il prologo. Fa la scelta più grande di tutte, la sua intera vita è trasformata, e muta come individuo. Sebastian non cambia per nulla. Quindi insieme al voler stabilire qual è la posta in gioco, al voler dare un viso alle persone che avrebbero avuto bisogno di essere salvate nel corso del libro, desideravo anche mostrare la nascita di un eroe, l’incidente istigante che ha reso una persona quella che è. La storia dell’origine di un supereroe. 🙂 Cosa che penso sia divertente da sperimentare, sia che leggerete The Dark Artifices, sia che non lo leggerete. »
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