Di recente Lily è stata intervistata più volte per la promozione del suo nuovo film, Stuck in Love, in cui recita al fianco (faccio un solo nome) di Logan Lerman.
La Collins presta il volto a Samantha, la giovane figlia di uno scrittore che mira a sua volta a diventare un’autrice. Samantha è cinica, le piacciono le storie da una notte e via ed è intenzionata a liberarsi dall’ombra opprimente del papà.
Attualmente (stando a quel che mi risulta) il film non è stato ancora acquistato in Italia; mai dire mai, però. X)
In ogni caso, ho scelto una delle interviste rilasciate da Lily in questi giorni e ve l’ho tradotta (la trovate qui in basso, come sempre). Gli argomenti di conversazione sono vari: dal padre di Lily, Phil Collins, alla sua vita amorosa; da The Mortal Instruments alla sua passione per il giornalismo. 🙂
« Suo padre sarà pure una famosa stella del pop, ma Lily Collins – racconta a Kevin Maher – sta lavorando per costruirsi il suo personale cammino verso il successo cinematografico
Lily Collins entra in un bar. Civetta con tizio grosso con la mascella squadrata e lo colpisce con un insolente monologo riguardo la caducità dell’esistenza e l’impossibilità del momento presente, discorso che improvvisamente culmina in un suggerimento: “Ed è per questo che penso che dovremmo scopare.”
Il film è Stuck in Love e, per quel che riguarda le introduzioni dei personaggi, questa è decisamente memorabile.
Per la ventiquattrenne Collins, fino a ora conosciuta perlopiù per essere la figlia di Phil Collins, ex batterista dei Genesis diventato un multimilionario facendo il solita, e per aver recitato nella parte dell’adorabile Biancaneve dal volto pulito protagonista della commedia – ambientata nel mondo delle fiabe – che lo scorso anno è stata apprezzata di più, Mirror Mirror, questo è prendersi una pausa dalla sua reputazione di attrice per famiglie.
E c’è di più: interpretando l’anti-eroina del film, Samantha Borgens, la Collins recita la parte di una giovane scrittrice con, ebbene sì, un padre di grande successo (uno scrittore pure lui; gli presta il volto Greg Kinnear), e gran parte del suo viaggio narrativo riguarda i suoi sforzi per, beh, smettere di vivere all’ombra del suo famoso papà.
“Ci sono delle somiglianze, ovviamente,” dice la Collins, sorseggiando un tè nella suite di un hotel a Soho; incarna il prototipo del volto nuovo della giovane Hollywood, tutta in Alexander McQueen, con capelli favolosi, pelle pallida e quelle scure sopracciglia contro ogni buon gusto che sono diventate il suo marchio di fabbrica. “Samantha vuole seguire le orme paterne, ma a modo suo, e percorrendo il suo cammino,” continua, piano, e la sua precisione lascia chiaramente intendere che la questione l’ha esaminata più di una volta. “Ama e rispetta e apprezza ciò che il padre ha fatto per lei e le cose che ha imparato, ma allo stesso modo vuole emergere da sola. E in un certo senso è la stessa relazione che ho io.”
La Collins si è trasferita a Los Angeles con sua madre, una designer di interni americana di nome Jill Tavelman, nel 1994, dopo il problematico divorzio dei suoi genitori (dalla stampa furono rilasciati fax arrabbiati, mentre la Tavelman è accusata di aver ricevuto una liquidazione di 17 milioni di sterline dal musicista). E anche se la Collins è stata essenzialmente cresciuta dalla Tavelman (ha trascorso le vacanze nei possedimenti del padre nel West Sussex), si intuisce che essere “la figlia di Phil Collins” è stato, e continua a essere, più un peso che un vantaggio, per lei.
Certo, durante le chiacchiere preparatorie prima delle interviste mi hanno avvisato di non fare troppe domande sull’argomento Phil Collins.
Altrimenti che sarebbe successo? Con un dito hanno fatto il gesto di tagliare la gola.
E durante l’intervista la stessa Collins continua ad appigliarsi ad alcune frasi come a dei salvagente; risposte che spaziano da “ottenere dei ruoli da sola” a “essere conosciuta solo come Lily”.
Un incontro, quando lei aveva diciotto anni, con un famoso agente di Hollywood è ciò che ha stabilito il tono per la Collins.
All’epoca doveva ancora ottenere i suoi primi tre ruoli di supporto (in The Blind Side, Priest e Abduction), e l’agente, niente affatto impressionato dalla sua discendenza, le disse con un sogghigno: “Cos’è che ti rende così speciale? Ci sono centinaia di figlie e figli e cugini e nipoti di persone famose. Fa’ qualcosa. Poi torna, e a quel punto potremo parlare!”
La fama, ha realizzato Lily praticamente subito, dopo aver brevemente accompagnato suo padre durante un tour quando aveva dieci anni, è più del solo champagne e dei baci in aria (suo padre, non dimentichiamolo, varrà pure 100 milioni di sterline, ma spesso viene deriso perché considerato un’icona che fa rabbrividire per l’imbarazzo nel mezzo della strada della banalità).
“Penso che guardarlo mi abbia dato più solidità,” mi dice. “Perché quando ho cominciato a entrarci entro [nella fama], ho realizzato che mi stavo consapevolmente ponendo in una situazione che avrebbe potuto attirarmi addosso un sacco di negatività.”
E così ecco arrivare Stuck in Love, un film che fa notare la Collins, per la prima volta, come una potente forza sullo schermo – ride, piange, impreca, e tutto con una facilità che smentisce i suoi anni e l’esperienza (era la protagonista anche in Mirror Mirror, ma la sua co-star Julia Roberts le ha rubato il film, e non sempre nella maniera migliore).
La sua Samantha è una promiscua scrittrice emergente con un’inclinazione per le osservazioni incisive – durante una scena con il suo futuro fidanzato Lou (Logan Lerman), sibila: “Puzzi di romanticismo e buone intenzioni. Non mi faccio i bravi ragazzi, e non mi faccio i fidanzati!”
Samantha è estraniata da sua madre (Jennifer Connelly), e cerca disperatamente di uscire dalla sopracitata ombra di suo padre. Arriva Lou, e la possibilità di una vera storia d’amore, e dell’addomesticare la rabbia filiale. Il film ha i suoi momenti deboli, ma è essenzialmente un affilato, sincero indie di qualità che può essere visto, tra le altre cose, come un’amabile tavolozza per la Collins, prima che si guadagni la fama mondiale col suo prossimo progetto – The Mortal Instruments, un franchise fantasy per adolescenti di enorme successo.
A lungo considerato il vero erede di Twilight, The Mortal Instruments è stato in fase di sviluppo sin dalla fine del 2010 (quando la Collins è stata assunta), ed è basato su una saga composta da sei romanzi YA besteller su un inferno di angeli e demoni che esistono contemporaneamente a New York.
La Collins interpreta l’eroina del franchise Clary Fray, una ragazza normale che un giorno scopre di essere una “Shadowhunter” con poteri magici che le permettono di vedere e cacciare le creature malvagie che la circondano e, cosa più importante, è divisa dall’amore per due fidanzati diversi ma ugualmente sexy – il migliore amico di tutta la vita, Simon (Robert Sheehan), e lo spilungone gotico Shadowhunter Jace (Jamie Campbell Bower).
Il primo film, sottotitolato City of Bones, è apparentemente stato un incubo da realizzare o, per come la vede la Collins: “Il copione è cambiato numerose volte, così come il team; sono arrivate nuove persone, ma abbiamo già ricevuto il via libera per girare il seguito, il che penso provi qualcosa.”
E riguardo la possibilità di dover fare a patti con una fama mondiale pari a quella di Twilight?
“Se dovesse arrivare – l’essere riconosciuti, gli autografi, la follia –, beh, ho firmato per girare questi film, quindi dovrò imparare a mano a mano che andiamo avanti. Ma mi rifiuto di lasciare che tutto ciò influenzi il modo in cui vivo. E sono anche molto rigida per quel che riguarda la mia privacy.”
Parla poi delle intrusioni della stampa: “L’idea che ci si aspetta… che addirittura si ritiene che tu debba rivelare tutti i segreti della tua vita amorosa alle persone mi sembra davvero sbagliata.”
Parlando di questo, ho visto delle foto della Collins in cui stava baciando la sua co-star di The Mortal Instruments, Jamie Campbell Bower, e anche un paio di scatti in cui stavano camminando mano nella mano mentre facevano shopping; inoltre, noto che la Collins sul polso ha un grosso tatuaggio di due ali da angelo con le iniziali “L” e “J”.
Beh? “Ci sono così tante ‘J’ importanti, nella mia vita,” ride timidamente. “Così tante ‘J’!”
Dunque è fidanzata? Ride ancora di più. “Non parlo di questo argomento. Ahahah. Ma limitiamoci a dire che sono felice. Le cose vanno bene.”
Nel frattempo, tornando sul pianeta Terra, l’altro grande desiderio della Collins è finire la sua laurea in giornalismo all’Università della California del Sud. Visto che, prima di lasciarla per la recitazione nel 2010, la Collins è stata dall’altra parte della barricata, scrivendo una colonna dedicata allo stile di vita sull’ormai defunta rivista Elle Girl, e dei reportage per LA Times e Teen Vogue. E una volta, come intervistatrice adolescente per Nickelodeon TV, ha avuto un incontro parecchio strano con Elton John. “Alla fine dell’intervista gli ho chiesto: ‘Com’è andata? È la prima che faccio!’, e lui mi ha risposto: ‘È stranissimo, perché ti conosco fin da quando eri una neonata!’. Apparentemente, mi ha incontrata quando ero piccolissima, perché lui e papà erano amici.”
E così chiudiamo l’intervista come l’avevamo iniziata, parlando di suo padre, e con la consapevolezza che, con o senza le disposizioni degli zelanti pubblicisti, quella particolare patina paterna sta finalmente svanendo dalla vista. Dopotutto, dice Lily Collins, è tutto riguardo il lavoro.
“Amo la sensazione di sentirmi orgogliosa, e lavoro proprio per questo,” spiega. “Amo sentire di essermi guadagnata qualcosa. Da me.”
Stuck in Love uscirà questo venerdì. »
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