Forse lo sapete, forse no – in ogni caso, ieri è stata pubblicata su un blog una recensione al film di Città di Ossa. 🙂
È molto lunga (e priva di spoiler particolari), ma abbiamo comunque pensato di tradurvela. 😉 Fateci sapere che ve ne pare!
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« Da un paio d’anni, la Stagione Estiva Dei Blockbuster è caratterizzata da svariate tendenze prevedibili e coerenti. I grandi studios rilasciano enormi pellicole composte da soli effetti speciali, rapidamente e a intervalli calcolati, in modo da dominare il box office per una o due settimane prima dell’uscita del prossimo film che sicuramente li farà cadere dal piedistallo. Non è il periodo dell’anno adatto alle pellicole con un concept alto e per agosto i grandi studios hanno venduto il numero di biglietti che ritenevano necessario prima del crollo di settembre, per poi (sempre all’inizio di ogni anno) ricominciare con la stagione degli Oscar, che arruffiana gli spettatori. Il pre-crollo di agosto è di solito il periodo dell’anno in cui gli studios inseriscono le commedie e uno o due film in cui non hanno creduto abbastanza da collocarli tra le pellicole da rilasciare all’inizio della stagione estiva del blockbuster, sicuri che non avrebbero retto contro le uscite degli altri grandi studios.
È in questo periodo, nel lasso di tempo di solito riservato alle commedie chiassose e a quelle romantiche troppo ovvie persino per essere viste dalle folle di studenti di ritorno al campus, che la Sony e la Screen Gems rilasceranno The Mortal Instruments: City of Bones.
The Mortal Instruments: City of Bones è un film basato su un libro fantasy per giovani adulti (libro poi diventato una serie), che, per essere completamente onesti, io non ho letto, quindi la mia recensione si limiterà al solo film, senza paragoni col romanzo. Pare esserci un enorme pregiudizio (nei media) contro il fantasy YA, e all’inizio di quest’anno questa categoria di film ha subito due enormi batoste quando sia Beautiful Creatures che The Host sono andati sotto le aspettative. Fortunatamente per i fan del buon cinema, The Mortal Instruments: City of Bones – nonostante tiri qualche pugno, specialmente sul fronte gore – è una pellicola molto più coinvolgente e matura rispetto ai flop che hanno caratterizzato l’inizio del 2013. Infatti, sebbene sia presente un triangolo amoroso che potrebbe ispirare qualche paragone con la Twilight Saga, The Mortal Instruments: City of Bones è più un incrocio tra Constantine e Underworld che una scadente storiella d’amore. Infatti, e questo va a suo vantaggio, The Mortal Instruments: City of Bones sta bene attento a promettere ai suoi spettatori di non seguire la stessa formula banale nei suoi seguiti, il che è piacevole.
Clary Fray è una giovane normale che abita a New York (c’è però da dire che, pur essendo così giovane, è in grado di andare in discoteca senza esser fermata, il che, tenendo conto del suo aspetto da ragazzina, obbliga il pubblico a uno dei primi atti di sospensione dell’incredulità) e non ha idea di essere diversa da tutti gli altri. Comunque, una sera, mentre è in discoteca, vede Jace Wayland uccidere una persona all’interno del club. Il fatto che nessun altro, nemmeno la sicurezza, se ne sia accorto la sconcerta, e il giorno successivo Clary affronta Jace. Il suo tentativo di ottenere delle risposte viene interrotto da una telefonata di sua madre che la spinge a tornare di corsa a casa, dove scopre che la mamma è scomparsa e c’è un demone ad attenderla. Viene attaccata dal mostro, e dopo lo scontro Clary è condotta nel regno degli Shadowhunters, un mondo nascosto dagli occhi mondani grazie a un incanto.
Gli Shadowhunters, esseri capaci di usare la magia in lotta contro i demoni che popolano la Terra, restano affascinati da Clary, dal momento che (se lei fosse davvero una semplice umana) non dovrebbe essere in grado di vederli. Grazie all’intervento del Sommo Stregone di Brooklyn, Magnus Bane, Clary e i suoi alleati – il suo migliore amico Simon, Jace e i Lightwood, ovvero Alec e Isabelle – scoprono che nella testa di Clary c’è un blocco mentale, e che lei potrebbe avere la Vista, dal momento che sua madre è una Shadowhunter. Mentre Jace e Clary cominciano ad avvicinarsi e Simon diventa geloso e ferito, il gruppo va alla ricerca della mamma di Clary, Jocelyn, la cui scomparsa pare essere legata alla misteriosa Coppa Mortale, un artefatto Shadowhunter di grande potere. Ma il fatto che Jocelyn stesse nascondendo la Coppa rende chiaro a Clary e ai suoi alleati che lo Shadowhunter che la sta cercando, il presunto morto Valentine Morgenstern, potrebbe avere delle ragioni molto più che oscure.
The Mortal Instruments: City of Bones funziona bene perché presenta allo spettatore l’universo degli Shadowhunters, dei demoni e delle creature soprannaturali mentre Clary stessa impara a conocerlo. Anche se a volte questo genere di formula si rivela una disastrosa scusa per dei goffi sproloqui, qui il regista Harald Zwart è riuscito a utilizzare il mezzo cinematografico in maniera piuttosto efficace per mostrare al pubblico il mondo con gli occhi di Clary. Da quando assiste all’omicidio nel club, il suo mondo cambia effettivamente nel giro di una notte, trasformandosi in un universo popolato da creature e concetti di cui prima non le era mai stato detto niente. Il risultato è un cambiamento sconvolgente e improvviso nella vita di Clary. Zwart riesce a far sì che questo mondo si dispieghi in maniera sorprendentemente organica; Clary comincia a vedere tutt’intorno Shadowhunters e demoni, e poi entra in questo universo nascosto che dà il titolo alla pellicola.
Pur avendo un po’ di punti in comune con Beautiful Creatures (inclusa la donna nera che sembra avere tutte le risposte sul passato del protagonista), bisogna complimentarsi con The Mortal Instruments: City of Bones, che sembra straordinariamente fresco grazie al suo ritmo vorticoso e alla presenza di una missione fondamentale da svolgere. Clary è una giovane donna che sta crescendo. A quindici/sedici anni, è normalissimo che sia così legata a sua madre, specialmente se si considera che è stata cresciuta senza un papà. Perdere la mamma diviene per lei un vero trauma, in cui è facile rivedersi, e ritrovare sua madre è un obiettivo realistico in mezzo a tutte queste creature soprannaturali e ai nuovi scenari da cui improvvisamente si trova circondata. Quindi, nonostante sia doloroso notare come siano tutti bellissimi in questa versione di New York (e del mondo soprannaturale sotterraneo), la lotta del personaggio fondamentale è avvincente.
Inoltre, The Mortal Instruments: City of Bones potrebbe anche migliorare l’opinione dei detrattori del genere, perché il conflitto fondamentale, qui, non è: “Di quale ragazzo si innamorerà Clary?” Anche se i coinvolgimenti romantici e le cotte abbondano, al centro di The Mortal Instruments: City of Bones resta saldamente la scoperta di Clary di questo nuovo mondo che la circonda e la sua disperata corsa per ritrovare la madre. Oltre a queste due cose, Clary scopre cose molto importanti sul suo passato e viene stuzzicata da informazioni su artefatti simili alla Coppa Mortale.
Clary è una protagonista interessante, il che aiuta The Mortal Instruments: City of Bones a catturare lo spettatore fin quasi dall’inizio. Sebbene faccia alcuni stupidi errori (correre in casa quando la porta è stata scardinata può andar bene per l’eroe di un film, ma non è il genere di cosa che farebbe un newyorkese), è facile scusarli per via della giovane età del personaggio, come anche la sua ingenuità nelle relazioni. Pur essendoci un ampio quadro di personaggi di supporto, Simon e Jace non sono neanche lontanamente interessanti quanto Clary e Valentine, che è l’antagonista della serie.
Gli effetti speciali in The Mortal Instruments: City of Bones sono stati resi in maniera soddisfacente e mozzafiato. Più che in qualsiasi altro film fantasy YA, l’ambiente gioca un ruolo fondamentale in The Mortal Instruments: City of Bones, e Zwart e il suo team utilizzano notevolmente bene gli effetti speciali per creare la giusta ambientazione. Tra il make-up e i set (data la portata di molti di loro, la maggior parte è digitale), Zwart e il team degli effetti speciali hanno realizzato un mondo fantastico, che sembra del tutto realistico, e la maggior parte di The Mortal Instruments: City of Bones dà la sensazione e sembra allo spettatoreun mondo vero, anziché un universo generato dalla computer grafica e con creature realizzate allo stesso modo.
Sul fronte della recitazione, Jonathan Rhys Meyers domina la scena con la sua interpretazione di Valentine Morgenstern. Meyers riesce a non rendere Morgenstern il tipico cattivo sopra le righe, e interpreta il personaggio con una dose di ambiguità sufficiente a lasciare lo spettatore a chiedersi se le ragioni per cui Valentine ha rapito Jocelyn siano davvero di natura così sinistra. Più di tutto, Meyers interpreta Valentine come un leader credibile. Sembra sensato che gli altri possano desiderare di seguire Morgenstern ed eseguano volentieri i suoi ordini; questo deriva più dal carisma che Meyers ha anche lontano dallo schermo che dalle battute. Durante il breve tempo che hanno passato in scena, anche Lena Headey e CCH Pounder hanno reso i loro personaggi (Jocelyn Fray e Madame Dorothea, rispettivamente) abbastanza interessanti da farti provare interesse per il loro destino e credere alle informazioni che ti forniscono.
La vera sorpresa è stata la bravura che Lily Collins ha dimostrato in questo film. È stato semplice non dirne bene in Mirror Mirror, trascinati dalla poca qualità del film, ma in The Mortal Instruments: City of Bones, proprio come il personaggio, anche la Collins emerge. Le riesce, ed è un’arte sottile, di rendere Clary sorpresa e turbata dal mondo che improvvisamente la circonda senza però dare al personaggio un’aria assolutamente stupida. A differenza di molte altre giovani attrici di oggi, mostra abbastanza bene le sue emozioni senza lasciare tutto il tempo gli occhi sbarrati e le labbra spalancate (sul serio, cos’è questa nuova tendenza delle attrici di non chiudere mai la bocca? Che non è una cosa che ha a che fare con la conversazione, eh: guardate Mary-Louise Parker, sembra essere una pioniera di questo stile di prestazioni senza cervello; stile che è stato immediatamente adottato dai registi di tutto il mondo, per qualche ragione convinti che non chiudere mai del tutto la bocca dica qualcosa del personaggio o aiuti il sex appeal dell’attrice). Invece, le emozioni della Collins sono realistiche e fa sembrare Clary a tratti scossa, a tratti determinata. E ancora, la Collins sembra lavorare completamente a suo agio con i personaggi digitali e le ambientazioni, dando sempre l’impressione che il suo personaggio vada tenuto d’occhio.
Il risultato è che la Collins aiuta a vendere sia Clary che l’universo di The Mortal Instruments: City of Bones, e agli spettatori finisce con l’importare del suo personaggio (il che è una grande cosa per me, spettatore che, non avendo i libri, non aveva assolutamente alcun interesse per i personaggi).
In ultima analisi, la Sony e la Screen Gems hanno la possibilità di farsi l’ultima risata sulla stagione estiva dei blockbuster. Entrando nel crollo di settembre, forniscono un film che vale la pena di guardare e di cui vale pure la pena di parlare, il che dovrebbe rendere The Mortal Instruments: City of Bones un successo anche al di fuori del fanbase già esistente.
Voto: 7/10 »
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