Buon pomeriggio e buona domenica, carissimi Shadowhunters!
Questo extra sarebbe dovuto, ahinoi, arrivare già da qualche settimana, ma il lavoro ci ha un po’ (tanto) rallentate. Ci spiace!
Precisiamo immediatamente che, pur trattandosi di un contenuto speciale di Chain of Iron (faceva parte della “box” americana di LitJoy, nello specifico), la lettera qui di seguito NON contiene alcuno spoiler del romanzo e, anzi, è presumibilmente ambientata prima ancora dell’inizio di The Last Hours.
L’ha scritta Matthew per James, allo scopo di scusarsi per, ehm… un prestito. Più o meno. Non diremo altro, se non che la troviamo esilarante, e che speriamo che valga lo stesso anche per voi. ;D Buona lettura!
PS: “Fever” (ovvero il punto di vista di Cordelia della febbre bollente di James) arriverà MOLTO presto. Promesso!
Mio caro James,
ti scrivo, quest’oggi, provando un’umiliante vergogna. Il torto che ti ho fatto è enorme, e devo sistemare le cose tra noi.
Quando stamane ti sei svegliato alla Devil Tavern, dopo aver trascorso la notte nella camera da letto del piano superiore che a noi Allegri Compagni è permesso usare, hai scoperto di non avere più gli stivali. Che erano svaniti nella notte, senza lasciar traccia. Benché l’avessi forse già sospettato, sono costretto tristemente a confermarlo: James, sono stato io, Matthew, a rubarli.
Ma, ti prego, lasciami spiegare.
Come forse ricorderai, io e te abbiamo trascorso una piacevole serata, bevendo due bottiglie di vino in allegria. È giunto poi, però, quel dannato vampiro, Vilhelm, insieme al dannato – benché delizioso – brandy di frutta che produce lui stesso (senza dubbio in condizioni orripilanti). Come forse (o forse no) ricorderai, dopo tre colpi di quella roba, hai annunciato piuttosto all’improvviso che saresti andato a letto. Ti ho accompagnato al piano superiore, desiderando io stesso un po’ di quiete. Tu ti sei addormentato alla svelta. Io ho chiesto una calmante acqua tonica indiana, mista a sole due dosi di gin, e mi sono messo a perdere del tempo, sistemando il nostro posticino, leggendo un po’ e cose così. Ho pensato anche di tornarmene a casa, ma talvolta un uomo ha necessità di prendersela comoda e, come ben sai, a Grosvenor Square lo spazio dove prendersela comoda in privato è assai limitato.
Stavo proprio preparandomi ad andare quando è venuta a interrompermi la nostra Anna Lightwood, visitatrice poco frequente della Devil Tavern. Con mia grande sorpresa, si era fatta coinvolgere in una spietata partita di whist al piano di sotto, e mi ha detto di avere disperatamente bisogno di un compagno di gioco.
Le ho chiesto, come di certo vorrai sapere anche tu, cosa fosse successo al suo compagno originale.
Anna mi ha quindi spiegato che il suo avversario era il vampiro Iancu, fratello di Vilhelm, e che il suo compagno di gioco era una fata a lei sconosciuta che si faceva chiamare Daffodil. Chiaramente Daffodil aveva fatto la disgustosa proposta di giocare a ogni mano, anziché soldi, dei pezzi di vestiario. E mentre lo proponeva, mi ha spiegato Anna, le aveva lanciato “un’occhiata”. “Conosci il tipo di occhiata,” ha aggiunto, e devo confessare che sì, lo conosco.
Quel tipo di commento aveva spinto il compagno di lei, Sidney il licantropo, a lanciarsi in difesa del suo onore e a tirare a Daffodil un pugno sul naso, facendogli perdere i sensi. Di rimando, Iancu aveva tirato un pugno sul naso di Sidney, e pure lui era collassato privo di sensi.
Iancu, con la freddezza tipica dei vampiri, aveva subito suggerito che ora le cose tra loro fossero pari, e che se fossero riusciti a trovare nuovi compagni, avrebbero potuto e dovuto continuare con la loro partita di whist. Di fronte a un’offerta simile, io e te saremmo stati praticamente certi di poter considerare la partita conclusa. Ma tra i sang froid non c’è nessuno che possa competere con la nostra Anna. Aveva accettato.
E, James, cosa potevo fare io? L’ho seguita al piano di sotto e ho giocato a whist. Forse era a causa di quanto bevuto, o forse come punizione per qualche crimine sconosciuto, ma io e Anna abbiamo continuato a perdere e perdere ancora. Non avevo con me la quantità di denaro che ci si porterebbe dietro per una notte di gioco d’azzardo, e quindi nel giro di un’ora ero completamente al verde.
Con poco e nulla per coprire la mia puntata, mi sono tolto gli stivali nuovi, comprati solo una settimana fa. Erano di bella pelle di vitello, bordati di pelliccia di coniglio e, a ripensarci ora, mi insulta un po’ il fatto che tu non li abbia notati, quando sei arrivato ieri sera. In ogni caso, ho subito perso gli stivali.
I nostri eroi sembravano effettivamente trovarsi in una situazione catastrofica, e Anna è arrivata a scommettere il suo orologio da taschino, che so che apparteneva a suo padre e ha un valore sentimentale assai maggiore rispetto ai miei stivali. A quel punto però ha vinto, e sembrava che una tempesta fosse finalmente stata spazzata via. Abbiamo vinto, più e più volte – i soldi persi in precedenza, e poi altri ancora. E io aspettavo con ansia che Iancu rimettesse i miei stivali sul tavolo, in modo da potermeli riprendere.
Ma non l’ha mai fatto. Anche se io e Anna abbiamo entrambi terminato la nottata con un guadagno di più di un paio di corone, Iancu deve evidentemente aver ritenuto che quegli stivali fossero il suo premio di consolazione, e sarebbe stato davvero molto sgarbato da parte mia chiederglieli indietro.
Camminare sul pavimento della Devil Tavern in calzini è un tipo peculiare di orrore, al contempo unto e viscido, che adesso io e te condividiamo. Non avevo abbastanza soldi per noleggiare una carrozza, e provavo orrore all’idea di percorrere la lunga strada fino a Grosvenor Square a piedi nudi. Sono tornato al piano superiore in cerca di qualche calzatura che potessi prendere in prestito – mi sarei accontentato pure di qualcosa di Thomas, benché i suoi piedi siano notevolmente piccoli.
C’era un unico paio di stivali, però. I tuoi, che avevi abbandonato accanto al divano su cui stavi dormendo, beato, un angelo inconsapevole.
E così, amico mio, fratello mio, mio parabatai: ti ho soffiato gli stivali.
Avevo in programma di restituirteli immediatamente dopo essere tornato sano e salvo a casa; addirittura progettavo di rispedirteli alla Devil Tavern, così che non notassi neanche la loro sparizione prima di svegliarti. Per sfortuna, una volta tornato a casa ho scoperto che Christopher aveva appiccato un piccolo fuocherello in cantina, e in mezzo a tutta quella frenesia mi ci è voluto più del previsto per restituirti gli stivali. È stato con profondo orrore e tristezza che ho appreso da Sidney che eri già tornato all’Istituto – da solo, e in calzini.
Non so come descrivere la mia disperazione. Ti prego nuovamente di accettare le mie più sincere e umili scuse. Spero che troverai nel tuo cuore dorato la forza di perdonarmi.
Che ne dici di pranzare da Horse and Grapes, domani?
Molto, molto, molto sinceramente tuo,
Matthew Fairchild
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