Magnus’ Vow è un breve racconto contenuto in alcune copie inglesi de L’Angelo. Va a collocarsi cronologicamente in Città di Ossa, subito dopo il primo incontro tra Magnus e Clary (e tutto il resto del gruppo degli Shadowhunters).
Magnus Bane era steso sul pavimento del suo appartamento di Brooklyn, lo sguardo rivolto verso lo scarno soffitto. Come gran parte della casa, anche il pavimento era un po’ appiccicoso. C’era un intruglio di vino delle fate e sangue che scorreva attraverso le assi scheggiate. Il bancone, che in origine era stato una porta posata su due bidoni della spazzatura ammaccati, a un certo punto della notte si era rovinato per colpa di una lotta tra un vampiro e Bat, uno dei licantropi del branco in centro. Magnus si sentiva soddisfatto. Un party non può dirsi riuscito se qualcosa non si rompe.
Sentì dei passi leggeri avvicinarsi, e poi qualcosa gli strisciò in grembo; qualcosa di piccolo, morbido e pesante. Alzò lo sguardo e si scoprì a fissare due occhi verde-dorati simili ai suoi. Il Presidente Miao.
Accarezzò il gatto, che nel frattempo aveva cominciato ad affondargli felicemente gli artigli nella camicia. Qualche Silly String cadde dal soffitto e gli atterrò addosso; per tutta risposta, il Presidente Miao saltò di lato.
Magnus si mise a sedere con uno sbadiglio. Dopo un party, di solito si sentiva sempre così – stanco, ma troppo ferito per dormire. La sua mente stava rielaborando gli eventi della serata, ma, un po’ come un cd graffiato, non faceva che tornare indietro allo stesso punto e ripartire da lì, trasformando i suoi ricordi in un vortice.
Quei piccoli Shadowhunters. Il fatto che Clarissa l’avesse infine rintracciato non era sorprendente, non per lui: aveva sempre saputo che l’incantesimo che Jocelyn gli aveva chiesto di farle non sarebbe durato in eterno. A suo tempo l’aveva anche riferito alla madre, ma a Jocelyn non era importato, perché il suo obiettivo era salvaguardare Clary il più a lungo possibile. Ora che l’aveva incontrata, però, Magnus non era più sicuro che Clary avesse davvero bisogno di tutta quella protezione. Quella ragazzina era fiera, impulsiva e coraggiosa – e fortunata, proprio come sua madre.
Beh, questo se credevi nella fortuna. Ma qualcosa doveva averla spinta verso gli Shadowhunters dell’Istituto, probabilmente gli unici in grado di proteggerla da Valentine. Era un peccato che Robert e Maryse non ci fossero. Aveva trattato con Maryse più di una volta, negli anni, ma non incontrava gli Shadowhunters più giovani da un’eternità.
Ricordava vagamente di aver visitato Maryse e Hodge, una volta, e che c’erano due bambini nel corridoio; potevano avere sugli undici anni, e stavano combattendo con delle Spade Angeliche finte. Una ragazzina con due trecce nere li fissava lamentandosi a gran voce perché non le permettevano di giocare. A quel tempo Magnus li aveva considerati tutti e tre assai poco.
Ma ora – vederli lo aveva scosso; in particolare, a turbarlo erano stati i due ragazzi, Jace e Alec. Quando hai così tanti ricordi è impossibile, a volte, rievocarne uno in particolare – è un po’ come sfogliare un libro di diecimila pagine alla ricerca del paragrafo che ti serve.
Questa volta, però, sapeva dove frugare.
Si trascinò sul pavimento scheggiato; raggiunto l’armadio, si inginocchiò per aprirlo. Spinse via i vestiti, i vari pacchetti e le pozioni al suo interno, tastando le pareti alla ricerca di una cosa in particolare. Quando riemerse, tossendo palle di polvere, aveva tra le mani un baule di legno di una grandezza soddisfacente. Benché avesse vissuto così tanti secoli sentiva l’esigenza di viaggiare leggero; conservava assai pochi ricordi del suo passato. Aveva la sensazione che tenendone di più si sarebbe appesantito, che questo gli avrebbe impedito di andare avanti. Quando sei in grado di vivere per sempre puoi passare solo poco tempo a guardarti indietro.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva toccato il baule che quando lo aprì i cardini gemettero tremendamente; il Presidente Miao corse a nascondersi sotto al divano, la coda contratta.
Il mucchio di oggetti all’interno del baule sembrava il tesoro di un drago poco esigente. Alcuni brillavano per il metallo e le pietre preziose – Magnus tirò fuori una vecchia tabacchiera che aveva le iniziali WS incise sul dorso con dei rubini scintillanti; sorrise per il cattivo gusto dell’oggetto, e anche per i ricordi che gli evocava. Altri sembravano insignificanti: un nastro di seta sbiadito, color crema, che un tempo era stato di Camille; una scatola di fiammiferi del Cloud Club con le parole ‘So cosa sei’ scritte all’interno da una grafia femminile; una filastrocca firmata OFOWW; un pezzo mezzo bruciato del fermo dell’Hong Kong Club – un posto che gli era stato proibito non perché stregone, ma perché non bianco. Toccò un pezzo di corda intrecciata che era quasi in fondo alla pila e ripensò a sua madre. Era stata la figlia di un colonialista tedesco e di una donna indonesiana morta di parto, il cui nome era sempre stato sconosciuto a Magnus.
Trovò quel che cercava quasi sul fondo del baule, e lo tirò fuori strizzando gli occhi: una fotografia in bianco e nero applicata su un cartoncino rigido. Un oggetto che non sarebbe mai esistito, se Henry non fosse stato ossessionato dalla fotografia. Adesso Magnus era in grado di immaginarlo mentre si infilava sotto il suo cappuccio da fotografo, mentre se lo toglieva, mentre correva con i piatti bagnati nella cripta che aveva trasformato in camera oscura per sviluppare la pellicola, mentre urlava alle persone che stava fotografando di restare immobili. Quelli erano i giorni in cui per rendere una fotografia accurata bisognava restare immobili per qualche minuto. Il che non era semplice, pensò Magnus, arricciando un angolo della bocca, per il gruppo dell’Istituto di Londra.
C’era Charlotte con i capelli scuri raccolti in una pratica crocchia. Sorrideva, ma con ansia, come se stesse strizzando gli occhi in direzione del sole. Accanto a lei c’era Jessamine, con un vestito che in foto sembrava nero, ma che Magnus ricordava essere blu scuro. I suoi capelli erano arricciati, e alcuni nastri cadevano come stelle filanti dalla tesa del suo cappello di paglia. Era molto bella, e molto triste. Magnus si chiese come si sarebbe comportata alla vista di qualcuno come Isabelle: una ragazza della sua età che amava palesemente gli Shadowhunters, che mostrava i suoi lividi e le cicatrici dei marchi come se fossero gioielli, anziché nasconderli con del pizzo Malines.
Sempre vicino a Charlotte, ma dall’altra parte, stava Jem: sembrava il negativo fotografico di se stesso, con quei capelli argentei e gli occhi ormai quasi bianchi; aveva la mano poggiata sulla giada a forma di dragone che sormontava il suo bastone, e il viso rivolto verso Tessa. Tessa – Tessa aveva un cappello in mano, e i suoi lunghi riccioli castani risultavano lievemente sfocati perché smossi dal vento.
Intorno a Will c’era un debole alone di luce; non gli era riuscito di restar fermo per la foto – e la cosa era perfettamente in linea col suo carattere. Nessuno che l’avesse conosciuto avrebbe mai potuto stupirsene. Come sempre, Will non indossava il cappello, e i capelli neri gli si arricciavano sulle tempie. Era una gran perdita non riuscire a vedere il colore dei suoi occhi, ma in quella foto Will era ancora bellissimo e giovane e un po’ vulnerabile; teneva una mano in tasca e l’altra dietro la testa.
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che aveva guardato la foto che le somiglianze tra Will e Jace lo colpirono. Sebbene fosse Alec ad avere i capelli neri e quegli occhi – quegli occhi di un blu scuro davvero sorprendente –, tra i due quello con la personalità più simile a Will era Jace, almeno in superficie. La stessa affilata arroganza che nasconde qualcosa di fragile all’interno, lo stesso spirito pungente; col dito percorse l’alone intorno a Will e sorrise. Will non era stato un angelo, e allo stesso tempo non era neppure stato tanto imperfetto quanto alcuni potevano aver creduto. Quando Magnus pensava a Will, anche adesso, ricordava il ragazzo grondante pioggia che aveva inzuppato il tappeto di Camille, il giovane che aveva implorato Magnus di dargli quell’aiuto che nessun’altro era in grado di fornirgli. Era stato Will a spingerlo a pensare che Shadowhunters e Nascosti sarebbero potuti diventare amici.
Jem era l’altra parte di Will, quella migliore. Erano stati parabatai, proprio come Alec e Jace, e avevano condiviso la stessa evidente vicinanza. E sebbene Alec avesse colpito Magnus come Jem non era mai riuscito a fare – Alec era nervoso e dolce, sensibile e preoccupato, mentre Jem era stato calmo, di rado irritato, più vecchio dei suoi anni –, entrambi erano inusuali dove gli Shadowhunters erano preoccupati. Alec emanava una profonda innocenza che risultava assai rara tra gli Shadowhunters – una qualità che, Magnus doveva ammetterlo, lo attirava come una falena è attratta da una fiamma, nonostante tutto il suo cinismo.
Magnus guardò di nuovo Tessa. Sebbene non fosse bella in maniera convenzionale, non come Jessamine, Tessa aveva un viso vivo, pieno di energia e intelligenza. Le sue labbra si arricciavano agli angoli. Era in piedi, e Magnus pensò fosse appropriato, tra Jem e Will. Tessa che, come Magnus, poteva vivere per sempre. Magnus guardò i detriti nel baule – ricordi di amori passati; alcuni di quei visi gli erano rimasti in mente, indelebili fin dal giorno in cui li aveva incontrati, mentre di altri non ricordava che il nome, e a stento. Tessa che, come lui, aveva amato un mortale, una persona che era destinata a morire, mentre lei sarebbe vissuta.
Sistemò di nuovo la foto nel baule. Magnus scosse il capo, come se questo potesse schiarirgli le idee. C’era un motivo se apriva il baule così di rado. Il peso delle memorie lo schiacciava, gli ricordava ciò che un tempo aveva avuto e ora non aveva più. Jem, Will, Jessamine, Henry, Charlotte – in un certo senso già solo ricordare i loro nomi poteva dirsi eccezionale. Ma a quel tempo conoscerli gli aveva cambiato la vita.
Conoscere Will e i suoi amici aveva spinto Magnus a giurare a se stesso di non farsi mai più coinvolgere dagli affari personali degli Shadowhunters. Perché quando impari a conoscerli, ti affezioni. E quando ti affezioni ai mortali, ti spezzano il cuore.
“E io non voglio,” disse al Presidente Miao con fare solenne, e forse anche un po’ ubriaco. “Non mi importa quanto affascinanti e coraggiosi siano o quanto indifesi sembrino. Io, mai e poi mai…”
Al piano di sotto suonò il campanello, e Magnus si alzò per rispondere.
L’avevo letta, ma non la ricordavo. Come ho potuto dimenticarla?
Piango. Piango un sacco.
#LeOriginiDeiMalec
😥 :angelic: 😥
Quelli che hanno suonato il campanello sono Jace e Clary, giusto?
Comunque adoro questa storia. 🙂 :dance:
perchè quando premo su READ MORE non succede niente??? Si ferma a quando suona il campanello??? Se sì, perchè c’è scritto READ MORE??? Aiuto, vi prego!!!!! :crazy: :crazy: :crazy: :crazy: :crazy: :crazy: :crazy: :crazy:
Si ferma lì. 🙂 Purtroppo non c’era un modo di lasciare il “Read More” solo nella sezione ricerca/nella pagina principale – lo potrai trovare all’interno di tutti gli articoli del sito. 🙂
Ok, grazie!! Comunque siete molto bravi a tradurre, complimenti!!! :wave: :wave: :wave: :wave: :wave: E, mmm, adoro questa storia (Magnus’ Vow). E’ fantastica! AMO Magnus :heart: :heart: :heart: :roftl: :roftl:
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