A quell’ora James non si sarebbe dovuto trovare in giro da solo. Uno Shadowhunter che vaga per le strade della città dopo il tramonto è fondamentalmente di pattuglia, che lo voglia o meno – e James aveva solo quattordici anni, non era neanche vicino a terminare il suo addestramento, non aveva applicato nessuna runa adatta al combattimento e portava solo una spada angelica infilata nella cintura.
Peggio ancora, non aveva alcuna ragione di starsene lì fuori. Sin da quando Matthew, Christopher e ora anche Thomas erano tornati a Londra con le loro famiglie, James si era ritrovato con un eccesso di energia, con la sensazione che qualcosa di importante stesse per succedere, anche se non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse.
Cordelia era sempre stata convinta che l’anno in cui la sua famiglia aveva vissuto fuori Parigi fosse stato l’ultimo in cui erano stati davvero felici. L’anno successivo Alastair sarebbe andato all’Accademia Shadowhunters e si sarebbe trasformato in una persona più rigida e impenetrabile. La salute di suo padre, una volta tornati in Inghilterra, sarebbe nuovamente peggiorata. E, come se da un giorno all’altro qualcosa in Cordelia fosse cambiato, sua madre avrebbe cominciato a parlarle del suo futuro, e di cosa avrebbe dovuto fare per assicurarselo.
Ma durante quell’anno, mentre vivevano nella loro piccola ma confortevole abitazione a Fontainebleau, tutto andava bene. E Cordelia aveva avuto la possibilità di vedere Lucie e James più volte che in qualunque altro periodo.
Uno dei primi ricordi di Christopher Lightwood era quello in cui sua madre, Cecily Lightwood, veniva trasportata d’urgenza in infermeria dopo una lotta contro un branco di demoni Raum. Christopher e sua sorella maggiore Anna si trovavano all’Istituto di Londra, in quel momento, affidati alle cure della zia Tessa e dello zio Will mentre i loro genitori erano di pattuglia. Tessa aveva velocemente portato via Christopher, ma non prima che lui riuscisse a scorgere l’espressione preoccupata che aveva avuto sul volto Will mentre andava a chiamare i Fratelli Silenti.
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Cordelia si sentiva spesso sola quando in casa c’erano soltanto lei e i suoi genitori, ma mai come quando Alastair era andato all’Accademia. Mentre lui non c’era, il resto della famiglia Carstairs aveva visitato l’India, Parigi, Città del Capo e il Canada, ma si trovavano a Cirenworth per le vacanze quando Alastair era finalmente tornato.
Cordelia aveva atteso per mesi che tornasse, però quando era uscito dalla carrozza – più alto, spigoloso e affilato di prima –, Alastair le era parso una persona completamente diversa. Era sempre stato irascibile e permaloso, ma adesso le parlava a stento. E quando lo faceva, era principalmente per chiederle di non infastidirlo.
La mattina del giorno della sua cerimonia parabatai, Matthew Fairchild attraversò il Cimitero di Highgate, superando torreggianti tombe di pietra e alti fili d’erba, umidi di rugiada, fino a raggiungere l’entrata che portava alla Città Silente. Si stava sforzando di non essere nervoso.
“Ero straordinariamente ansioso, il giorno del mio matrimonio,” gli aveva raccontato Henry a colazione. “Sai quanta poca stima di me avessi da ragazzo – ero certo che tua madre non potesse amarmi come la amavo io. E sai anche quanto posso essere sbadato. Ho continuato a ripetere le parole, ed ero così sicuro che le avrei sbagliate che, quando è arrivato il momento di dirle, mi sono semplicemente scappate di bocca tutte insieme. Alla fine è andato tutto meravigliosamente, eccetto per un piccolo problemino con dei fiori bruciacchiati. Ma questa è un’altra storia.”
“Ci sono tanti tipi di fantasmi,” stava dicendo Jessamine, “ma tendono ad appartenere tutti a tre categorie principali. Hai perlopiù conosciuto fantasmi come me, gentili, bellissimi e con personalità meravigliose.”
A Lucie quasi scappò una risatina nasale, ma per fortuna Jessamine non parve accorgersene. Si trovavano nel cortile dell’Istituto, dove Lucie era andata per giocare ed evitare i suoi familiari. Woolsey Scott sarebbe venuto a trovarli per il tè, e tutti loro erano impegnati a mettere in ordine e riporre l’argenteria – a cui lui, come tutti i licantropi, era allergico. Lucie non aveva particolari problemi con Woolsey Scott, se non per il fatto che, al pari di quasi tutti gli adulti che visitavano l’Istituto, era tremendamente noioso, e pure perché, ogni volta che la guardava, le dava la sensazione di starla giudicando per il suo aspetto trasandato e per le sue dita sporche di inchiostro. Di conseguenza, Lucie se l’era svignata in giardino per giocare e, dal momento che nessuno era venuto a recuperarla, aveva deciso di essere al sicuro.
Will Herondale trasudava spirito natalizio, e questo Gideon Lightwood lo trovava davvero irritante.
Non si trattava solo di Will, in realtà; lui e sua moglie Tessa erano stati entrambi cresciuti come mondani fin quasi all’età adulta, e dunque i loro ricordi del Natale erano di famiglie affettuose e di delizie dell’infanzia. Si erano riempiti di spirito natalizio nel momento in cui, come ogni anno, era successo anche alla città di Londra.
I ricordi del Natale di Gideon erano perlopiù di strade troppo affollate, di quantità eccessive di cibo e di cantori mondani esageratamente ubriachi che avevano bisogno di venir salvati dagli elementi più pericolosi di Londra mentre passavano la notte a cantare, convinti che tutti i problemi e la cattiveria fossero spariti dal mondo finché poi non arrivava un demone Kapre camuffato da albero natalizio a mangiarseli. Solo per fare un esempio.
“Quindi,” spiegò Gideon a Will la notte successiva, mentre pattugliavano Mayfair insieme, “non era qualcosa che potessi fare. Non ucciderò il cane di nessun povero bastardo.”
In genere, le pattuglie con Will erano esperienze rilassanti per Gideon. Insieme si divertivano, e a Londra i demoni erano diventati così rari da trasformarle quasi sempre in delle semplici passeggiate notturne con un amico. Periodicamente, Will arrivava persino a raccomandare loro di investigare le attività sospette nei pub locali di sua conoscenza.
Ma quella notte, ovviamente, non ci sarebbe stato alcun ordine di fare una perlustrazione veloce come copertura per interrogare (cioè chiacchierare allegramente) con il barista; Will era davvero troppo pieno di spirito natalizio. Aveva insistito perché andassero a Trafalgar Square a passare parecchi minuti in contemplazione del gigantesco albero temporaneo, e poi si era fermato – due volte! – ad ammirare dei gruppi di cantori e ad applaudirli.
A Cordelia Menton non piaceva granché. Avrebbe dovuto apprezzarla, in teoria. Era una graziosa cittadina costiera, un miscuglio di costruzioni rosa e gialle lungo un piccolo porto, perlopiù scalo per barche a vela e qualche imbarcazione da pesca. L’aria era calda e mediterranea, il pesce eccezionalmente fresco e riusciva a vedere l’Italia attraverso la finestra della sua stanza, dall’altra parte rispetto al porto.
Erano andati lì per giovare alla salute di suo padre – del resto, si erano mai spostati per altri motivi? –, e Cordelia riusciva a capire perché Menton fosse conosciuta come una destinazione dalle proprietà curative per i malati e gli anziani. In effetti, suo padre si era rimesso in sesto da quando erano arrivati un paio di settimane prima, e stava vivendo un periodo di buonumore: era disposto a ballare con lei nel salotto, e riusciva persino a strappare un sorriso ad Alastair di quando in quando. Cordelia aveva sentito sua madre dire a suo padre che Alastair stava passando un’adolescenza turbolenta. Sperava che, una volta raggiunta l’età del fratello, avrebbe mantenuto la sua compostezza un po’ meglio di lui.
“Ciao,” disse James Herondale. La stava osservando con fare solenne, come se fosse appena uscito da un sogno a occhi aperti e dovesse ancora tornare completamente sveglio.
“Per l’Angelo, sono tremendamente dispiaciuta.” Cordelia non riusciva a non sentire di aver interrotto qualcosa. Aveva già incontrato James in passato, ovviamente – Will Herondale si era impegnato molto per assicurarsi che i suoi bambini e quelli Carstairs si conoscessero –, ma non l’avrebbe per forza descritto come un amico. Era un po’ imperscrutabile, in quel suo modo strano.
“Non c’è bisogno di scusarsi,” le rispose lui in tono gentile, “sono io quello che sta marinando la festa per leggere.” Si mise piuttosto rapidamente a sedere, come se si fosse reso conto solo in quell’istante di essere disteso scompostamente sul davanzale e di dover cercare un po’ di decoro.
Ragnor: Mio buon signore,
in qualità di precedente Sommo Stregone di Londra e di vostra conoscenza da numerosi anni, ritengo sia mio dovere mandarvi come cortesia una lettera riguardo al vostro interesse per la spedizione di pelli di rospo dello scorso anno. Sebbene taluni sostengano che i signori Fade e Nix non avrebbero dovuto reclamarne la parte maggiore per loro stessi, sono rispettivamente i Sommi Stregoni di Londra e di New York, e ritengo che abbiano il diritto di avere tutta la pelle di rospo che desiderano.
Ecco. I miei numerosi nemici non leggeranno mai più di qualche frase.
Lucie: Mia carissima, carissima Cordelia,
è un così enorme peccato che tuo padre non ti permetterà di trascorrere quest’estate con me a Idris. Non so come pensi che potremo diventare parabatai come si deve se non abbiamo mai l’opportunità di allenarci insieme. Non dubito che, se le cose dovessero star così quando si svolgerà la cerimonia, il nostro LEGAME INDISTRUTTIBILE DI SORELLANZA ce la farà superare, ma James sostiene che, se non saremo affatto addestrate, sembreremo delle terribili sciocchine davanti all’Enclave, e io non lo desiderio assolutamente.
In verità, Cordelia non si era aspettata di trascorrere poi molto tempo insieme a James Herondale, quando lui e Lucie erano arrivati a Cirenworth Hall per trascorrere lì qualche settimana senza i genitori, impegnati ad Alicante per via di alcuni affari molto noiosi o qualcosa del genere. Era passato un po’ dall’ultima volta che li aveva incontrati, e Cordelia era particolarmente ansiosa di riprendere il suo addestramento parabatai insieme a Lucie. Adesso aveva abbastanza forza nelle braccia da far fare a Cortana un colpo completo, e non vedeva l’ora di vantarsene, e di scoprire come stesse procedendo l’allenamento con la spada di Lucie dalla loro ultima visita.
Non che non le andasse di passare del tempo con James. Le andava. Anche più di quanto le sarebbe andato uno o due anni prima; un sentimento che non aveva davvero voglia di esaminare troppo da vicino.
James aveva provato una sensazione strana, mentre Daisy saliva sul palco dell’Hell Ruelle. Una miscela di svariate emozioni: apprensione per lei, irritazione verso Kellington, curiosità, ammirazione per il suo coraggio e la sua compostezza. Che quei bohémien la costringessero a intrattenerli era ingiusto e, si disse James, anche un po’ offensivo nei confronti di tutti gli Shadowhunters. Supponeva che Matthew avesse dato loro una visione piuttosto insolita del modo di fare dei Nephilim in situazioni simili.
A quel punto lei cominciò a danzare. E all’improvviso non era più Daisy, la sua vecchia amica. Era Cordelia, il cui nome significava cuore, e di cui ogni gesto era fuoco.
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Mio caro James,
ti scrivo, quest’oggi, provando un’umiliante vergogna. Il torto che ti ho fatto è enorme, e devo sistemare le cose tra noi.
Quando stamane ti sei svegliato alla Devil Tavern, dopo aver trascorso la notte nella camera da letto del piano superiore che a noi Allegri Compagni è permesso usare, hai scoperto di non avere più gli stivali. Che erano svaniti nella notte, senza lasciar traccia. Benché l’avessi forse già sospettato, sono costretto tristemente a confermarlo: James, sono stato io, Matthew, a rubarli.
Ma, ti prego, lasciami spiegare.
Cara Lucie,
ti scrivo questo messaggio seduto al tavolo della toletta che si trova nella tua camera, mentre tu dormi proprio qui di fronte.
Il tuo respiro è lento e tranquillo; qualunque siano le cose che stai affrontando in questi giorni, quantomeno sembrano non essere di natura traumatica, per te. Sogni? Viaggi in remote dimensioni di morte, di rinascita? O forse, quando ti sarai finalmente svegliata, sembrerà che per te non sia passato neanche un istante?
Caro James,
quando abbiamo discusso del mio viaggio e dei luoghi che desideravo visitare, forse ricorderai come io abbia accennato che – pur preferendo non vincolarmi a nessun programma o itinerario ben preciso – ci sono tre città in Europa che morirei piuttosto che perdermi: Vienna. Berlino. E, ovviamente, Venezia. I tuoi occhi si sono illuminati quando ho citato quest’ultima città, e dunque ti ho promesso che ti avrei mandato un messaggio dalla Città delle Maschere non appena vi fossi giunto.