Buon pomeriggio, carissimi Shadowhunters! Pronti a un nuovo racconto sui personaggi di The Last Hours? ;D
Quest’oggi, causa problemi col mio pc (che hanno rallentato un po’ tutte le nostre attività… in primis il giveaway, che è ancora previsto e comincerà a breve), stiamo provando a caricare il racconto con il tablet: qualora dovessero esserci problemi di visualizzazione, dunque, sappiate che rimedieremo quanto prima. XD
La protagonista di questa nuova storia è la piccola Lucie Herondale… ma insieme a lei c’è anche Jessamine. ;P Curiosi? Fateci sapere che ve n’è parso!
LONDRA, 1897
“Ci sono tanti tipi di fantasmi,” stava dicendo Jessamine, “ma tendono ad appartenere tutti a tre categorie principali. Hai perlopiù conosciuto fantasmi come me, gentili, bellissimi e con personalità meravigliose.”
A Lucie quasi scappò una risatina nasale, ma per fortuna Jessamine non parve accorgersene. Si trovavano nel cortile dell’Istituto, dove Lucie era andata per giocare ed evitare i suoi familiari. Woolsey Scott sarebbe venuto a trovarli per il tè, e tutti loro erano impegnati a mettere in ordine e riporre l’argenteria – a cui lui, come tutti i licantropi, era allergico. Lucie non aveva particolari problemi con Woolsey Scott, se non per il fatto che, al pari di quasi tutti gli adulti che visitavano l’Istituto, era tremendamente noioso, e pure perché, ogni volta che la guardava, le dava la sensazione di starla giudicando per il suo aspetto trasandato e per le sue dita sporche di inchiostro. Di conseguenza, Lucie se l’era svignata in giardino per giocare e, dal momento che nessuno era venuto a recuperarla, aveva deciso di essere al sicuro.
Forse avevano tutti pensato che il temporale in arrivo l’avrebbe spinta a rientrare. Il cielo era pieno di nuvole plumbee e, sebbene la pioggia per il momento non fosse ancora iniziata, l’aria aveva il particolare odore di quando è ormai inevitabile.
Lucie aveva inventato un gioco collegato alla storia su cui stava lavorando di recente. La protagonista era una giovane di buona famiglia che era stata costretta a diventare una regina dei pirati per salvare i suoi genitori rapiti, e che aveva scoperto di esserci parecchio portata. Lucie correva in giro per il giardino, serpeggiando tra i cespugli mentre fingeva di essere lei stessa la regina dei pirati, i cui marinai avevano organizzato un ammutinamento. Per riuscirci era fondamentale assumere un’espressione profondamente afflitta, estremamente tragica, e poi ruotare alla svelta su se stessa, affondando con il bastone che stava utilizzando come spada.
Si era interrotta per decidere se la regina dei pirati dovesse indossare una maschera d’argento o tutta nera quando Jessamine, il fantasma che risiedeva all’Istituto, era venuta giù da una delle finestre del piano superiore come un foglio strappato che cade sospinto dalla brezza. Lucie conosceva Jessamine da tutta la vita, e sapeva che Jessamine era stata un’amica dei suo genitori, da viva, sebbene nessuno di loro le avesse mai raccontato la storia completa. Lucie la considerava perlopiù parte del mobilio, una presenza fluttuante che si accontentava di vagare tra i corridoi dell’Istituto e che di quando in quando criticava il nuovo arredamento moderno dell’edificio, oppure le scelte di vestiario di suo padre.
“Ciao, Jessamine,” le disse Lucie. Era delusa; si stava divertendo con quel suo gioco. Si augurò di riuscire a ricordare tutti i dettagli sulla regina dei pirati e l’ammutinamento, in modo da poterli trascrivere una volta rientrata.
“Lucie,” esclamò Jessamine, “credo sia ora di parlarti dei fantasmi.”
“Adesso?” le chiese Lucie, amareggiata.
Jessamine alzò gli occhi verso il cielo. “È il tempo perfetto per i fantasmi,” le fece notare. “Ora, ascoltami.
“Alcuni fantasmi restano tra i vivi perché ci sono faccende irrisolte a trattenerli. Altri vogliono proteggere le persone che amano. E altri ancora rimangono qui per via dell’odio, della cattiveria, dell’amarezza.” Scompigliò i capelli di Lucie; a lei diede la sensazione che una brezza la stesse accarezzando. “Devi imparare a ignorare quel tipo di fantasmi. Allontanati da loro. Si cibano della tua paura. Se non li temi, non possono farti nulla.”
“Me lo ricorderò,” mormorò Lucie in risposta.
Jessamine inclinò la testa di lato, osservandola. “Assicurati che sia così,” le disse, e poi sparì con la stessa velocità con cui era comparsa.
Lucie supponeva che Jessamine fosse diventata un fantasma per difendere le persone a cui teneva, ma era comunque parecchio strana. Un po’ più esitante, se ne tornò a giocare. In lontananza si avvertì un suono che avrebbe potuto essere sia un tuono che il semplice trambusto di Londra.
Il gioco la trascinò fuori dal cortile dell’Istituto, appena un po’ lungo la strada. In giro non c’era quasi nessuno; a un tratto però Lucie si voltò per affrontare un nostromo che si era finto fedele a lei, pur essendo in realtà al servizio del ribelle primo ufficiale, e quasi pugnalò una persona reale. Sussultò e fece un passo all’indietro. “Mi dispiace tantissimo!” esclamò. “Non mi ero resa conto che foste lì.”
La donna che le stava di fronte indossava un abito vittoriano color grigio scuro, che la faceva assomigliare a un’insegnante d’altri tempi. Aveva un viso smunto, pallido e appuntito, con i capelli scarmigliati.
Lucie attese, a disagio, incerta sul cosa dire. Sarebbe dovuta rimanere entro i confini dell’Istituto, dove gli incantesimi avrebbero fatto in modo che non si imbattesse inaspettatamente in dei mondani. La donna la stava studiando, e Lucie si domandò se quella fosse davvero una mondana. Ma non portava alcuna runa, quindi di certo non faceva parte degli Shadowhunters. Magari era una Nascosta? Però non mostrava nessuno dei segni delle fate, delle streghe o delle licantrope e, benché fosse molto pallida, se ne stava in giro alla luce del sole, quindi non poteva far parte dei vampiri.
“Devo domandarti una cosa, bambina.” La voce della donna era roca, come se non avesse parlato per moltissimo tempo. “I tuoi genitori sono forse in cerca di una governante? Perché io sono una governante eccellente.”
Le porse un foglio – con le sue credenziali, forse, ma a colpire l’attenzione di Lucie fu la sua mano.
Non era più coperta dal guanto. Adesso pareva quella di uno scheletro, con ossa bianche come neve. Dalle punte delle sue dita colava del sangue rosso scuro, che andava a inzuppare il foglio.
Lucie arretrò di un passo, col fiato che le restava bloccato in gola. “Siete un fantasma,” le disse, quasi senza volerlo. Ma non le era mai capitato che un fantasma le si avvicinasse così in mezzo alla strada, e sicuramente non era mai successo con uno spirito dalle mani di scheletro. Tornò a guardare il volto del fantasma. Era scarno, leggermente distorto, e le dava i brividi. “Non potete ingannarmi,” esclamò, cercando di suonare coraggiosa. “Riesco a vedervi per ciò che siete davvero.”
“Che ragazzina intelligente.” La voce rauca del fantasma prese una nota sgradevole. “Non mi piacciono le ragazzine intelligenti. Un tempo badavo a sei di loro. Mi facevano i dispetti, mi schernivano. Poi, una notte, sono entrata nelle loro stanze e le ho pugnalate tutte, a una a una, dritto in quei loro piccoli cuori intelligenti.”
A Lucie si gelò il sangue nelle vene. Il fantasma allungò una mano verso di lei, come se volesse toccarle il cuore, e Lucie si voltò e corse a tutta velocità verso casa. Le tornò in mente ciò che le aveva detto Jessamine, ma come poteva non provare paura? Riusciva a sentire la presenza del fantasma alle sue spalle, una sorta di formicolio alla nuca. Aveva appena raggiunto il cancello quando inciampò su una pietra allentata e cadde, sbucciandosi il ginocchio contro il sentiero.
Il fantasma le si librò davanti, protendendosi come per aiutarla ad alzarsi. “Potresti diventare la mia nuova pupilla…”
Lucie si dimenò per allontanarsi. “Smettetela! Statemi lontana!”
Sorprendentemente, il fantasma balzò all’indietro con aria confusa. Forse le ragazzine in genere non le strillavano contro. Lucie era sul punto di gridare per chiedere aiuto, ma l’aiuto era già arrivato.
Jessamine piombò giù dal cielo e si frappose tra Lucie e la donna. Ma questa era una Jessamine che Luce non aveva mai visto: un angelo vendicatore, che incombeva su di lei e sul fantasma con un furia gelida sul volto. Lucie sobbalzò per lo stupore mentre Jessamine sollevava le mani, come se fosse sul punto di lanciare un qualche incantesimo terrificante.
“No,” si lamentò la donna fantasma, con la bocca che le si spalancava in maniera terribile, mettendo in mostra una caverna di oscurità. “Non sapevo che questa fosse protetta. Non sapevo…”
“Te ne andrai di qui,” le ordinò Jessamine, e persino la sua voce suonava diversa, profonda e selvaggia, come il frangersi delle onde. “Te ne andrai da questo luogo, spettro scellerato!”
Il fantasma indietreggiò per un istante, e poi sparì nel nulla.
Lucie giaceva sul sentiero del giardino e guardava Jessamine, che era tornata delle sue normali dimensioni. “Chiudi la bocca, Lucie, o ti verranno le rughe. Su, andiamo.” Era di nuovo quella di sempre, graziosa, solenne e distante.
“Grazie,” le disse con un filo di voce Lucie.
“Fai attenzione,” le raccomandò Jessamine, seria. “E ricorda ciò che ti ho detto. Non c’è solo un tipo di fantasma.” Si sollevò di nuovo in aria e scomparve.
Lucie continuò a ricordare a questa lezione a lungo. Non biasimò mai Jessamine per non aver saputo dell’esistenza di un altro quarto di spettro. Se anche ne fosse stata a conoscenza, non avrebbe comunque potuto prepararla al fatto che incontrare lui avrebbe cambiato la sua vita per sempre.
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