Buon pomeriggio, Shadowhunters!
Ieri era il primo agosto… e ovviamente, come ogni mese, è arrivato a tutti gli iscritti della newsletter di Cassie il nuovo racconto su The Last Hours. ;P
La presentazione dei personaggi sta continuando, e questa volta a venirci mostrato è un po’ il rapporto tra Cordelia e suo fratello Alastair. Non vi spoileriamo altro: buona lettura!
DEVONSHIRE, 1898
Cordelia si sentiva spesso sola quando in casa c’erano soltanto lei e i suoi genitori, ma mai come quando Alastair era andato all’Accademia. Mentre lui non c’era, il resto della famiglia Carstairs aveva visitato l’India, Parigi, Città del Capo e il Canada, ma si trovavano a Cirenworth per le vacanze quando Alastair era finalmente tornato.
Cordelia aveva atteso per mesi che tornasse, però quando era uscito dalla carrozza – più alto, spigoloso e affilato di prima –, Alastair le era parso una persona completamente diversa. Era sempre stato irascibile e permaloso, ma adesso le parlava a stento. E quando lo faceva, era principalmente per chiederle di non infastidirlo.
I loro genitori ignoravano quella trasformazione. Quando Cordelia aveva provato a chiedere a suo padre perché Alastair non trascorresse del tempo con lei, lui le aveva sorriso e aveva detto che i maschi adolescenti tendono a passare “momenti del genere”, e che lei “avrebbe capito una volta cresciuta”.
“Ha trascorso tutto l’anno a divertirsi con dei ragazzi della sua età, e ora gli è toccato tornarsene in campagna con noialtri,” aveva spiegato ridacchiando. “Gli passerà.”
Non era una risposta soddisfacente. Cordelia si sforzava di incrociare Alastair il più spesso possibile, per obbligarlo a riconoscere la sua esistenza. Di frequente, però, non riusciva neanche a trovarlo. Alastair passava ore chiuso in camera, e quando Cordelia bussava alla porta, non si prendeva neanche il disturbo di dirle di andarsene. La ignorava e basta. Cordelia aveva la certezza che si fosse trovato lì dentro solo quando emergeva dalla stanza per mangiare, o per annunciare di stare per uscire a fare una lunga passeggiata.
La situazione andava avanti da qualche settimana. I sentimenti di Cordelia erano passati da delusione a tristezza, a senso di colpa, a irritazione e infine a rabbia. Una sera, gli aveva tirato un cucchiaio contro mentre cenavano, urlando: “Perché non mi parli?” Alastair l’aveva bloccato in aria e poggiato sul tavolo, guardandola in silenzio.
“Smettila di lanciare le cose, Cordelia,” le aveva detto sua madre.
“Mâmân!” aveva protestato Cordelia, sentendosi tradita. Suo padre aveva completamente ignorato lo scambio e si era rimesso a mangiare come se nulla fosse successo. Risa le era scivolata accanto e aveva sistemato un nuovo cucchiaio al suo posto, cosa che Cordelia aveva trovato estremamente irritante.
Il rifiuto di Alastair di interagire con Cordelia avrebbe dovuto, stando a quello che aveva capito lei, spingerla ad arrendersi e a rinunciare a provarci. Quindi lei aveva deciso di intensificare i suoi sforzi. “Beh,” annunciava, una volta trovatasi nella stessa stanza con lui, “andrò a raccogliere le more selvatiche lungo il viottolo.” (Alastair amava le more.) Oppure: “Credo che andrò a provare qualche caduta nella stanza di addestramento, dopo pranzo.” (Alastair le diceva sempre di allenarsi a cadere in maniera sicura, e per farlo le sarebbe servito un compagno.)
Un giorno, mentre era fuori per una delle sue passeggiate, Cordelia aveva aspettato un minuto e poi gli era andata dietro. Si trattava di buon allenamento, aveva detto a se stessa – per muoversi furtivamente, imparare a prendere consapevolezza di ciò che la circondava, affinare i suoi sensi. Lo trasformò in un gioco: per quanto sarebbe riuscita a seguirlo prima che lui se ne accorgesse? Sarebbe stata in grado di restare nascosta abbastanza a lungo da scoprire dove era diretto?
Venne fuori che Alastair non stava andando proprio da nessuna parte. Camminava e basta: conosceva il bosco abbastanza bene da non smarrirsi. Dopo qualche ora, Cordelia cominciò a sentirsi stanca. E poi ad avere fame.
E poi si distrasse, incastrò un piede nella radice sporgente di un albero e cadde con un tonfo sul terreno duro. Alastair si voltò e la vide proprio mentre lei, infastidita, si rimetteva in piedi. Cordelia incrociò le braccia e sollevò il mento, con fare cocciuto e determinato a mantenere il suo orgoglio di fronte a qualunque spiacevole reazione lui stesse preparando: disprezzo, rabbia, rifiuto.
Alastair, invece, si lasciò sfuggire un sospiro e la raggiunse. Senza preamboli le chiese, burbero: “Ti sei ferita?”
Cordelia sollevò il piede e lo fece ondeggiare. “Starò bene. È solo sbucciato, credo.”
“Andiamo,” disse Alastair. “Torniamo a casa.”
Camminarono in silenzio: Alastair era qualche passo davanti a lei e non parlava. Alla fine, irritata da tutto quel silenzio, Cordelia esclamò: “Non vuoi sapere perché ti stavo seguendo?”
Lui si voltò a osservarla. “Suppongo che tu abbia pensato che fossi venuto qui fuori per fare qualcosa di emozionante.”
“Mi spiace,” gli rispose lei, mentre – come al solito – diventava via via più agitata davanti alla calma imperturbabile di Alastair. “Mi spiace che, da quando sei andato all’Accademia, tu sia cresciuto e maturato, e che ti sia fatto dei nuovi amici raffinati. Mi spiace di essere soltanto la tua stupida sorellina.”
Alastair la guardò per un attimo, prima di emettere un latrato di risata. Non c’era divertimento in quel suono. “Non sai di cosa stai parlando.”
“Mi spiace che adesso tu sia troppo superiore per la tua famiglia! Mi spiace che tu sia troppo bravo per allenarti con me!”
Lui scosse il capo, sdegnoso. “Non essere sciocca, Cordelia.”
“Allora parlami!” gli urlò lei. “Non capisco perché tu sia così scontroso. Sei quello fortunato che ha avuto la possibilità di andarsene. Che si è potuto divertire a Idris. Sai quanto sono stata sola quest’anno?”
Per un istante, Alastair sembrò smarrito, esitante. Era da tempo che Cordelia non vedeva un’espressione così aperta sul suo volto. Poi la chiuse violentemente, come se fosse un cancello di ferro. “Ognuno di noi è solo,” le rispose. “In fondo.”
“Che cosa significa?” gli chiese, ma Alastair si era già voltato. Dopo un attimo, asciugandosi il viso umido con la manica, Cordelia lo seguì.
Quando tornarono a casa, lo lasciò nell’ingresso per andare a recuperare l’intera scorta di coltelli da lancio dalla vetrinetta delle porcellane che veniva utilizzata come armeria dell’abitazione. Mentre si spostava dalla vetrinetta alla stanza di addestramento, superò il fratello; gli lanciò un’occhiata, a stento in grado di trasportare quella pila di coltelli. Lui la osservò in silenzio.
Nella stanza di addestramento, Cordelia si organizzò e trovò il suo ritmo. Thunk. Thunk. Il lancio dei coltelli non era la sua abilità migliore, ma le serviva quel senso di impatto, quella sensazione di star ferendo qualcosa, anche se si trattava soltanto di un bersaglio su un sostegno. Come sempre, il ritmo dell’allenamento le diede sollievo. Il suo respiro divenne più rilassato e regolare. Quelle ripetizioni la ancoravano a terra: cinque lanci, poi uno spostamento per recuperare i coltelli dal bersaglio e un altro per tornare indietro a riprovarci. Cinque lanci. Spostati. Recupera. Spostati. Cinque lanci.
Dopo circa venti minuti, si rese conto che Alastair era in piedi nel vano della porta. Lo ignorò.
Un’altra persona le avrebbe detto che era migliorata, dall’ultima volta che l’aveva vista allenarsi, o le avrebbe chiesto di fare un tentativo. Invece Alastair si schiarì la gola e osservò: “Giri il piede durante la fase di rilascio. È per questo che sei così irregolare.”
Lei gli lanciò un’occhiata e poi tornò a lanciare. Ma prestò più attenzione ai movimenti dei suoi piedi.
Dopo un po’, Alastair aggiunse: “È stupido definirmi fortunato. Non lo sono.”
“Non sei rimasto bloccato qui per tutto l’anno.”
“Oh?” le rispose in tono di scherno. “E quante persone sono venute qui a deriderti, quest’anno? Quante ti hanno chiesto cosa avessi di sbagliato perché non hai avuto un precettore? O hanno lasciato intendere che la tua famiglia dovesse essere composta da degli scansafatiche, visto che ci trasferiamo di continuo?”
Cordelia lo guardò, aspettandosi di trovare vulnerabilità e tristezza sul suo volto: ma gli occhi di Alastair erano duri, la sua bocca una linea sottile. “Ti hanno trattato male?”
Alastair lasciò andare una risata priva di gioia. “Per un po’. Poi mi sono reso conto di avere una scelta. All’Accademia ci sono solo due tipi di persone. I bulli e le loro vittime.”
“E tu…?”
Le rispose con voce salda: “Tu quale avresti scelto?”
“Se quelle fossero state le mie uniche possibilità,” ribatté Cordelia, “me ne sarei tornata a casa.”
“Sì, beh,” disse lui. “Io ho scelto l’opzione che non mi avrebbe fatto sentire come uno zimbello.”
“E come è andata?” gli domandò lei con tatto.
“In modo terribile,” rispose Alastair. “È terribile.”
Cordelia non sapeva cosa dire o fare. Sarebbe voluta andare dal fratello per circondarlo con le braccia, per dirgli che gli voleva bene, ma Alastair se ne stava lì rigido, con le braccia incrociate davanti a sé, e Cordelia non trovò il coraggio di farlo. Alla fine, gli porse il coltello che teneva in mano. “Ti andrebbe di lanciare? Sei molto più bravo di me.”
Quando lui parve insospettirsi, aggiunse: “Una mano mi farebbe comodo, Alastair. Hai visto quanto è imprecisa la mia tecnica.”
Alastair le si avvicinò e prese il coltello. “Molto imprecisa,” concordò. “So che il combattimento con la spada ti viene spontaneo, ma non sarà così con tutto. Devi rallentare. Presta attenzione ai tuoi piedi. Ora segui i miei movimenti. Ecco, Layla. Resta con me.”
E lei l’avrebbe fatto.
Quanto ho amato questa parte di chain of gold!
È molto bello il legame che hanno Cordelia e Alastair, molto differente rispetto a quello di james e Lucie…
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