Buonasera, Shadowhunters! 😉 Pronti per il secondo extra della giornata? Questa volta la scena tagliata viene dal secondo capitolo di Città di Vetro, e ha per protagonisti Simon, Jace, Isabelle, Alec… e Sebastian. Oltre ad Aline.
PS: come già detto, visto che queste traduzioni sono “regali” che facciamo ai fan preferiremmo che non venissero prelevate. Condividete il link!
EDIT: visto che andavo di fretta, ho accidentalmente scritto Città di Cenere (e impostato come immagine in evidenza la cover di CoA…). XD Chiedo venia!
“Dove siamo?” sibilò Simon tra i denti.
“Alicante,” rispose Jace. “La Città di Vetro.” E, quando Simon si limitò a fissarlo, aggiunse con un tocco d’impazienza: “Siamo a Idris.” Si sporse leggermente fuori dalla finestra. “Guarda,” disse, indicando le torri, “quelle sono le torri demoniache. Sono fatte dello stesso materiale degli stili e delle spade angeliche. È un repellente per i demoni…”
“Perché mi hai portato qui?” domandò Simon, interrompendo la lezione di geografia locale di Jace.
Gli occhi di Jace incontrarono i suoi, e per un attimo ci fu qualcosa – un qualcosa quasi supplichevole –, in loro, e poi Jace disse, “Hai accettato. È per Clary.”
“Non ho accettato niente!” Simon colpì il davanzale con un pugno. Si era aspettato che facesse male, ma non era così; ancora non aveva fatto l’abitudine a questa sua nuova forza, e il colpo aveva lasciato un’ammaccatura nella pietra. “Aspetta.” Gli venne in mente una cosa. “Clary – vuoi dire che è qui?” Si guardò intorno, quasi come se si aspettasse di vederla, ma c’era solo la stessa stanza di pietra di prima. “Dov’è?”
Jace si sistemò indietro i capelli con impazienza. “Non è qui – è di questo che parlavo. L’ho scambiata per te.”
“Tu hai fatto cosa? Di che stai parlando? Perché qualcuno dovrebbe volere me al posto di Clary?”
“Non chiederlo a me,” rispose Jace con un po’ della sua antica malizia, “è uno scambio che io di sicuro non farei, ma da questo punto di vista il Conclave è un po’ strano. Hanno i loro modi…”
“Il Conclave?” Simon fissò Jace. “Mi hai portato qui perché il Conclave voleva Clary, e hai accettato di darmi a loro al posto suo?”
“Lo so – è stato un po’ un brutto tiro, eh?” osservò una voce leggera. Simon volse il capo e vide Isabelle Lightwood nel vano della porta aperta. Indossava pantaloni scuri e una giacca di pelle bianca aderente, contro cui i suoi capelli sembravano di un nero impossibile. Accanto a lei stava suo fratello, Alec, con addosso dei jeans e una maglia a maniche lunghe con su disegnato un marchio runico nero. “Jace ci ha rivelato che non ne sapevi nulla solo quando eravamo già dentro al Portale,” continuò Isabelle, ignorando l’occhiataccia che le stava lanciando Alec. “Mamma e papà erano arrabbiatissimi, ma che potevano fare? Il Conclave è il Conclave, e Jace ha fatto un patto con loro. Non avremmo potuto rimangiarcelo neanche volendo.”
“Io non ho fatto un patto,” disse Simon. Spostò lo sguardo dall’espressione impassibile di Jace a Isabelle – sorridendo come se tutto questo fosse un gioco – ad Alec, che lo osservava con dei sospettosi occhi azzurri e non diceva nulla. “Non ho accettato niente di questo.”
“L’hai fatto,” rispose Jace, “quando hai detto che avresti fatto di tutto per Clary. Questo è di tutto.”
Jace lo osservava quasi con un’espressione speranzosa; Simon sentì una scintilla di rabbia guizzare e poi morire. “Bene.” Si allontanò dalla finestra. “Ho detto che farei di tutto per Clary, ed è vero. Ma dimmi una cosa: perché vuoi così disperatamente che Clary resti lontana da Idris?”
“Oh, in un modo o nell’altro, non mi interessa,” rispose con fare disinvolto Isabelle; poi vide l’espressione di Simon e alzò le mani in aria. “Scusa, lo stavi chiedendo a Jace, eh?”
“Isabelle,” disse Alec, la voce simile a un lamento.
Jace si limitò a osservare Simon, fisso. Per un attimo, Simon pensò che non avrebbe detto nulla. Alla fine sospirò. “Senti, Simon…”
“È il vampiro?” chiese una flebile voce dalla porta.
C’era un’adolescente magra, lì, con accanto un ragazzo alto e dai capelli scuri. Lei era bassa, con lucidi capelli neri tenuti lontani dal viso e un’espressione birichina. Il suo mento delicato terminava a punta come quello di un gatto. Non era esattamente carina, ma era parecchio appariscente. Il ragazzo accanto a lei era più che appariscente. Probabilmente era dell’altezza di Jace, ma sembrava più alto: aveva le spalle larghe, con un viso elegante e inquieto, tutto zigomi affilati e occhi neri. C’era qualcosa di stranamente familiare, in lui, come se Simon l’avesse già incontrato prima, anche se non era così. I vortici d’inchiostro nero dei Marchi fuoriuscivano dal colletto della camicia del ragazzo, e c’era un Marchio ricurvo sul suo viso, proprio sotto all’occhio sinistro, che sorprese Simon – la maggior parte degli Shadowhunters faceva attenzione a tenere i Marchi lontani dai volti.
“Possiamo vederlo?” continuò la ragazza, entrando nella stanza, il ragazzo proprio dietro di lei. “Non sono mai stata così vicina a un vampiro, prima – non a uno che non avessi intenzione di uccidere. Non posso credere che i miei genitori vi abbiano permesso di portarlo in casa.” Guardò Simon dall’alto al basso come se stesse prendendo le sue misure. “È carino, per essere un Nascosto.”
“Devi scusare Aline; ha il viso di un angelo e i modi di un demone Moloch,” disse il ragazzo con un ghigno, avanzando. Porse la mano a Simon. “Sono Sebastian. Sebastian Verlac.”
A Simon ci volle un momento per capire che il ragazzo gli stava porgendo la mano perché la stringesse. Confuso, gliela strinse, e fu colto dalla stessa strana sensazione che aveva provato prima: come se questo ragazzo fosse qualcuno che conosceva, qualcuno di familiare. “Sono Simon. Simon Lewis.”
Sebastian stava ancora ghignando. “E questa è mia cugina, Aline Penhallow. Aline…”
“Non stringo la mano dei Nascosti,” rispose velocemente Aline, e si spostò accanto a Jace. “Davvero, Sebastian, a volte sai essere così bizzarro.” Nella sua voce c’era un debole accento, notò Simon – non inglese o australiano, qualcosa di diverso. “Non hanno l’anima, sai. I vampiri.”
Il sorriso di Sebastian sparì. “Aline…”
“È vero. È per questo che non riescono a riflettersi negli specchi, o camminare al sole…”
Molto deliberatamente, Simon indietreggiò fino alla chiazza di sole davanti alla finestra. Sentì il calore sulla schiena, sui capelli. La sua ombra si proiettò, lunga e scusa, attraverso il pavimento, e quasi raggiunse i piedi di Jace.
Aline fece un brusco respiro, ma non disse nulla. Fu Sebastian a parlare, guardando Simon con gli occhi scuri pieni di curiosità: “Quindi è vero,” disse. “I Lightwood l’hanno detto, ma non pensavo…”
“Che stessero dicendo la verità?” domandò Jace. “È vero. È per questo che il Conclave è così curioso riguardo lui. È unico.”
“Una volta l’ho baciato,” disse Isabelle rivolta a nessuno in particolare.
Le sopracciglia di Aline schizzarono in alto. “Vi lasciano davvero fare ciò che volete, a New York, eh?” chiese, suonando per metà inorridita e per metà invidiosa. “Ricordo che l’ultima volta che ti ho visto, Izzy, non avresti neanche preso in considerazione…”
“L’ultima volta che ci siamo visti, Izzy aveva otto anni,” disse Alec. “Le cose cambiano. Ora, vogliamo restare tutto qui per il resto della giornata, oppure scendiamo al piano di sotto e cerchiamo qualcosa da mangiare – ovvero ciò di cui stavamo discutendo prima che Jace venisse qui a controllare Simon, no?”
“Potrei mangiare,” fece Simon, e ghignò in direzione di Aline, spalancando la bocca abbastanza da mostrare i suoi canini appuntiti. Lei lanciò uno strillo di riconoscimento.
“Smettila, Lewis,” disse Jace. “Senti, puoi venire al piano di sotto con noi se prometti di comportarti bene.”
“Lewis? Adesso mi chiami per cognome?”
“Ho pensato che fosse meglio di ‘vampiro’,” rispose Jace mentre tutti cominciavano a uscire dalla stanza, e Simon dové convenire che, nel complesso, questo era vero.
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