Buon pomeriggio, Shadowhunters! Siete pronti per il nuovo racconto su The Last Hours? ;D
Ormai manca relativamente pochissimo all’uscita americana (3 marzo) e italiana (marzo) del libro, e questo mese Cassie ci ha regalato la prima metà di una storia (sì, prima metà: abbiamo chiesto conferma a Cassie, ed effettivamente il racconto terminerà nella newsletter di febbraio) molto interessante.
Soprattutto, pensiamo che aiuti a farsi ancora meglio un’idea del personaggio di Cordelia e della sua famiglia… e non solo!
Buona lettura! ;D Come sempre, fateci sapere che ve n’è parso!
PS: vi ricordiamo che il 3 marzo, oltre a essere la data di uscita US/UK di CoG2, è anche l’anniversario di matrimonio di Will e Tessa. Il che è interessante da ricordare, visto che questo racconto si intitola…
Francia, 1899
A Cordelia Menton non piaceva granché. Avrebbe dovuto apprezzarla, in teoria. Era una graziosa cittadina costiera, un miscuglio di costruzioni rosa e gialle lungo un piccolo porto, perlopiù scalo per barche a vela e qualche imbarcazione da pesca. L’aria era calda e mediterranea, il pesce eccezionalmente fresco e riusciva a vedere l’Italia attraverso la finestra della sua stanza, dall’altra parte rispetto al porto.
Erano andati lì per giovare alla salute di suo padre – del resto, si erano mai spostati per altri motivi? –, e Cordelia riusciva a capire perché Menton fosse conosciuta come una destinazione dalle proprietà curative per i malati e gli anziani. In effetti, suo padre si era rimesso in sesto da quando erano arrivati un paio di settimane prima, e stava vivendo un periodo di buonumore: era disposto a ballare con lei nel salotto, e riusciva persino a strappare un sorriso ad Alastair di quando in quando. Cordelia aveva sentito sua madre dire a suo padre che Alastair stava passando un’adolescenza turbolenta. Sperava che, una volta raggiunta l’età del fratello, avrebbe mantenuto la sua compostezza un po’ meglio di lui.
Ma il fascino di Menton era svanito alla svelta, per lei. La sua popolarità tra i malati e gli anziani stava a significare che la popolazione della cittadina era composta da un’alta percentuale di entrambi e, sebbene Cordelia augurasse a tutte e due le categorie il meglio, non le offrivano granché in termini di compagni di gioco, e neanche di adulti interessati a conversare con una ragazzina che parlava francese come terza lingua, e non benissimo. La spiaggia non era fatta di sabbia, ma di grossi sassi rotondi – Cordelia non aveva mai sentito parlare di nulla di simile: una spiaggia di rocce, molto scomode sotto i piedi nudi, poco piacevoli su cui stendersi e che non davano la possibilità di costruire castelli o scavare fossi.
Peggio ancora, i suoi genitori continuavano a essere asociali come al solito, e non facevano sforzi per mettersi in comunicazione con la comunità Shadowhunters del luogo (l’Istituto più vicino era quello di Marsiglia). E quindi Cordelia era tutta sola. A volte era da sola insieme ad Alastair, ma lui perlopiù la ignorava, e in ogni caso dopo una settimana erano entrambi puntualmente stanchi di stare solo in compagnia l’uno dell’altro.
L’unica fonte di conforto era la consapevolezza che anche questo sarebbe passato – la famiglia Carstairs di spostava di continuo, ossessivamente, per favorire la salute di suo padre. Cordelia non riusciva mai a capire la logica dietro a questa scelta, ma concordava che valesse la pena di provare qualunque cosa per il benessere del padre. In questo caso, quella consapevolezza un po’ era un sollievo. Sapeva che non sarebbero rimasti a Menton per più di qualche mese.
Secondo lei, era per questo che stava sempre così sola. La sua famiglia non era mai rimasta in un posto abbastanza a lungo da permetterle di incontrare qualcuno della sua età, figurarsi per fare amicizia. Gli unici veri amici che aveva al mondo erano Lucie e James Herondale, e solo perché, Cordelia questo lo sapeva bene, Will e Tessa Herondale si erano sempre impegnati tantissimo per assicurarsi che i loro bambini incontrassero la Carstairs più giovane. Era comunque un piacere molto raro vederli, perché gli Herondale erano a capo dell’Istituto di Londra, e dunque si trovavano generalmente a Londra e talvolta a Idris, mentre Cordelia e la sua famiglia erano in qualunque punto sulla mappa.
Ma anche stavolta gli Herondale erano venuti a salvarla, in questo caso sotto forma della lettera che suo padre stava leggendo ad alta voce al tavolo della colazione.
“‘Buongiorno, Elias e Sona’ – dico io, come faceva a sapere a che ora l’avremmo letta, quell’uomo è matto da legare…”
“Però è vero che la stiamo leggendo di mattina,” replicò Cordelia. Suo padre le rivolse un sorriso indulgente e ricominciò a leggere.
“‘Qui a Londra è un giorno importante, e spero che lo sarà anche a Parigi tra sei settimane, quando io e Tessa festeggeremo il nostro diciannovesimo anniversario di matrimonio. Dal momento che non è usanza di nessuna cultura nota darsi un gran da fare per un diciannovesimo anniversario di matrimonio, abbiamo deciso di organizzare una festa enorme.’”
“Un ballo!” urlò Cordelia, ma una preoccupazione la tormentava. I suoi genitori avrebbero partecipato a un evento simile? Suo padre stava guardando la lettera con un’espressione corrucciata, ma forse era solo perché si stava sforzando di vedere meglio le parole senza gli occhiali.
“Non è un ballo,” ribatté Alastair, che si era fermato mentre scendeva le scale per ascoltare il discorso.
“‘Un ballo, se vogliamo,’” continuò a leggere il padre. “Brava, Cordelia.”
Cordelia fece la linguaccia ad Alastair.
“‘Saremmo davvero felici se voi e i vostri figli voleste unirvi a noi… se voleste farci la gioia di rispondere…’, eccetera, eccetera…” Suo padre diede una scorsa alla lettera. “E poi ci sono la data, l’indirizzo e tutto il resto.”
“La lettera è partita bene, ma è finita in modo piuttosto anticlimatico,” commentò Alastair.
“Possiamo andare?” chiese Cordelia con fare impaziente. “Possiamo, per favore? Mi piacerebbe così tanto vedere Lucie e James. E magari potrei anche incontrare alcune delle persone di cui parla Lucie nelle sue lettere!”
“A me piacerebbe incontrare una qualunque persona diversa da voi,” disse gentilmente Alastair. “Senza offesa.”
“Alastair!” lo rimproverò Sona, ma Cordelia non avrebbe permesso ad Alastair di distogliere l’attenzione di tutti dal punto principale. Raddoppiò i suoi sforzi in direzione del padre.
“Papà, possiamo andare, per favore? Ti sei ripreso così bene, di certo un viaggio di appena qualche giorno sarà possibile. Non vuoi che la società degli Shadowhunters veda quanto stai bene?”
“Mm,” rispose suo padre. Lanciò un’occhiata a sua madre, che la ricambiò. Si scambiarono una serie incomprensibile di sguardi.
“Se pensi che sia una buona idea,” disse Sona a Elias. Il padre rivolse a Cordelia una lunga occhiata. Lei si sforzò di incontrare lo sguardo del fratello, ma Alastair si era voltato e aveva uno sguardo di disgusto; espressione per lui tipica, di recente.
“Credo che potremmo concederci un viaggio in treno e qualche giorno a Parigi,” concesse il padre. “Adoro quella città.”
Cordelia lo circondò con le braccia. “Grazie, grazie, grazie.”
*
Cordelia trascorse le successive settimane in uno stato di timore costante. Non osava ricordare ai genitori del viaggio imminente per paura che, dopotutto, avessero deciso di cancellarlo e non presentarsi. Era già capitato in passato, ma mai prima di un evento a cui Cordelia teneva davvero tanto.
Quando l’evento era a solo qualche giorno di distanza, però, suo padre portò con sé gli orari del treno Calais-Méditerranée Express a colazione. I biglietti vennero acquistati, le borse fatte, eppure Cordelia fu a stento in grado di crederci mentre entrava, la sera prima della festa, nella stazione di Parigi Nord su un elegante vagone blu, con le mani strette forte in grembo per l’ansia: Parigi, finalmente era a Parigi! Avrebbe incontrato la sua futura parabatai, il fratello di lei e la crema della società degli Shadowhunters, e l’avrebbe fatto a Parigi.
Il giorno successivo si ritrovò a osservarsi in uno specchio a figura intera nelle loro stanze all’Hôtel Continental in Rue de Rivoli, e a chiedersi se fosse davvero la stessa ragazza che se ne era stata miseramente a struggersi qualche giorno prima. Sua madre l’aveva aiutata a scegliere il vestito, una creazione leggera di seta e merletti color limone. Cordelia non era del tutto certa che le donasse, ma l’abito era molto elegante.
Persino Alastair la guardò con qualcosa di simile all’ammirazione mentre entrava a prendere i suoi guanti. “Hai un aspetto sorprendentemente maturo,” le disse. Cordelia pensò che per Alastair si trattava probabilmente dell’equivalente di uno svenimento completo. Dal canto suo, il fratello stava chiaramente puntando a sua volta al “maturo”, perché indossava una giacca marrone a cui aveva abbottonato un solo bottone e si era azzardato ad applicare uno strato di brillantina tra i capelli neri; Cordelia doveva riconoscerlo, glieli faceva splendere in maniera interessante.
“Hai l’aria di uno che cercherà di impressionare qualche persona alla festa,” lo stuzzicò. “Qualcuno in particolare?”
“Chiunque,” rispose Alastair storcendo il naso. “Chiunque che sia qualcuno.”
Cordelia alzò gli occhi al cielo.
Suo padre era di ottimo umore, quando poco dopo entrarono nella carrozza, ridendo e scherzando. Sua madre se ne stava in silenzio, guardando il marito con un sorriso e un’espressione contemplativa, ed è così che rimasero per tutto il tragitto fino all’Istituto di Parigi.
*
Cordelia aveva allenato il suo francese e, quando l’imponente figura di Madame Bellefleur li salutò davanti all’ingresso dell’Istituto con un paragrafo in rapida successione di entusiasmo e domande, lei capì tutto: benvenuti, come era stato il loro viaggio, non faceva tremendamente freddo quella sera? Iniziò a pensare a una risposta, e scoprì che la capacità di parlare in francese aveva abbandonato il suo cervello in quell’esatto istante.
Il francese di suo padre era fluente ed esperto, però, e Cordelia provò una piccola scarica di orgoglio mentre lui diceva: “Madame Bellefleur, carissima! Sei bella come sempre, Odile. Ma cosa ti è successo, se sei finita così in basso da gestire tu la porta?”
Madame Bellefleur rise, una risata di cuore che la rese subito simpatica a Cordelia. “Ho mandato via la cameriera perché si diverta. Mi piace rispondere alla porta, Elias – sarà anche la festa degli Herondale, ma è il mio Istituto.”
All’interno Cordelia si allontanò dai suoi genitori non appena le fu possibile e andò in cerca dei suoi amici. Le ci vollero in tutto cinque minuti per perdersi irrimediabilmente. A differenza di qualunque altro Istituto avesse visitato in precedenza, questo era strutturato come una serie labirintica di saloni interconnessi. Ognuno somigliava parecchio al precedente, ed era affollato da tantissimi adulti che Cordelia non conosceva, e che nella maggior parte dei casi parlavano in un francese molto rapido. Non era ancora riuscita a vedere neanche un Herondale, e il clangore e il chiacchiericcio degli ospiti iniziavano a farla sentire meno come una giovane sofisticata a un ballo e più come una bambina che aveva perso la mamma al mercato.
Dal nulla giunse un turbinio di sottogonne, che si rivelarono felicemente Lucie Herondale: la ragazza si gettò tra le braccia di Cordelia con molta forza e un urlo di gioia. “Cordelia, Cordelia, devi venire con me, Christopher sta per insegnarci come mangiare il fuoco!”
“Come, scusa?” rispose Cordelia con educazione, ma Lucie la stava già tirando verso la porta del salotto successivo. “Chi è Christopher?”
“Christopher Lightwood, ovviamente. Mio cugino. Ha visto un uomo mangiare il fuoco a Covent Garden e detto di aver capito come replicarlo. È molto scientifico, Christopher.” L’avanzata di Lucie venne interrotta, e Cordelia alzò lo sguardo, trovandosi davanti una ragazza più grande di loro, alta e magra, con i capelli scuri intrecciati sulla testa e un aspetto straordinario. Indossava un abito di pizzo blu senza troppo entusiasmo. Stava guardando Lucie con le sopracciglia inarcate. “E questa è sua sorella Anna,” continuò Lucie, come se avesse progettato quell’incontro.
“Christopher non mangerà alcun fuoco,” disse Anna, “o, in effetti, nulla che non siano tartine, stasera.”
Lucie esclamò: “Anna, questa è Cordelia Carstairs; sarà la mia parabatai.” Cordelia provò un’ondata di affetto per la sua amica – si era sentita tanto sola per un mucchio di tempo, ma in realtà non lo era davvero. Un giorno avrebbe avuto una parabatai; lei e Lucie non sarebbero mai più state totalmente sole. O comunque era così che aveva interpretato ciò che avrebbero sentito.
In ogni caso, Anna si limitò a inarcare un sopracciglio. “Non se Christopher darà fuoco all’Istituto.” Voltò il suo sguardo penetrante verso Cordelia. “Carstairs?” chiese, curiosa. “Quale Carstairs?”
Cordelia sapeva cosa questo significasse. Sorrise ad Anna. “Jem Carstairs è mio cugino. Lo conosco davvero pochissimo, però, per sfortuna.” Jem, che era stato il parabatai del padre di Lucie, aveva un passato lungo e tragico, conclusosi con il suo ingresso tra i Fratelli Silenti. Adesso era diventato Fratello Zaccaria.
Lui ci sarebbe stato, lì alla festa? Era strano immaginare in mezzo a tutte quelle conversazioni frizzanti e piene di risate e al tintinnare dei bicchieri una figura silente vestita di una tunica color pergamena che vagabondava in giro. Ma perché non avrebbe dovuto esserci? Lucie parlava continuamente di lui. Cordelia provò un piccolo brivido all’idea di incontrarlo di nuovo – di entusiasmo, ma anche di preoccupazione.
“Tutti i Carstairs sono i benvenuti,” disse Anna ricambiando con fare disinvolto il sorriso. “E ovviamente la parabatai di Lucie è sostanzialmente un membro della famiglia. A tal proposito.” Si rivolse di nuovo a Lucie. “Non incoraggiare Christopher, Lucie. Sai com’è fatto.”
“L’idea non è stata mia!” protestò Lucie. “È stata colpa di Matthew. Sapete com’è fatto lui.”
“Io no,” rispose gentilmente Cordelia.
Lucie le rivolse un’occhiata orripilata. “Oddio, che razza di padrona di casa sono? La mia migliore amica al mondo è qui, e io ancora non ti ho presentata a tutti! Anna, dobbiamo andare.” Si protese verso la mano di Cordelia.
“È stato un vero piacere conoscerti,” disse Cordelia ad Anna.
Anna inclinò il bicchiere in direzione di Cordelia con un piccolo sorriso. “Anche per me.”
“Va bene,” spiegò Lucie mentre trascinava Cordelia in un altro salotto ancora. “Matthew è Matthew Fairchild, è il figlio del Console, ma non preoccuparti, è un tipo a posto e questo non lo rende tutto pieno di sé, e comunque zia Charlotte e zio Henry gestivano l’Istituto di Londra quando il mio papà era giovane – viveva lì, sai – e in verità sono proprio lì, ciao, zia Charlotte!” Lucie agitò follemente la mano per salutarla.
Cordelia seguì il suo sguardo e vide immediatamente Charlotte Fairchild – persino una persona con una carenza di rapporti sociali come lei era in grado di riconoscere il Console –, che stava dicendo qualcosa di molto serio in mezzo a un gruppo di persone dall’aria ugualmente seria, e che non notò il saluto di Lucie. Era buffo; Charlotte era minuscola, simile a un uccellino, e tutti gli uomini che la circondavano le torreggiavano sopra, ma aveva una presenza tale da dominare comunque la stanza. Cordelia si disse che era un modo di essere davvero ammirevole.
Accanto a Charlotte c’era un uomo dai capelli rossi in sedia a rotelle, che notò il saluto di Lucie e ricambiò con altrettanta foga, sorridendo. Henry Fairchild. Era troppo lontano per parlargli, ma Lucie indicò Cordelia e sollevò le sopracciglia. Lui alzò le mani in aria e fece un’esclamazione di gioia, e anche Cordelia lo salutò, ma con meno grinta degli altri.
“Quello con loro è Matthew?” chiese a Lucie. “Il ragazzo alto con i capelli di suo padre?”
Lucie emise una risata nasale. “Oh, no! Matthew si offenderebbe tantissimo. Quello è suo fratello maggiore, Charles. Lui è, beh…”
“Cosa?” chiese Cordelia.
“Un po’ noioso.” Lucie ebbe la buona decenza di sembrare imbarazzata da quell’ammissione. “Si interessa moltissimo alla politica e alle faccende degli Shadowhunters e ad altre cose del genere, e ci tratta tutti come se fossimo bambini.”
“Ma noi siamo bambini.”
“Sì, e lo è anche lui!” esclamò con impazienza Lucie. “Ma non lo diresti, visto il modo in cui si comporta.” Sospirò. “Però diciamo che è una brava persona. Prossimo salotto!”
Con rapidità, Lucie le mostrò le altre persone che pensava che fosse importante per lei conoscere. Sua zia Cecily e suo zio Gabriel – si scoprì che Gabriel era nel gruppo intorno a Charlotte –, che erano i genitori di Anna e Christopher. Sua zia Sophie, che un tempo aveva lavorato all’Istituto come mondana e poi era Ascesa e aveva sposato il fratello di Gabriel, Gideon.
Gideon, le spiegò Lucie, non si trovava lì con loro perché Thomas – oh, era un vero peccato che Cordelia non avrebbe incontrato Thomas, anche perché Thomas avrebbe impedito a Christopher di avvicinarsi a un fuoco per mangiarlo, se avesse potuto evitarlo, ma purtroppo si era rotto la gamba, e quindi Gideon era rimasto a casa con lui. “Ci sono anche le ragazze più grandi,” continuò Lucie con fare cupo. “Barbara ed Eugenia. Ma non sono granché come noi. Non sono neanche presenti; avevano altro da fare stanotte. Puoi crederci?”
Cordelia non sapeva con certezza se dovesse o meno crederci, non avendo mai incontrato nessuna delle due, quindi si limitò a scuotere la testa con fare comprensivo.
“Lucie!” Una donna con un mucchio di riccioli scarlatti si stava avvicinando a loro a gran velocità. “Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti con l’argenteria. Congratulazioni, ragazza, sei assunta.”
“Bridget,” protestò Lucie. “Bridget un tempo era la mia tata, quando ero abbastanza piccola da averne una,” spiegò a Cordelia.
“E adesso continuerai a ripagarmi per la mia gentilezza nei tuoi confronti,” disse Bridget bruscamente, “tirando fuori l’argenteria. Vieni.”
“Posso aiutarvi,” si offrì Cordelia.
Bridget sembrava offesa. “Non permetterò che un ospite lavori durante la festa. Questa qui ha l’ha organizzata.” Si trascinò via Lucie, che lanciò a Cordelia una supplicante occhiata di scuse mentre svaniva tra la folla.
In questo modo Cordelia si ritrovò di nuovo a vagabondare senza meta. Forse, si disse, sarebbe potuta tornare a chiacchierare ancora un po’ con Anna, che era stata così gentile. O forse avrebbe cercato la sua famiglia e visto come se la stavano cavando.
Ma dov’era la sua famiglia? Dopo qualche minuto di vagabondaggio notò sua madre, che sembrava insolitamente nel suo elemento e raccontava con fare animato una qualche storia a un pubblico ammaliato. Non le riusciva di trovare suo padre o Alastair da nessuna parte, però. Chiaramente era una festa molto grande, ma si era aspettata di scorgere il padre al fianco della madre o, se no, impegnato ad affascinare una folla tutta sua. Cordelia aveva capito che, dopo di lei, era stato lui il più emozionato all’idea di andare alla festa. Quindi dove era finito?
Forse, pensò, era sgattaiolato in libreria. Lei stessa voleva andare a dare un’occhiata alla libreria dell’Istituto, dopotutto. Riuscì a usare abbastanza francese da chiedere a un membro del personale le indicazioni per raggiungerla. Bisognava scendere una scala a spirale di ferro, e Cordelia si concesse di sentirsi come una principessa che discende da una torre.
La libreria aveva soffitti tremendamente alti, che la rendevano ariosa, ma sul pavimento era piena zeppa di librerie antiche e di un legno pesante, tutti cariche così fittamente di libri da essersi piegate sotto al peso, ed era sorprendente che non fossero già crollate. Cordelia amò immediatamente quel luogo. Era fatiscente, nel modo più bello possibile. La luce era calda e arancione, e dei granelli di polvere ci galleggiavano dentro. Odorava piacevolmente di muschio e carta vecchia, e qui e là c’erano delle sedie fatte di una pelle rossa crepata, pesantemente invecchiata e macchiata.
Dall’altra parte della stanza c’era effettivamente una figura seduta sul davanzale e raggomitolata con un libro, ma chiaramente non si trattava di suo padre. Mentre Cordelia si avvicinava, la figura dai capelli scuri alzò la testa per osservarla, e lei capì: era James Herondale.
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