INTRODUZIONE
CASSANDRA CLARE
C’è una domanda che gli scrittori trovano intimamente familiare, e a cui temono di dover rispondere. Da dove prendi l’idea per i tuoi libri?
Non perché sia scorretto chiederlo. È giusto, e capiamo perfettamente perché ci viene domandato – è ovvio che alle persone incuriosisca l’origine di un’idea! Ma la verità è che raramente un libro o una saga nascono da una singola idea. Di solito si ingrandisce come un sasso che, rotolando, raccoglie muschio, o come la sabbia in un’ostrica, che aggiunge strati fino a diventare una perla. Si parte dal seme di un’idea, un’immagine o un concetto, e questa cresce a mano a mano che l’autore aggiunge personaggi, idee che ama, pezzi di cose che lo affascinano o interessano, finché tutto ciò non dà origine a un mondo.
Ho raccontato la storia di “come mi è venuta l’idea per Città di Ossa”, il primo libro dedicato agli Shadowhunters, così tante volte che temo di aver memorizzato il racconto e dimenticato l’esperienza. Quindi quando mi sono seduta per scrivere quest’introduzione ho cercato il più possibile di tornare di nuovo al momento in cui il primo sentore di tutto ciò che sarebbe poi diventato il mondo degli Shadowhunters ha attraversato la mia mente.
Mi ero appena trasferita da Los Angeles a New York, e mi ero innamorata della città. Con la sua storia, la sua energia, la sua vita di giorno e di notte. La mia prima compagna di stanza era un’artista con un grande amore per i manga e gli anime. Mi presentò una sua amica a sua volta artista, Valerie, che lavorava in un negozio di tatuaggi. Un giorno Valerie mi portò al negozio e mi mostrò il suo libro di tattoo flash: era una serie di modelli differentemente forti, scuri, di inchiostro nero, che mi spiegò essere basati su antiche rune.
Le rune non sono altro che lettere nell’alfabeto antico. La più antica testimonianza di legge scandinava, il Codex Runicus, è scritto interamente in rune. Non hanno potere magico, ma c’è qualcosa di decisamente magico, in loro. Sembrano lettere di un alfabeto che esiste solo ai confini della nostra immaginazione: abbastanza familiari per essere lettere, ma sufficientemente sconosciute per risultare misteriose.
Ho sentito che anche quei tatuaggi e gli altri marchi per il corpo erano magici – forse perché io non ne ho nessuno! Nel corso della storia, i tatuaggi sono stati usati per mostrare il proprio status o la bellezza, memorizzare la morte, marchiare i reietti, e – più utile per i miei scopi – per proteggere i loro portatori e dare forza in battaglia. Mentre stavo lì a fissare i design di Valerie per i tatuaggi runici, ho pensato, e se ci fosse una razza di persone su cui questi tatuaggi funzionano in una maniera magica e immediata? E se i loro tatuaggi fossero rune?
Quella è stata la prima volta che ho pensato a quello che poi sarebbe diventato il mondo degli Shadowhunters. Nei mesi successivi i personaggi sono venuti da me: c’erano una ragazza e un ragazzo, separati da qualche fato terribile, e un migliore amico, e uno stregone amante dei party; c’erano vampiri e licantropi, e un malvagio fanatico che voleva epurare il mondo. E c’erano angeli, demoni e altre creature mitologiche.
Gli accademici hanno sempre dibattuto tra loro per decidere quanto effettivamente il folklore differisca dalla mitologia. Io credo in quella generalizzazione che vuole che il folklore tenda a riguardare gli esseri umani o le creature magiche (fate, fantasmi, elfi) che vivono e interagiscono con i mortali, e condividono con loro le esistenze. I miti, d’altro canto, si incentrano essenzialmente su cose lontane dalla mortalità, come ad esempio gli dèi: la storia della caduta di Lucifero è un mito, come il racconto in cui Zeus riceve il tuono dai Ciclopi. Sono cresciuta con l’urban fantasy del 1980, che mischiava creature del folklore, tipo i vampiri e le fate, con la vita di tutti i giorni di ordinari esseri umani. Sono sempre stata attirata dal folklore, ma amo ugualmente i miti, e mentre il mondo degli Shadowhunters prendeva lentamente vita, sapevo che ciò che volevo creare era un universo ibrido, a metà tra la mitologia e il folklore, dove la presenza delle creature sovrannaturali fosse spiegata dall’esistenza di angeli e demoni, Paradiso e Inferno. Inoltre gli Shadowhunters (che vengono chiamati anche Nephilim; il nome si basa sulla storia biblica dei Nephilim, “giganti tra gli uomini”) sono stati creati da un angelo. Le fate erano la progenie di angeli e demoni; gli stregoni i figli dei demoni e degli umani. I racconti folkloristici dei vampiri, dei licantropi, delle fate e delle streghe del nostro mondo valgono anche in quello degli Shadowhunters – è solo che i Nephilim sono gli unici a conoscere la loro discendenza come creature di origine angelica o demoniaca.
Tutto ciò è stato davvero molto divertente da sviluppare, ma sfortunatamente non c’è storia, in questo, solo mondo. La trama, come disse Aristotele, è personaggio determinato dall’azione; niente persone, niente storia. Mi sono messa a elaborare i personaggi: sapevo di volere che la storia fosse incentrata su una ragazza forte, dura, con una vena spericolata e un grande cuore. Clary è nata così. Le volevo dare un migliore amico che fosse sempre lì per lei, dal momento che il romanticismo delle grandi amicizie mi ha sempre affascinata. È arrivato Simon. Ho sempre amato i biondi rudi con un pungente senso dello humor che usano l’umorismo come meccanismo di difesa – ed ecco Jace. La coraggiosa Isabelle, il pensieroso Alec, lo zelante e fuorviato Valentine, Luke, sempre pronto a supportare, e Magnus, saggio e selvaggio: sono tutti arrivati a uno a uno, gradualmente, legandosi tra loro mentre crescevano.
Una delle sfide più grandi, quando scrivi un libro il cui mondo è basato sulle leggende e fa parecchie allusioni a miti con un grande peso emotivo – non a caso il cognome di Valentine, Morgenstern, significa “stella del mattino”; la sua caduta dalla grazia è stata ideata per essere speculare a quella di Lucifero –, è non trascinare tutto a un livello troppo alto, e creare dei personaggi in cui identificarsi. È sempre stata mia intenzione, con Clary, raccontare il viaggio di un eroe classico, un racconto in cui questi riceve la chiamata all’avventura. (Dalla voce di Wikipedia sul monomito: “L’eroe parte da una situazione di banale normalità, poi riceve delle informazioni che lo chiamano a combattere contro l’ignoto”. Infatti gli umani non magici nei libri degli Shadowhunters sono chiamati mondani, termine preso in prestito dai miei amici giocatori, che chiamano così tutto quelli che non giocano a Dungeons and Dragons.) L’eroe confronta una figura paterna, muore e rinasce o si trasforma in altro modo, e raggiunge il suo obiettivo – sempre che la storia non sia una tragedia. La chiamata all’avventura di Clary comincia quando lei arriva a casa e trova un mostro nel suo appartamento, e per sopravvivere deve sconfiggerlo.
Le ossa del monomito resistono perché la storia risuona all’interno di qualche parte speciale del nostro cervello che è impostata per le leggende. E ci sono un numero infinito di modi per mettere carne su quelle ossa; così come ogni uomo ha uno scheletro che sembra simile, ma è completamente diverso all’esterno, il monomito fornisce un quarto per le storie che, una volta completato, non potrebbe essere più diverso. Avevo solo due obiettivi quando ho cominciato a scrivere una storia monomito: di non essere terribile (incrociamo le dita!) e che la storia fosse incentrata intorno a un’eroina, anziché un eroe.
Le caratteristiche degli eroi – incoscienza, coraggio, dedizione a una causa, volontà di sacrificare se stessi, una certa disattenzione – sono di norma caratteristiche che identifichiamo con gli uomini. È stato divertente darle a una ragazza. Clary agisce prima e fa le domande poi; Jace, che serve da eroe secondario, è spesso quello cauto. Quando Jace è il consulente cauto, sai di essere nei guai; e quella, si spera, è la parte divertente.
E divertente è ciò che questi libri sono stati per me, negli scorsi sette anni, da quanto Città di Ossa è stato pubblicato e sono usciti altro otto libri sugli Shadowhunters. Un sacco di divertimento. Sebbene abbia inventato nuovi mondi, da quel giorno, quello degli Shadowhunters mi sarà sempre caro, perché è stato il primo. Sono passati quasi dieci anni da quando mi sono trovata in quel negozio di tatuaggi a East Village e ho pensato a dei guerrieri magici; questa collezione di saggi intelligenti e articolati mi ha riportato a quel momento e a quanto ho amato creare questo mondo. Spero che amerete leggerli tanto quanto me.
[…] autori sul mondo di “The Mortal Instruments”, disponibile solo in lingua originale. La traduzione dell’incipit, che è l’unico capitolo scritto dalla Clare, si può trovare tradotto in italiano sul sito […]
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