Dalla cima del Mynydd Mawr era possibile vedere il Mare d’Irlanda. Da qualche parte in quell’oceano, pensò Mark, c’era il paese in cui era cresciuto e, lontano, sulla sua costa ovest, c’era Los Angeles, il luogo in cui vivevano i suoi fratelli e le sue sorelle.
La sommità della montagna era ricoperta da erba bassa e verde, e la vetta scendeva in lunghi pendii pietrosi allungandosi in un panorama fatto di ancora più verde – un miscuglio di verderame punteggiato dalle linee grigie delle pareti di pietra delle fattorie. Il cavallo di Kieran, Windspear, stava brucando l’erba lungo il fianco della montagna, mentre la cavalla di Mark vagava in cerca di qualcosa di emozionante; a lui sembrava improbabile che riuscisse a trovare dell’eccitazione in un angolo così tranquillo del Galles.
Le nuvole correvano attraverso il cielo, basse e scure, promettendo un temporale. Mark guardò Kieran, che stava lavorando per creare loro un rifugio.
Alcune persone facevano elenchi delle cose che desideravano fare prima di morire; Julian aveva una lista di ciò che non poteva fare. Stava steso col braccio intorno al corpo di Emma, le dita che a stento le sfioravano il braccio nudo, e recitava silenziosamente l’elenco.
[QUI il seguito.]
“Em.” Era Julian. Emma si trovava sulla lingua di sabbia tra la laguna di Malibu e l’Oceano Pacifico; lui aveva parcheggiato a lato della Pacific Coast Highway, e ora stava attraversando il sentiero che partiva dall’autostrada, guardando Emma con le scarpe ancora addosso. Di norma si sarebbe messo a camminare nell’acqua insieme a lei. “Dobbiamo andare da Malcolm.”
Emma sospirò e mise i piedi ricoperti di sabbia nei sandali. “Jules.” Attraversò la spiaggia fino a lui e gli poggiò una mano sul braccio. Le sembrò di sentire un brivido attraversarlo. “Starai bene?”
Julian scosse il capo. La luce del sole evidenziò le striature dorate tra i suoi capelli marroni, fili che erano stati schiariti da anni di acqua salata. “Non lo so,” le rispose. “Ma non ho bisogno di stare bene per andare da Malcolm.”
Si voltò per dirigersi sulla riva della spiaggia. Fu a quel punto che lo vide. Era una sagoma contro l’acqua. Emma si domandò per quanto tempo fosse rimasto lì, con le mani nelle tasche dei jeans.
“Cam?” lo chiamò.
Cameron Ashdown camminò verso di lei; il vento dell’oceano gli arruffava i capelli di un cupo castano ramato. Era sempre sembrato un perfetto surfista californiano, anche se gli Ashdown venivano dalla Scozia, stando a quel che ricordava Emma. Aveva le spalle larghe, gli occhi blu e intorno al suo naso c’era una spruzzata di lentiggini.
“Ti ho mandato un messaggio,” le disse. “Ieri notte. E stamattina.”
“Quindi questo che significa, per noi?” chiese Livvy. “Questo legame con i Blackthorn?” Si voltò ansiosamente verso Jules. “Che significa che quella donna, Belinda, conosceva zio Arthur?”
“Significa che ci sono persone che ne sono a conoscenza e che cercheranno di utilizzarlo contro di noi,” le rispose Julian. “Ma significa pure che dobbiamo essere molto, molto vicini alla risposta, altrimenti non ci minaccerebbero.”
Emma aveva scoperto le caverne marine a undici anni. Si trovava in spiaggia con i suoi genitori quando le aveva trovate – lunghe dita di roccia grigia che si allungavano nel mare e che all’interno nascondevano, come gallerie nella pietra, le caverne. Erano aperte verso l’oceano da entrambe le parti e avevano un odore delizioso, simile a quello dell’acqua di mare e della roccia bagnata e delle cose oscure e segrete.
[QUI il seguito.]
Emma rotolò sulla schiena e alzò lo sguardo verso Julian e il cielo dietro di lui. Riusciva a vedere un milione di stelle. Jules stava tremando, la camicia nera e i jeans incollati al corpo, il viso più bianco della luna.
“Emma?” mormorò.
“Dovevo provare…”
A Long Conversation era il racconto extra presente nella prima edizione di Signora della Mezzanotte (nelle copie italiane il titolo era stato cambiato in La Festa di Fidanzamento).
Non è attualmente possibile acquistare una versione digitale in italiano del racconto; in inglese, invece, sì.
Questa è la trama: « Cosa significa essere sposati? Cosa promettiamo quando ci giuriamo di restare insieme per tutta la vita? Durante una sera d’estate calda e inquieta all’Istituto di New York, una coppia inizierà a capirlo mentre festeggia il suo fidanzamento. Un’altra coppia esplorerà quel passo, ma verrà interrotta da una violenta emergenza che li obbligherà a mettere il dovere prima dell’amore.
Quando Simon Lewis fa spontaneamente una proposta di matrimonio a Isabelle Lightwood, Clary Fairchild si ritrova con due giorni per progettare un grande party di festeggiamento. Con molto aiuto da parte dei loro amici Nascosti e mondani, Clary e Jace ci riescono.
Ma questo non sarebbe il Mondo delle Ombre se il pericolo non si presentasse per minacciare persino le occasioni più gioiose. In qualità di nuova co-leader dell’Istituto di New York, Clary deve gestire l’arrivo di una guerra civile tra Nascosti, il tutto mentre cerca di tenere Isabelle lontana da una stanza sospettosamente piena di tulipani, a cui lei è allergica in maniera tremenda.
Clary e Jace riescono in ultimo a trovare un momento per stare da soli, ma Magnus Bane li interrompe prima che possano avere una conversazione di cui hanno davvero bisogno – una discussione sul matrimonio, che potrebbe non accadere mai, se non sopravvivono alla notte… »
“Jules,” disse Emma. “Di’ qualcosa, per favore…”
Le sue mani le strinsero convulsamente le spalle. A Emma sfuggì un ansito quando il corpo di Julian si scontrò con il suo, obbligandola a indietreggiare fino a farle colpire la parete con le spalle. Lo guardò con ovvio stupore; Julian riusciva a vedersi riflesso nelle sue iridi scure. Si riconosceva a stento, e quando parlò la sua voce suonò strana persino alle sue stesse orecchie. “Julian,” la corresse. “Voglio che mi chiami Julian. Sempre e solo così.”
Clary stava in piedi davanti al suo stesso cadavere.
Tutt’intorno a lei c’era della terra incolta, e un vento agitato le scompigliava i capelli. Quello scenario le ricordava un po’ la spoglia campagna vulcanica che circondava la Cittadella, anche se qui il cielo sembrava quasi bruciato – c’erano delle striature di carboncino rosso e nero al posto delle nuvole.
Poteva sentire delle voci chiamare da lontano. Le sentiva ogni volta che si ritrovava in quel posto. Non si avvicinavano mai abbastanza da aiutarla. Era distesa sul terreno, e aveva del sangue sul viso, tra i capelli, sull’uniforme. I suoi occhi erano spalancati, verdi; osservavano il cielo senza vederlo.
Clary stava iniziando a inginocchiarsi, a toccarsi la spalla, quando il terreno sotto di lei tremò e si scosse, e lei sentì qualcuno urlare il suo nome – si voltò, e tutto quanto le scivolò davanti come se fosse caduta dalla cresta di un’onda. Gemette, soffocando, e si svegliò di soprassalto.
Alla luce dell’alba, il Blackfriars Bridge era di una bellezza strana, come il fantasma di un ponte che forma un arco sull’acqua di una città immaginaria.
Emma stava accanto a uno dei parapetti; osservava il fiume. Non era riuscita a dormire, sebbene ci avesse provato per ore, agitandosi e rigirandosi nella stanza che – le aveva spiegato Evelyn – era stata di Tessa Gray prima del suo matrimonio con Will Herondale, e in seguito era appartenuta a sua figlia Lucie.
“Io e te dovremmo stare lontani,” disse lei. “Come ha detto Magnus.”
“Lo so. Non sarei dovuto venire a cercarti, ma c’è qualcosa che volevo chiederti.” Lasciò andare il coltello. Si conficcò nella parete, accanto a uno di quelli di Emma. Lei provò un moto di cupo orgoglio; le persone spesso tendevano a sottovalutare quanto Julian fosse bravo come Shadowhunter.
…Julian aveva abbandonato il resto dei suoi vestiti in una pila sul pavimento. Se ne stava in piedi nella doccia indossando solo l’intimo, e lasciava che l’acqua gli scorresse sul viso e tra i capelli.
Dopo aver deglutito con forza, Emma si spogliò fino a restare in mutandine e canottiera ed entrò a sua volta. L’acqua era bollente; riempiva quel piccolo spazio di pietra di vapore. Julian era immobile sotto al getto, che gli segnava la pelle col pallido colore scarlatto delle bruciature leggere.
Emma lo oltrepassò per abbassare la temperatura. Lui la osservò, in silenzio, prendere una saponetta e sfregarsela tra le dita. Quando gli appoggiò le mani insaponate sul corpo, inspirò forte, come se gli facesse male, ma non si mosse di un millimetro.