Buon pomeriggio, Shadowhunters! Pronti a scoprire come si è concluso il racconto su Gideon (e Will e Tatiana) cominciato il mese scorso?
Qualora vi foste persi la prima parte, la trovate cliccando qui; a tutti gli altri auguriamo buona lettura. ;P Fateci sapere che ve n’è parsa di questa adorabile storia!
PS: così, solo per dire. E solo perché, insomma, ogni tanto va ribadito. *Tossiscono* WILL, TI AMIAMO!
“Quindi,” spiegò Gideon a Will la notte successiva, mentre pattugliavano Mayfair insieme, “non era qualcosa che potessi fare. Non ucciderò il cane di nessun povero bastardo.”
In genere, le pattuglie con Will erano esperienze rilassanti per Gideon. Insieme si divertivano, e a Londra i demoni erano diventati così rari da trasformarle quasi sempre in delle semplici passeggiate notturne con un amico. Periodicamente, Will arrivava persino a raccomandare loro di investigare le attività sospette nei pub locali di sua conoscenza.
Ma quella notte, ovviamente, non ci sarebbe stato alcun ordine di fare una perlustrazione veloce come copertura per interrogare (cioè chiacchierare allegramente) con il barista; Will era davvero troppo pieno di spirito natalizio. Aveva insistito perché andassero a Trafalgar Square a passare parecchi minuti in contemplazione del gigantesco albero temporaneo, e poi si era fermato – due volte! – ad ammirare dei gruppi di cantori e ad applaudirli. Gideon si disse che stava sopportando bene la situazione, tutto considerato. Era persino entrato un pochino nello spirito, nel senso che si dava disponibile a mangiare un po’ delle caldarroste che aveva comprato Will.
Tatiana (insieme alla notizia del cane) aveva però rovinato l’umore di Will, e Gideon si sentì un po’ in colpa. Will si era accigliato con fare pensoso. “Perché non le offri semplicemente dei soldi?” gli chiese.
Gideon sospirò. “Perché Tatiana ne ha a palate; ha tutto il denaro della nostra famiglia. E io e Gabriel abbiamo solo i nostri stipendi da Shadowhunters. I soldi non le servono.”
Will aveva un’espressione sprezzante. “A tutti piace avere più soldi.”
“In genere concorderei con te,” disse Gideon, scuotendo il capo, “ma non hai visto lo stato mentale di Tatiana. Non puoi trattarla come tratteresti una persona razionale. Devo svolgere questo compito per lei, ma ovviamente non posso. Fare del male a un cane, di tutte le cose. Non lo farei mai. È disgustoso.”
Will lo oltrepassò con lo sguardo per un lungo momento, e alla fine Gideon chiese: “Will?”
“Me ne occuperò io,” gli rispose l’altro all’improvviso. Tornò a guardare Gideon in volto, e sulle labbra aveva un sorriso. “Darò a Tatiana ciò che vuole, e noi due non feriremo nessun cane nel processo.”
“Noi due?” ripeté Gideon, inarcando le sopracciglia.
“Beh, il piano è mio,” gli fece notare Will in tono ragionevole. “Quindi ovviamente verrò con te.”
Suo malgrado, un sorriso curvò gli angoli della bocca di Gideon. Ecco cos’è che aveva in più di Tatiana, dopotutto. Non era solo.
*
La porta di ingresso di Chiswick House si aprì più velocemente rispetto a due giorni prima, e sull’uscio comparve il volto sospettoso di Tatiana. Gideon realizzò con sgomento che indossava lo stesso abito della sua visita precedente. Nella mano sinistra stringeva il teschio scarnificato di un piccolo mammifero non identificabile; Gideon non aveva minimamente voglia di chiederle il motivo.
Lo sguardo di Tatiana si spostò velocemente da Gideon a Will, che si agitava con fare nervoso dietro di lui. Sebbene Gideon non l’avesse ritenuta una buona idea, Will aveva insistito per accompagnarlo, e Gideon si rendeva conto solo ora che c’era la possibilità che Tatiana si rifiutasse persino di incontrarlo, visto che Will era con lui.
Will, dal canto suo, fece del suo meglio. “Salve, Tatiana, amor mio,” la salutò. “Tutti gli auguri di questa stagione! Come hai mantenuto bene la casa.”
Tatiana lo guardò con gli occhi sbarrati; lo stupore aveva bloccato qualunque cosa fosse stata sul punto di urlare. Gideon sapeva che Will aveva tre bei cicchetti di brandy in corpo, e suppose che probabilmente fosse quello il modo migliore di gestire la situazione. Affrontare l’inaspettato con l’inaspettato.
“Perché hai portato la mia nemesi a casa mia?” gli domandò Tatiana, con lo stesso tono che avrebbe potuto utilizzare per chiedere a Gideon il motivo per cui non le aveva restituito un libro preso in prestito.
“Caspita,” esclamò Will. “Nemesi? Tatiana, non nutro alcun risentimento nei tuoi confronti. Ho mai, anche solo un’unica volta, interferito con la tua vita? Con il modo in cui gestisci gli affari?”
“Sì,” rispose lei. “Due volte. La prima quando hai assassinato mio marito, e la seconda quando hai assassinato mio padre.”
Will emise un verso strozzato. “Ho assassinato tuo padre perché lui ha assassinato tuo marito! E non l’ho assassinato, si era trasformato in una sorta di enorme serpente.”
“Un verme, Will,” lo corresse a bassa voce Gideon. “Era un verme gigante. Non un serpente.”
“Stando a quel che ricordo io,” ribatté Will, “era un enorme wyrm, dalle profondità della Abisso, quello che abbiamo eliminato.”
“No,” disse Gideon.
“Era mio padre,” sputò Tatiana, “ed esigo di conoscere, Gideon, il motivo per cui l’hai portato qui. Ti avevo chiesto di svolgere un compito per me.”
“E l’ho svolto,” rispose Gideon alla svelta. “Mr. Herondale è stato così gentile da venire con me, per aiutare a proteggermi dal cane ferocissimo che hai descritto.”
“È effettivamente molto feroce,” concordò Will.
“Se ci lasciassi entrare,” disse Gideon.
Tatiana li osservò di sbieco, come se cercasse di guardare attraverso un possibile incantesimo. “Beh, entrate, allora. Ma non avrete il tè.”
“Tatiana,” le rispose Will con una risatina comprensiva. “Non ci sono ovviamente possibilità che io prenda in considerazione l’idea di mangiare o bere qualcosa in casa tua.”
Le cose stavano andando davvero bene, si disse Gideon.
Dopo che si furono accomodati nell’ufficio del padre, senza che il tè venisse offerto o accettato, Tatiana disse: “Beh?”
Gideon infilò una mano nella giacca e posò il collare di un cane, una lunga corda di pelle consumata dal tempo, sulla scrivania con un gesto plateale.
Tatiana lo osservò, e poi guardò Gideon. “Che cos’è?”
“Il collare del cane,” le rispose lui. “Un trofeo che dimostra che ce ne siamo occupati.”
Tatiana abbassò di nuovo lo sguardo. “Non mi dimostra nulla. Potete anche averglielo semplicemente sfilato.”
“Signora,” si inserì Will, “posso dire una cosa? Nessun uomo avrebbe potuto sfilare il collare a quel cane. Suggerirei a tutti di tenere le mani ad almeno qualche metro di distanza dal suo collo, se desiderano mantenerle intatte. Adesso che il collare gli è stato tolto, nessuno potrà più rimetterlo a posto.” Parlò in tono serissimo.
“Mi serve altro,” affermò Tatiana. “Se avete ucciso il cane, saprete sicuramente dove si trova. Andate a prendermi la sua coda o qualcosa del genere.”
“Tatiana,” esordì Gideon, ma Will lo interruppe.
“Se mi è concesso di nuovo parlare,” disse, “il cane si trova al di là di una recinzione di ferro molto alta e appuntita, che divide la proprietà del cane dalla strada. Consiglierei solo agli Shadowhunters meglio addestrati di provare a scavalcarla, e direi loro di farlo un’unica volta – e a mani vuote, anziché trasportando una qualche parte di cane. Temo che il collare dovrà bastarti.”
Tatiana si lasciò andare contro lo schienale e scosse il capo, con l’insoddisfazione che le corrugava la bocca. “Voglio una prova che vi siate sbarazzati del cane,” ribadì, “e non semplicemente che lo abbiate incontrato.”
Gideon aspettò che Will si inserisse di nuovo, ma se ne stava in silenzio. Non sembrava sapere come procedere. Alla fine, esclamò: “Tatiana, dagli i fogli. Perché è Natale.”
“Cosa?” domandò Gideon, incredulo.
Tatiana guardò Will con disprezzo. “Le festività mondane non significano nulla per me.”
“Dovevo aspettarmelo, sì,” borbottò Will.
“Per favore,” disse Gideon, allo stremo delle forze. “Mio figlio – lui è… è come tuo figlio.” Tatiana rimase per un attimo a osservarlo in silenzio, quindi Gideon continuò a parlare. “Lui è… è molto piccolo, e spesso malato, e ci preoccupiamo per la sua sopravvivenza. Siamo preoccupati per il momento in cui gli faremo i Marchi. Proprio come ti preoccupi tu per tuo figlio.”
Tatiana continuò a guardare Gideon in silenzio con uno sguardo da lucertola.
“So che non la vediamo nello stesso modo, per quel che riguarda la storia della nostra famiglia,” aggiunse lui in tono determinato, e ignorò il silenzioso hmph! di risposta di Will, lì al suo fianco. “Ma siamo comunque una famiglia, e potremmo entrambi aver… ereditato qualcosa. Da nostro padre. Qualcosa che ora abbiamo passato ai nostri figli. Devo dare un’occhiata a quei documenti per cercare eventuali indizi.”
Lei lo guardò per un lungo e agonizzante momento, e poi disse: “Fuori dalla mia casa.”
“Tatiana,” iniziò a dire lui.
“Come osi paragonare tuo figlio al mio!” urlò Tatiana, col tono che saliva sempre più. “Chiunque riuscirebbe a determinare l’origine della debolezza di tuo figlio, è ovviamente colpa della tua decisione di mischiare il tuo sangue con quello della donna più mondana che potessi trovare!” La sua voce era ormai un urlo.
“Sophie è una Shadowhunter Ascesa!” le urlò di rimando Will, leale, e Gideon si rese conto di essere felice di averlo lì con sé.
“Non mi importa!” strillò Tatiana. “Mio figlio viene dal sangue di due delle famiglie Shadowhunter più antiche. Non è debole come tuo figlio. Tornatene dalla tua debolezza, Gideon. Sparisci dalla mia vista, va’ fuori da casa mia, e non varcare mai più la porta di casa mia. Non mi era mancata la tua compagnia, né quella di tuo fratello, e mi solleva sapere che mio figlio crescerà lontano dalla depravata influenza di voi due.”
Gideon fece per alzarsi, ma Will disse: “Tatiana, se posso inserirmi di nuovo,” e così si sedette di nuovo. Tatiana lo guardò in cagnesco. “Credo,” continuò Will, con un tono serio nuovo, “che se io e te potessimo uscire per un istante fuori in corridoio per parlare in privato – solo per un attimo. Dammi tre minuti, non di più. E dopo noi due ce ne andremo, e giuriamo di non tornare mai più. Vero, Gideon?”
Gideon non desiderava granché di promettere che non sarebbe mai più tornato nella casa in cui era cresciuto, quindi si limitò a dire: “Quello che vuoi tu.”
Tatiana osservò con attenzione il volto di Will, e poi disse: “Hai due minuti a partire da ora.” Si alzò dalla sedia e raggiunse la porta.
“Will, che cosa hai…” provò a chiedere Gideon.
Will si poggiò un polpastrello sulle labbra, per zittirlo. “Fidati di me,” gli disse. “Sono sicuro di poter creare un miracolo di Natale.”
Gideon osservò impotente sua sorella e il suo amico che lasciavano la stanza e si chiudevano la porta dietro. I secondi ticchettavano. Passarono due minuti, e poi altri due, e poi ancora altri tre.
Poi Tatiana tornò nella stanza seguita da Will. Gideon cercò di leggere la sua espressione, ma era neutrale, disinvolta.
Nelle mani di Tatiana c’erano due quaderni, pieni di fogli slegati a integrare il contenuto. Le loro copertine e i fogli slegati erano fortemente ricoperti di fuliggine. “I documenti di Benedict Lightwood,” disse lei. “Non te li meriti. E non te li sto donando. Sono parte della casa, e la casa è mia, quindi anche loro appartengono a me. Ti viene accordato il permesso di leggerli accuratamente o copiarli a tuo piacimento per un lasso di tempo di sette giorni, e se non mi verranno restituiti per allora, nelle loro condizioni originali, possa l’Angelo aver pietà delle vostre anime. Di quelle di entrambi,” aggiunse, rivolta a Will.
Will alzò le mani con fare di resa. “Io sono davvero venuto soltanto per lottare con il cane.”
Pensoso, Gideon prese i fogli dalle mani della sorella. Poi si voltò verso Will, che gli mormorò: “Un miracolo di Natale” con un sorrisetto.
*
“Andiamo,” lo incitò Gideon durante il viaggio di ritorno in carrozza, “che cosa hai detto a Tatiana per farla capitolare?”
Stava nevicando – quel genere di neve rara, con pochissimo vento, per cui i fiocchi cadevano con un volteggiare pittoresco, anziché sbattere contro la carrozza mentre percorrevano Hammersmith, diretti verso Londra Centrale. Will si appoggiò contro lo schienale e spostò lo sguardo fuori dal finestrino.
“Beh, se proprio devi saperlo,” disse, “ho tenuto un discorso estremamente ben ponderato, toccando argomenti come l’importanza della famiglia, la virtù del perdono, il bisogno di tutti gli Shadowhunters di allearsi nella battaglia contro i demoni, l’esiguità del sacrificio che le stava venendo chiesto, l’inutilità della vendetta e, ovviamente, la natura generosa di questa stagione.”
“Oh?”
“Sì,” confermò allegro Will. “E poi ho contato un ammontare di duecento sterline in contanti direttamente in mano sua.”
“Will!” urlò Gideon, sconvolto.
“Te l’ho detto,” ribatté Will in modo disinvolto. “A tutti piacciono i soldi. Persino le sorelle folli e in cerca di vendetta, che indossano abiti coperti dal sangue rappreso dei loro mariti, li amano.”
Gideon era sconcertato. Si trattava di una somma enorme. “Non dovevi, Will,” gli disse. “Non si merita quel denaro.”
“Ciò che non si merita,” rispose Will con veemenza, “è la vittoria morale. Sono stati soldi ben spesi, pur di andar via da quella casa.”
Gideon aprì i quaderni, meravigliato da Will Herondale. La sua situazione finanziaria era certamente migliore di quella di Gideon, ma duecento sterline erano una quantità enorme di denaro, ben più di quanto Will potesse permettersi di gettar via per divertimento. Eppure non aveva esitato a usare quei soldi per il bene di Gideon; anzi, Gideon si rese conto che doveva esserseli portati dietro di proposito.
Che cosa strana, pensò Gideon lanciando un’occhiata a Will, che stava ancora emettendo a bassa voce dei versetti vittoriosi. Adesso il ragazzo che aveva tanto disprezzato da bambino faceva parte della sua famiglia più della sua stessa sorella. Si rese conto che era una cosa che poteva accettare. Un vero miracolo di Natale, in effetti.
“Farò bene a restituirli a Tatiana entro una settimana,” disse, esaminando i quaderni prima di cominciare a leggerli. “O mi farà attaccare da un demone.”
Will ridacchiò. “Ah. Potrebbe.”
Gideon fece una pausa. “Potrebbe davvero, sai. A parte gli scherzi. È una possibilità legittima.”
“È vero,” concordò Will, incupendosi un po’.
Passarono svariati minuti, nei quali Gideon esaminò i documenti, aggrottando la fronte. Dopo qualche tempo si ritrovò di nuovo all’inizio, e inarcò un sopracciglio, confuso.
Will spostò lo sguardo dal punto in cui aveva osservato la Bath Road sparire alle loro spalle. “Cosa c’è?” gli chiese.
“Qui non c’è nulla,” ribatté Gideon, frustrato. “Un mucchio di cose tremende, ovviamente. Mio padre era un… un…” Si sforzò di trovare la parola giusta.
“Mostro?” suggerì Will.
“Pervertito,” disse Gideon con fare prudente. Frugò tra i fogli finché non ne trovò uno dove c’era soltanto un elaborato diagramma che suo padre aveva disegnato a matita; lo mostrò a Will.
Will sbarrò gli occhi. “Oh,” esclamò.
“Ma non c’è niente, qui, in grado di causare debolezza o fragilità nei suoi discendenti,” continuò Gideon. “Nessuna maledizione, nessun anatema, nessun veleno demoniaco…”
“Solo la sifilide, allora,” commentò Will, asciutto.
“Sì, ma quella non è ereditaria,” gli ricordò Gideon. “L’abbiamo già accertato anni fa per il nostro stesso bene.” Mischiò le carte. “Tutto quel disturbo, e per niente. Thomas resta debole, e io resto incapace di fare qualcosa per lui.”
Ci fu un attimo di silenzio, e poi Will fece: “Gideon, siamo a Natale, e Natale è il periodo dell’anno in cui si dice la verità. Sei d’accordo?”
“Se lo dici tu,” concordò Gideon, agitando una mano. Stando alla sua esperienza, Natale era il periodo dell’anno in cui si cantava nelle strade e mangiava l’oca, ma chi poteva mai sapere quali erano le strane tradizioni dell’infanzia mondana di Will. “In ogni caso, ritengo che dovresti dire la verità in qualunque momento dell’anno.”
“Gideon,” lo chiamò Will, posandogli una mano sulla spalla. “Non c’è niente che non vada in Thomas.”
Gideon sospirò. “È molto gentile da parte tua dirlo, Will, ma…”
“Niente ma. Thomas è solo piccolo. A volte i bambini sono piccoli. Non è né maledetto né dannato.”
“Ma si ammala,” ribatté Gideon. “Tutto il tempo.”
Will rise. “Hai la più pallida idea di quanto fosse malaticcia Cecily da bambina? Soffriva di coliche, e poi aveva la febbre… piangeva più di quanto dormisse, durante quei primi anni.”
“E poi?”
Will alzò le mani, sconfortato. “E poi nulla! È cresciuta! Ha iniziato ad ammalarsi di meno e meno spesso. È così che fanno i bambini. E noi non avevamo dei terrificanti dottori muti e telepatici a curarci. Thomas mangia? Si esercita quando si sente bene?”
“Sì,” ammise Gideon.
“E allora va bene,” concluse Will, riappoggiandosi allo schienale come se avesse dimostrato di avere ragione. “Smettila di pensare alla tua presunta famiglia maledetta. Il figlio di Tatiana è malaticcio – ti sorprende saperlo, ora che hai visto casa loro? Ora che hai visto Tatiana? No, ovviamente no.” Guardò intensamente Gideon. “L’unico problema di Thomas,” terminò con fermezza, “è che è un bimbo adorabile.”
Gideon lo fissò. Poi scoppiò a ridere. Anche Will rise, con quella sua solita risata di cuore, e Gideon scoprì che si sentiva molto meglio. Era ancora preoccupato per Thomas – e lo sarebbe stato per qualche anno, lo sapeva bene, finché il piccolo non avesse superato il periodo dei preoccupanti malanni dell’infanzia e fosse diventato abbastanza grande da venir protetto dalle rune –, ma si sentiva comunque meglio. Aveva riflettuto in precedenza sui tanti modi in cui si sarebbe potuto sentire sulla via di ritorno da casa di sua sorella, ma “meglio” non era nell’elenco.
“Miracolo di Natale,” sussurrò allegramente Will.
Beh, pensò Gideon. Un qualche tipo di miracolo di sicuro.
Oddio, Will è strabiliante!!
Per caso sapete se questo tipo di racconti verranno inseriti in qualche libro?
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