Buonasera, Shadowhunters! E, beh, buon anno: in verità avevamo preparato un post per augurarvi un entusiasmante 2020, ma non si è autopubblicato, e non ci è parso il caso di caricarlo in un secondo momento. *Facepalm di gruppo*
Il 2019 ci ha riempito di sorprese e soddisfazioni, e speriamo davvero che il 2020 non sarà da meno (o addirittura meglio, se possibile!).
La prima novità dell’anno è il PROLOGO DI CHAIN OF GOLD, condiviso sul sito di Riveted Lit insieme al primo capitolo del romanzo.
Ora: perché vi stiamo portando solo il prologo, e non il primo capitolo? Beh… perché il primo capitolo è già disponibile in italiano da qualche tempo: la Mondadori l’ha inserito nelle copie italiane di Fantasmi del Mercato delle Ombre.
Lo trovate comunque anche cliccando qui, sul sito di Riveted Lit, dove resterà a disposizione degli utenti fino al 29 febbraio 2020. Nota bene: per visualizzare il capitolo dovrete avere un profilo sul sito (è una procedura assolutamente gratuita, comunque).
Detto ciò, vi lasciamo al prologo. Ambientato nel 1897 (lo stesso anno di alcuni dei racconti su The Last Hours presenti in questa pagina) a Idris, ci permette di dare una prima occhiata a uno dei personaggi più misteriosi di TLH: lo spettrale Jesse Blackthorn. ;D
Buona lettura! Siamo curiosissime di conoscere la vostra opinione a riguardo!
Lucie Herondale aveva dieci anni il giorno del suo primo incontro con il ragazzo nella foresta.
Essendo cresciuta a Londra, non aveva mai immaginato che esistesse un posto come Borcelind. La foresta circondava il maniero degli Herondale, e i suoi alberi si attorcigliavano in cima come per scambiarsi sussurri sommessi: di un verde cupo d’estate, oro brunito d’autunno. Il tappeto di muschio che ricopriva il terreno era così verde e morbido che suo padre le aveva detto che le fate di notte lo utilizzavano come cuscino, e che le stelle bianche dei fiori che crescevano solo nel paese nascosto di Idris facevano da braccialetti e anelli per le loro mani delicate.
James, ovviamente, le aveva risposto che le fate non avevano cuscini, che dormivano sottoterra e che si portavano via le ragazzine disubbidienti mentre erano addormentate. Lucie gli aveva pestato il piede, e di conseguenza suo padre era stato costretto a sollevarla di peso e trascinarla via prima che potesse scoppiare un litigio. James discendeva dall’antica e nobile stirpe degli Herondale, ma non per questo non si abbassava a tirare le trecce della sorellina, se necessario.
Una notte tardi, il chiarore della luna svegliò Lucie. Si riversava nella sua stanza come latte, gettando linee bianche di luce lungo il letto e il lucido pavimento di legno. Lucie scivolò fuori dalle coperte e si arrampicò fuori dalla finestra, lasciandosi delicatamente cadere sul letto di fiori al di sotto. Era una notte d’estate, e Lucie aveva caldo nella sua camicia da notte.
Il limitare della foresta, proprio oltre le stalle in cui erano tenuti i cavalli, sembrava risplendere. Lucie guizzò in quella direzione come un piccolo fantasma. I suoi piedi avvolti dalle pantofole disturbavano a stento il muschio mentre Lucie scivolava tra gli alberi.
Sulle prime si divertì a creare catene di fiori e ad appenderle ai rami. Dopo finse di essere Biancaneve che fuggiva dal cacciatore. Correva tra gli alberi intrecciati e poi si voltava con fare drammatico e sussultava, portandosi il dorso della mano sulla fronte. “Non mi ucciderai mai,” esclamava. “Poiché io sono di sangue reale, e un giorno sarò una regina due volte più potente della mia matrigna. E le taglierò la testa.”
C’erano buone possibilità, si sarebbe poi detta più tardi, che non ricordasse proprio alla perfezione la storia di Biancaneve.
In ogni caso, si trattava di un’attività molto piacevole, e Lucie realizzò di essersi persa solo dopo la sua quarta o quinta corsa per la foresta. Non le riusciva più di scorgere la forma familiare del maniero degli Herondale attraverso gli alberi.
Girò su se stessa nel panico. La foresta non le sembrava più magica. Al contrario, gli alberi le davano l’impressione incombere su di lei come fantasmi minacciosi. A Lucie parve di sentire il brusio di voci spettrali attraverso il fruscio delle foglie. Le nuvole avevano coperto la luna. Era tutta sola nel buio.
Lucie era coraggiosa, ma aveva solo dieci anni. Le scappò un piccolo singhiozzo e cominciò a correre in quella che pensava essere la direzione giusta. Ma la foresta diventò solo più cupa, i rovi più aggrovigliati. Uno catturò la sua camicia da notte e lasciò un lungo strappo nella stoffa. Lucie inciampò…
E cadde. Fu come la caduta di Alice nel Paese delle Meraviglie, sebbene fosse durata assai di meno. Lucie ruzzolò e colpì uno strato compatto di terra.
Piagnucolando, si mise a sedere. Era sul fondo di una fossa circolare scavata nel terreno. Le pareti erano lisce e si alzavano per svariate decine di centimetri oltre la portata delle sue braccia. Lucie tentò di usare le mani per arrampicarsi lungo le pareti come se fossero un albero. Ma il terreno era troppo morbido e le si sbriciolò tra le dita. Dopo essere caduta per la quinta volta, vide qualcosa di bianco che scintillava sul lato a strapiombo della parete di terra. Augurandosi che fosse una radice da usare per arrampicarsi, si diresse nella sua direzione e allungò un braccio per afferrarla…
Cadde del terriccio. Non era affatto una radice; si trattava di un osso bianco, e non apparteneva a un animale…
“Non urlare,” disse una voce dall’alto. “Li attirerà.”
Lucie gettò il capo all’indietro per osservarlo. Chinato oltre il bordo della fossa c’era un ragazzo. Era più grande di suo fratello James – forse aveva addirittura sedici anni. Aveva un viso di un’adorabile tristezza, e capelli lisci e neri, senza traccia di riccioli. Le punte quasi gli sfioravano il colletto della camicia.
“Attirerà chi?” Lucie si portò i pugni sui fianchi.
“Le fate,” le rispose lui. “Questa fossa è una delle loro trappole. In genere le utilizzano per catturare gli animali, ma li renderebbe davvero contenti scoprire che hanno invece catturato una ragazzina.”
Lucie sussultò. “Intendi dire che potrebbero mangiarmi?”
Lui rise. “Improbabile, anche se potresti ritrovarti costretta a servire nobili delle fate sul Lago Sotto La Collina per il resto della tua vita. E a non rivedere mai più la tua famiglia.”
Inarcò un sopracciglio, guardandola.
“Non cercare di spaventarmi,” gli rispose Lucie.
“Ti giuro di star dicendo solo la pura verità,” replicò lui. “Persino una verità impura non sarebbe degna di me.”
“E non fare neanche lo sciocco,” continuò lei. “Sono Lucie Herondale. Mio padre è Will Herondale, ed è una persona davvero importante. Se mi salvi, verrai ricompensato.”
“Una Herondale?” disse lui. “La mia solita fortuna.” Sospirò e si incurvò maggiormente oltre il bordo della fossa, allungando un braccio verso il basso. Sul dorso della sua mano destra riluceva una cicatrice – ed era una davvero brutta, come se si fosse bruciato. “Sali.”
Lucie gli afferrò il polso con entrambe le mani e lui la sollevò con una forza incredibile. Dopo un istante erano tutti e due in piedi. Lucie riusciva a vederlo meglio. Era più grande di quanto avesse ipotizzato, e indossava abiti formali bianchi e neri. Con la luna di nuovo visibile, Lucie si rese conto che i suoi occhi erano del colore del muschio verde sul terreno della foresta.
“Grazie,” gli disse con grazia. Si spazzolò la camicia da notte con le mani. Era molto rovinata dal terreno.
“Vieni, adesso,” fece lui con voce gentile. “Non aver paura. Di cosa dovremmo parlare? Ti piacciono le storie?”
“Amo le storie,” replicò Lucie. “Da grande diventerò una scrittrice famosa.”
“Sembra meraviglioso,” rispose il ragazzo. C’era una nota malinconica nel suo tono.
Camminarono insieme lungo i sentieri tra gli alberi. Lui sembrava conoscere la strada, come se la foresta gli fosse molto familiare. Doveva essere un changeling, si disse Lucie. Era molto informato sulle fate, ma chiaramente non era uno di loro: l’aveva avvisata del pericolo che la Gente Fatata la rapisse, ed era questo che doveva essergli successo. Ma Lucie non avrebbe detto niente a riguardo per non farlo sentire in imbarazzo; doveva essere orribile essere un changeling e venir strappato alla tua famiglia. Lo coinvolse, invece, in una conversazione riguardo le principesse nelle favole, e su quale fosse la migliore. Sembrò che fosse passato solo qualche attimo quando raggiunsero il giardino del maniero degli Herondale.
“Immagino che da qui questa principessa riuscirà a ritrovare la strada per rientrare nel castello,” le disse lui con un inchino.
“Oh, sì,” confermò lei, guardando la finestra della sua stanza. “Pensi che sappiano che sono uscita?”
Lui rise e si voltò per andare via. Lucie lo chiamò proprio mentre raggiungeva il cancello.
“Come ti chiami?” gli domandò. “Io ti ho detto il mio nome. Qual è il tuo?”
Il ragazzo esitò per un istante. Era tutto bianco e nero nella notte, come un’illustrazione di uno dei suoi libri. Si produsse in un inchino ampio e aggraziato, del genere che un tempo facevano i cavalieri.
“Non mi ucciderai mai,” le disse. “Poiché io sono di sangue reale, e un giorno sarò due volte più potente della regina. E le taglierò la testa.”
Lucie emise un verso strozzato di oltraggio. L’aveva ascoltata mentre giocava nella foresta? Come osava prendersi gioco di lei! Sollevò il pugno, con l’intenzione di agitarglielo contro, ma il ragazzo era già sparito nella notte, lasciandosi dietro solo il suono della sua risata.
Sarebbero trascorsi sei anni prima che Lucie lo incontrasse di nuovo.
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