Buon pomeriggio, Shadowhunters!
Quest’oggi è il compleanno della nostra Cassie – e noi di Shadowhunters.it abbiamo deciso di festeggiare condividendo la nostra traduzione di “Fever”, scena bonus inclusa nell’edizione Waterstones de “La Catena di Ferro”.
Il racconto è un lungo flashback, che ci mostra come ha vissuto Cordelia la febbre bollente di James. Non presenta particolari spoiler neanche per i lettori che non hanno mai letto “La Catena d’Oro” – quindi leggetelo pure senza problemi! 🙂
Fateci sapere che ve n’è parso. Buona lettura!
In verità, Cordelia non si era aspettata di trascorrere poi molto tempo insieme a James Herondale, quando lui e Lucie erano arrivati a Cirenworth Hall per trascorrere lì qualche settimana senza i genitori, impegnati ad Alicante per via di alcuni affari molto noiosi o qualcosa del genere. Era passato un po’ dall’ultima volta che li aveva incontrati, e Cordelia era particolarmente ansiosa di riprendere il suo addestramento parabatai insieme a Lucie. Adesso aveva abbastanza forza nelle braccia da far fare a Cortana uno slancio completo; non vedeva l’ora di sfoggiarlo, e di scoprire come stesse procedendo l’allenamento con la spada di Lucie dalla loro ultima visita.
Non che non le andasse di passare del tempo con James. Le andava. Anche più di quanto le sarebbe andato uno o due anni prima; un sentimento che non aveva davvero voglia di esaminare troppo da vicino. Solo che Cordelia era una ragazza pratica. Voleva mantenere le sue aspettative realistiche. Lucie era, del resto, la sua migliore amica, e avrebbe monopolizzato il suo tempo. Mentre James aveva appena terminato un anno all’Accademia degli Shadowhunters. Se il comportamento di Alastair – che al momento si trovava a Idris insieme al suo amico Augustus Pounceby – poteva essere considerato un giusto termine di paragone, James sarebbe stato decisamente troppo sofisticato e di mondo per passare il tempo insieme alla sorellina e all’amichetta di lei.
E in effetti, quando i due erano arrivati, James le era parso più riluttante di quanto fosse mai stato – il sorriso che le rivolgeva era genuino, ma teso, e quando Cordelia aveva citato il loro ultimo incontro a Parigi, lui le aveva semplicemente rivolto un’occhiata pensierosa e un cenno di assenso. Cordelia era stata certa di aver avuto ragione, finché i due Herondale non erano stati accompagnati nelle loro stanze e James si era scusato con tutti i presenti, dicendo che si sentiva stanco per il viaggio e pensava di limitarsi a leggere un po’ fino a ora di cena. A quel punto, Lucie aveva trascinato Cordelia nella sua camera e le aveva detto, con fare distrutto: “James è stato espulso dall’Accademia. Non dire nulla”.
Cordelia rimase in silenzio. Dopo circa trenta secondi, Lucie esplose in un: “Beh?”
“Mi hai chiesto di non dire nulla,” le fece notare Cordelia.
“A James,” precisò Lucie, esasperata. “Non dire nulla a riguardo a James! È tremendamente mortificato per tutta la faccenda. Ecco perché è così silenzioso. Ci rimugina su, sai.”
Cordelia faticava a trovare le parole giuste. “Espulso? Per quale motivo?”
Lucie agitò le braccia. “Non conosco tutta la storia. Sembra che lui, i nostri cugini – Thomas e Christopher – e Matthew Fairchild si siano messi in un qualche guaio terribile. Hanno tutti lasciato l’Accademia, a parte Thomas. E James non vuole parlarne. Ma sembra di certo che fosse al centro dello scandalo,” aggiunse, socchiudendo gli occhi con fare sospettoso.
“Il figlio del Console?” domandò Cordelia. “Cielo.”
“La faccenda è incredibilmente succosa,” proseguì Lucie, agitata, “ma non ne parleranno mai con noi due. Ho solo un anno in meno di James – è ridicolo. Però non è questo il punto. Il punto è che dobbiamo essere entrambe gentili con James.”
“Non avevo intenzione di essere crudele con lui,” rispose Cordelia con dolcezza. “E supponevo che il punto per noi fosse scoprire tutta la storia.”
Lucie sembrava in imbarazzo. “La mia intenzione sarebbe quella, in genere. Ma James ha un’aria così scoraggiata che non ho la forza di scavare in questo mistero. No, dobbiamo lasciarlo in pace. Si sente agitato, e non lo aiuterebbe di certo avere la sensazione che qualcuno lo stia osservando.”
“Non mi è parso agitato,” ribatté Cordelia. “Al contrario, sembrava… spento. Non sarebbe meglio se gli dicessimo qualcosa, perché sappia che ci piace ancora, a prescindere da qualunque cosa sia successa?”
“È agitato dentro,” chiarì Lucie. “E no, non penso che dovremmo avvicinarlo. Conosco James. Quando è turbato come adesso, diventa come quei cavalli che non vogliono che gli venga toccata la testa. Dobbiamo aspettare che venga lui da noi, quando se la sentirà.”
“Povero James.”
Lucie annuì con forte affetto. “Dobbiamo essere forti per lui. Povera paperella.”
Cirenworth non incontrava i gusti di tutti, ma Cordelia aveva sempre pensato che fosse un’abitazione bellissima, quando il cielo era terso e i fiori sbocciavano nella valle inverdita sottostante. Per sfortuna, durante la visita di Lucie e James non smise per un attimo di piovere, il che diede alla tenuta l’aria fredda e grigia di un terreno paludoso. Cordelia aveva temuto che questo potesse rovinare il tempo che passava con Lucie, ma tutta quell’acqua sembrava solo spingere la sua amica a guardare la casa con occhi più romantici, e non la scoraggiava per niente. Si allenavano insieme con grande entusiasmo, talvolta sul lei tai che il padre di Cordelia aveva ricavato in una delle sale da ballo, altre dando il via a sedute di combattimento improvvise ovunque si trovassero. (Per questo motivo, Cordelia si ritrovava spesso nei guai con sua madre; provò a farle presente che in genere si trattava di idee di Lucie, ma Sona ribatté a sua volta che la casa era di Cordelia.) Uscivano con gli stivali di gomma per raccogliere le more sotto la pioggia. Lucie riuscì a catturare un fringuello, e lo mise in una gabbietta di ferro trovata nel capanno in giardino; l’uccellino cinguettava con foga sia di giorno che di notte, finché poi, qualche giorno dopo, Lucie non lo lasciò andare con fare drammatico.
Era davvero bellissimo stare insieme a Lucie, ma Cordelia si ritrovò a desiderare che James trascorresse del tempo con loro. Questo, ovviamente, solo perché era preoccupata per il suo benessere. Era suo amico, e Cordelia voleva che fosse felice; il fatto che James avesse dei folti e adorabili capelli scuri e occhi del colore dell’oro antico non c’entrava niente.
Però lui se ne stava rintanato, giorno dopo giorno, in salotto con una pila di libri, e l’unico segno di attività che lo circondava era Risa che rimuoveva con frequenza le teiere vuote, per poi sostituirle con altre piene. Lucie pareva certa che James volesse essere lasciato in pace, e Cordelia si trovò costretta ad ammettere che il suo atteggiamento supportava quella teoria.
Dopo poco più di una settimana trascorsa così, in quella che ormai sembrava una routine familiare, Lucie annunciò di punto in bianco che James quella mattina si sarebbe allenato con loro.
“Pensavo che lo stessimo lasciando da solo,” ribatté Cordelia.
“Avevo detto che avremmo dovuto aspettare che si avvicinasse a noi, come un fringuello,” precisò Lucie. “E questo è l’equivalente.”
Nella stanza d’addestramento giallo zafferano, Cordelia e Lucie ripassarono una serie di posizioni e figure fondamentali. Erano passati solo pochi mesi da quando Cordelia aveva cominciato a brandire Cortana, e quel giorno si sentiva più a disagio del solito, divisa tra il desiderio che lui la vedesse con la spada d’oro e il terrore di sembrare impacciata.
Si rivelò non essere un problema, però, perché non appena James comparve sull’uscio, Lucie lasciò andare la sua arma per salutarlo.
“Spero che non vi dispiaccia se mi unisco a voi,” disse lui. Nella voce aveva ancora con un accenno di costrizione, come se non si fidasse a parlare a un volume normale.
“Certo che no,” rispose Cordelia, rivolgendogli quello che sperava sembrasse un sorriso rassicurante. “Abbiamo desiderato tutto il tempo che ti unissi a noi.” Quando lui parve esitare, aggiunse: “Come ti senti?”
James riuscì a sorriderle a sua volta. “Bene,” fece. “Un po’ rigido. È da un po’ che non faccio esercizi; mi scuso in anticipo se sarò arrugginito.”
“Fai lo stoico, più che altro,” osservò Lucie, ma non con cattiveria. “Noi inglesi siamo come dei gatti,” spiegò a Cordelia. “Non te lo diremo mai, se non stiamo bene.”
“Ma io sto bene, Lucie,” ribatté James, la voce un po’ più determinata. Come se avesse preso una decisione, attraversò la soglia del lei tai per recuperare uno stocco dalla parete opposta. Brandì la spada con fare distratto e, rivolgendosi a Cordelia, chiese: “È davvero Cortana quella che hai lì? La usi in allenamento?”
“Devo,” gli rispose lei. “Ha un peso completamente diverso rispetto alle spade da pratica.”
“Ottimo,” commentò James. “Desideravo tantissimo vederti combattere con Cortana,” aggiunse. “È un peccato che mi sia perso tutti gli allenamenti fino a ora.”
Cordelia arrossì. James la guardava in modo un po’ strano – più attento, forse, rispetto al suo solito. “Io e Cordelia ci siamo allenate per tutto questo tempo,” rispose Lucie con disinvoltura. “Ma puoi di certo provarci, se ti va.”
James saltò facilmente sul lei tai e prese la spada di Lucie. Iniziò a combattere con Cordelia, che si ritrovò parzialmente distratta dal modo agile e armonioso in cui si muoveva lui. James le rivolse un sorriso sbilenco, tentando una finta.
Mentre Cordelia si girava, sentì James lanciare un grido terribile. Cadde a terra come se fosse stato pugnalato – sebbene Cordelia sapesse di non essersi neanche avvicinata a lui con la lama.
Gli istanti successivi furono tutti confusi. Lucie scattò in piedi e si chinò sul fratello. Era pallido come un lenzuolo, con sole due macchie rosso acceso sulle guance. Si teneva una mano alla gola, come se stesse soffocando. “Per l’Angelo, bruci,” disse Lucie, e nella sua voce c’era terrore.
Cordelia non ebbe bisogno di sentire altro. Corse verso la porta che stava già chiamando a gran voce sua madre.
Sfortunatamente, disse Fratello Enoch, la vostra prima ipotesi era corretta. Si era rivolto a Sona ed Elias, che si erano riuniti insieme a Lucie e a Cordelia davanti alla porta della stanza di James mentre il Fratello Silente forniva loro il suo responso. È febbre bollente.
“È un po’ troppo grande per averla,” commentò Sona, torturandosi le mani. Rivolgendosi a Cordelia, aggiunse: “Tu l’hai presa quando eri una neonata”.
“Io non l’ho mai avuta,” disse Elias.
Enoch rispose: Tutti gli Shadowhunters che non l’hanno mai presa dovranno lasciare la casa finché la febbre non sarà passata. I domestici mondani possono invece restare, poiché non rischiano il contagio.
Il che voleva dire che Sona e Cordelia sarebbero rimaste, mentre gli altri sarebbero dovuti andare via. Elias annunciò agli altri che avrebbe approfittato della situazione per andare a Londra a sbrigare degli affari, e che avrebbe portato Lucie con sé, perché stesse insieme a qualcuno dei suoi zii Lightwood. Seguirono poi un turbinio di attività dalle quali Cordelia si sentì alquanto esclusa: suo padre e Lucie si prepararono alla partenza, benché Lucie si fosse opposta; sua madre ed Enoch parlarono di quali fossero le cure migliori per James; e James stesso, ovviamente, rimase isolato nella sua stanza.
Il giorno successivo, sembrava che tutto fosse tranquillo – ma in modo inquietante, con la casa così stranamente vuota. In parte il motivo poteva essere Fratello Enoch, che era rimasto con loro e vagava silenzioso per i corridoi (cosa, pensò Cordelia, abbastanza prevedibile). Il silenzio della camera dell’ammalato e la vista della tonaca spettrale di Fratello Enoch in giro per la casa la rendevano nervosa – soprattutto quando il Fratello Silente le si accostò, quel pomeriggio.
Ho preparato un medicinale per James, disse, porgendole un liquido opaco dalle sfumature perlacee in una tazza di argilla. Era sgradevolmente denso e grigiastro. Cordelia lo prese; quando respirò per la prima volta il suo odore, si sforzò senza successo di non arricciare il naso. Aiuterà con la febbre, e con il dolore. Più di tutto, James ha bisogno di dormire. Non possiamo fare altro che aspettare.
Cordelia annuì, ancora un po’ intimidita dalla presenza di un Fratello Silente che le parlava in casa sua. “Glielo porto subito,” annunciò.
Enoch annuì in risposta e cominciò ad allontanarsi; poi esitò, voltandosi per un istante. Non c’è motivo perché tu debba andar via subito dopo avergli consegnato la medicina, comunque. Sarebbe perfettamente sicuro, per te, restargli accanto mentre la beve. Qualora desiderasse compagnia.
E James la voleva, un po’ di compagnia; Cordelia rimase sorpresa dal trovarlo sveglio, che si agitava senza tregua sotto le coperte. Con mestizia, notò che James riusciva a far sembrare attraente persino la febbre bollente. Aveva il volto arrossato e i capelli incollati alla fronte, ma tutto questo non faceva che ricordarle Keats, che si spegneva con grazia nella stanza monacale a Roma. La luce del mattino che filtrava attraverso la finestra somigliava meno al bagliore dorato del sole italiano e più al riflesso incolore delle nubi di pioggia inglesi, ma non si poteva sempre avere tutto.
Non sapeva cosa dirgli di preciso, ma fu James a rompere la tensione, lanciandosi immediatamente in una lunga fitta di colpi di tosse. “Acqua?” chiese con voce gracchiante.
Cordelia mise giù la tazza e i libri che aveva portato con sé e gli versò un bicchiere d’acqua dalla caraffa sul comodino. James faceva fatica a stringerlo. Cordelia gli posò quindi una mano sulla nuca, tenendo il bicchiere all’altezza della sua bocca perché bevesse. I capelli di James le solleticavano le dita. Erano morbidi come una piuma.
Bere sembrò spossarlo, e James chiuse gli occhi per lo sforzo subito aver finito. “Ti prego, dimmi che hai già avuto la febbre bollente.”
“Sì,” confermò lei. “E anche mia madre. Mentre i domestici mondani sono immuni. Tutti gli altri sono andati via. Dovresti bere altra acqua,” aggiunse, studiando preoccupata il rossore sui suoi zigomi.
“La cura è questa?”
Cordelia gli risolse un sorriso compassionevole. “No, la cura è un miscuglio grigiastro che ha preparato Fratello Enoch, e ti consiglio di tapparti il naso mentre lo butti giù. Aiuterà con la febbre, ma pare che non si possa fare altro che attendere che ti passi.”
James annuì, le palpebre ancora serrate.
“Ho portato dei libri,” aggiunse Cordelia. “Sono sulla cassettiera.” James strizzò gli occhi per guardarla. Chiaramente era infastidito dalla luce, e Cordelia pensò: Oh… non riuscirà neanche a concentrarsi sulle pagine.
Facendo appello al coraggio dei suoi antenati che si erano dimostrati degni di brandire la spada Cortana, propose: “Potrei leggere per te”.
James le sorrise e Cordelia, prima di riuscire a fermarsi, si ritrovò a elencargli tutto ciò che aveva portato con sé, la strana collezione di letteratura persiana e inglese che i suoi genitori avevano sparso per la casa. James aveva parecchie opinioni a riguardo, e riuscì a fare qualche battuta mentre parlavano dei libri – e venivano poi interrotti all’improvviso da Sona, che era entrata nella stanza e, vista Cordelia, si era immobilizzata per la sorpresa.
“Sul serio? Da sola nella stanza da letto di un ragazzo?” chiese a sua figlia, sollevando le sopracciglia più in alto di quanto Cordelia le avesse mai visto fare.
“Mâmân,” rispose lei. “Riesce a stento a stare seduto. E io sono una guerriera addestrata che brandisce una spada mitica.”
Era sul punto di aggiungere che Enoch le aveva dato il permesso di stare lì, ma Sona la scacciò per applicare su James alcuni dei suoi rimedi personali contro la febbre bollente. Cordelia se ne tornò in camera, convinta di trovarsi nei guai; circa un’ora dopo, però, Sona infilò la testa nella sua stanza per comunicarle: “James dice che, se ti va, sarebbe felice se dopo tornassi a leggergli qualcosa”.
Cordelia annuì con fare serio, e solo dopo che la madre se ne fu andata concesse a un sorriso di spuntarle sul volto. James aveva chiesto di lei, e lei sarebbe andata.
Nei giorni successivi, Cordelia cominciò a seguire una routine regolare: colazione; una breve visita a James; addestramento; pranzo; leggere per James. Se dopo cena era ancora sveglio, allora leggeva ancora un po’ per lui, stringendo il libro in una mano e la stregaluce nell’altra.
Non sapeva mai in che condizioni l’avrebbe trovato. A volte tremava di freddo, mentre altre scalciava via tutte le coperte, soffocato dal caldo. Talvolta aveva i brividi, o diceva cose che non avevano molto senso. In altri casi i suoi occhi dorati sembravano seguire sul soffitto qualcosa che Cordelia non era in grado di vedere.
Sua madre aveva accettato che lei leggesse per James, ed Enoch incoraggiava l’attività, perché non si trattava solo di leggere per lui; Cordelia si occupava più in generale di accudirlo. Ravvivava il fuoco quando necessario, aggiungeva o toglieva coperte, gli asciugava la fronte con un fazzoletto.
Spesso James si addormentava mentre Cordelia leggeva per lui, il che andava benissimo, quando non faceva uno dei suoi incubi. Le riusciva di capire quando arrivavano perché, a quanto pareva, James a volte parlava nel sonno. Si agitava per il fastidio e bisbigliava di fuoco e cenere, di un terreno nero bruciato, di un vento terribile e di spine contorte. Di quei sogni non ricordava mai nulla, e quando Cordelia provò a chiedergli qualcosa a riguardo, lui parve solo in imbarazzo; rispose che la febbre gli stava ovviamente disturbando la mente, e che l’avrebbe aiutato se lei avesse letto ancora un po’ per lui.
“La tua voce aiuta,” le sussurrò in tono racchiante. Le sue mani sottili si stringevano intorno alle lenzuola e poi le lasciavano andare, mentre la febbre saliva e si abbassava. Provando un desiderio disperato di dargli sollievo, Cordelia scelse uno dei suoi poemi preferiti – la versione di Nizami della storia di Layla e Majnun.
Si era scordata quanto fosse romantico – cosa di cui si rese conto solo quando era ormai già immersa nei passi più importanti. Pensò a Florence Nightingale, e a come si dicesse che i giovani soldati suoi pazienti si erano tutti innamorati di lei. In imbarazzo, lanciò un’occhiata a James, e scoprì che la stava fissando, gli occhi dorati accesi – dalla febbre, ovviamente, si disse in seguito.
Gli incubi di James la spaventarono veramente un’unica volta. Era sera, dopo cena. La maggior parte delle notti, James si addormentava piuttosto alla svelta; quella, però, sembrava quasi troppo sveglio, agitato, con gli occhi che studiavano ansiosi la stanza. Cordelia si sforzò di mantenere la voce salda, confortante, tranquilla.
Poi, però, successe qualcosa di molto, molto strano. James parve sparire dalla vista, come un fantasma, e nel punto in cui si era trovato rimase solo un’ombra nera; una sorta di sagoma di James, priva di tutti i dettagli. Cordelia lasciò cadere il libro e corse da lui, mentre James protendeva una mano d’ombra verso il braccio di lei.
La sensazione, quando la agguantò, fu orribile. Quell’ombra era James, e al contempo non lo era; era presente, ma la stava anche cercando da un luogo molto, molto lontano, col desiderio disperato di tornare. Il cuore di Cordelia batteva terrorizzato. Non aveva mai sentito di qualcuno a cui fosse successa una cosa di simile a causa della febbre bollente. “James,” lo chiamò con urgenza, “devi resistere. Devi.” Il corpo di lui si era tutto in tensione. “Non andare da nessuna parte. Resta con me.”
La sua voce giunse debole e lontana, come se provenisse dal fondo di un pozzo. “Che freddo. Non riesco a scaldarmi. Non posso mai… scaldarmi.”
Cordelia andò nel panico. James era già quasi soffocato dalle coperte, il fuoco scoppiettava nel camino e c’era persino una bottiglia piena di acqua bollente. Eppure tremava con una forza che sembrava capace di spezzargli tutte le ossa. Senza sapere esattamente cosa stesse facendo, Cordelia salì sul letto con tutta la delicatezza che le fu possibile. Le coperte erano diventate un groviglio tremendo. Si allungò verso la sua forma d’ombra, tenendolo stretto a sé come se James fosse sul punto di sprofondare, e solo lei fosse in grado di riportarlo in salvo.
Nel profondo, pensò imbarazzata a cosa avrebbe detto sua madre se fosse entrata in quell’istante, benché la donna fosse ormai a letto da ore. Cordelia aveva la vaga sensazione che le sarebbe di certo parso scandaloso. Ma James stava tremando, sussurrava; nella sua voce c’erano enorme sofferenza e paura. Non poteva abbandonarlo, non più di quanto avrebbe abbandonato un lupo che aveva una zampa intrappolata. Tenne James stretto con forza a sé, strinse quella sua versione ombrosa, con le coperte che si aggrovigliavano tra di loro, sebbene talvolta le capitasse di trasalire per il gelo che proveniva a tratti dal corpo di James.
Lentamente, nel corso dei minuti successivi, l’intensità del tremito di James si ridusse. Cominciò a tornare normale, con l’ombra che svaniva sempre di più e i colori e i dettagli che tornavano a riempirlo. La tensione cominciò ad abbandonargli il corpo. Sollevandosi su un gomito, Cordelia lo guardò in viso. Era ancora pallido quanto un foglio di carta, ma pure – non poté fare a meno di notare – bellissimo. Quelli di James erano tutti colori forti: le ciglia e i capelli neri, la pelle bianca, le guance avvampate e una scimitarra d’oro sotto ogni palpebra socchiusa.
Cordelia avvertì una strana contrazione all’altezza dello stomaco. A quel punto le tracce dell’ombra svanirono del tutto, e James tornò di nuovo se stesso. Sussultò, poi chiuse gli occhi, e Cordelia sentì sparire anche la tensione del suo stesso corpo. L’episodio era passato, che lei fosse o meno stata di qualche aiuto. Doveva ammettere, però, che tenere James stretto a sé mentre si addormentava non era poi chissà quale peso. In effetti, pensò con una fitta di imbarazzo, se l’avesse aiutato ad assopirsi in pace, si sarebbe assolutamente detta disposta a ripetere l’esperienza anche in assenza di febbre.
Gli scostò con delicatezza i capelli dalla fronte, dove si erano incollati, e lo osservò mentre il suo respiro rallentava e James ripiombava nel sonno. Fu un vero sollievo essere ancora abbastanza sveglia da scendere cautamente dal letto, ravvivare le fiamme e poi tornarsene in camera sua in punta di piedi. La sensazione dell’ombra gelida di James, e anche di quel James caldo e solido che era tornato indietro, rimasero con lei per molto tempo.
Nel giro di uno o due giorni la febbre sparì, e con essa pure l’incanto. Cordelia non era certa di quanto ricordasse James di quella sua malattia. Sapeva almeno quanto tempo aveva passato a vegliare su di lui? Di certo a James quelle giornate dovevano essere sembrate un’unica macchia sfocata, e lui doveva essersi a stento reso conto di quanto era successo. Non diede mai l’impressione di ricordare di essersi trasformato in un’ombra, e Cordelia non aveva certo intenzione di sollevare l’argomento.
Lucie tornò dopo un’altra giornata ancora, insieme a Will e Tessa, che erano tremendamente felici di rivedere il figlio. Qualche giorno dopo, James e Lucie partirono per Idris, dove avrebbero trascorso il resto dell’estate. Cordelia avrebbe voluto raccontare a Lucie ciò che era successo con James – che aveva letto per lui, che si era assicurata che fosse più a suo agio possibile, che si era trasformato in un’ombra. Ma non riusciva a pensare a nessun modo per intavolare l’argomento, e le sembrava ovvio che James non le avesse raccontato proprio nulla. Forse, allora, ciò che aveva provato lei, quella preoccupazione, quell’interesse, quel sollievo sapendolo guarito, erano semplicemente i sentimenti di un’amica per un altro amico.
Però Cordelia provò una fitta al cuore, una che in passato non c’era mai stata, e il dolore per la loro partenza – per la partenza di James – non l’aveva mai sperimentato prima. Non le era mai mancato in quel modo. Non sapeva che sarebbe passato moltissimo tempo prima che smettesse di sentire l’assenza di James dentro al cuore.
Quando hanno chiamato James “paperella” ho pensato a Katniss e Prim…
È normale?
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