Beh, Shadowhunters. BEH.
Questo pomeriggio siamo liete di portarvi la traduzione di una delle scene più amate de La Catena d’Oro – quella della “Whispering Room” – dal punto di vista di James.
Quelli di voi che hanno letto il primo romanzo di The Last Hours sapranno già che è una scena molto… interessante, e dunque vi auguriamo buona lettura e buon divertimento (avete tanto ghiaccio a portata di mano? Speriamo di sì); agli altri lettori sconsigliamo di leggerla finché non avranno terminato il romanzo, perché potrebbero rovinarsi una piacevole sorpresa.
PS: no, non abbiamo ancora notizie ufficiali dell’uscita de La Catena di Ferro. Vi promettiamo che, non appena ci saranno informazioni da condividere, lo faremo OVUNQUE. ;D
« Cortana si muoveva insieme alle sue parole, sottolineando ognuna col ferro. Si voltava quando lo faceva la spada, e il suo corpo si muoveva e curvava come acqua o fuoco, come un fiume sotto un’infinità di stelle. Era tutto bellissimo – lei era bellissima, ma non di una bellezza distante. Era una bellezza che viveva e respirava e si protendeva con entrambe le mani per schiacciare il petto di James e togliergli il fiato. »
James aveva provato una sensazione strana, mentre Daisy saliva sul palco dell’Hell Ruelle. Una miscela di svariate emozioni: apprensione per lei, irritazione verso Kellington, curiosità, ammirazione per il suo coraggio e la sua compostezza. Che quei bohémien la costringessero a intrattenerli era ingiusto e, si disse James, anche un po’ offensivo nei confronti di tutti gli Shadowhunters. Supponeva che Matthew avesse dato loro una visione piuttosto insolita del modo di fare dei Nephilim in situazioni simili.
A quel punto lei cominciò a danzare. E all’improvviso non era più Daisy, la sua vecchia amica. Era Cordelia, il cui nome significava cuore, e di cui ogni gesto era fuoco. Tutte le preoccupazioni terrene che James aveva provato fino a quel momento furono spazzate via dalla sua mente. Era consapevole solo di Cordelia, che roteava su quel piccolo palco. Cortana le danzava intorno, spargendo luce come se fossero tizzoni ardenti. Il lieve bagliore delle lampade le illuminava il corpo, sottolineando ogni movimento, ogni sua curva mentre ballava. I capelli rossi le turbinavano intorno a tempo di musica, e la luce dorata del Ruelle scivolava sulla sua pelle, lenta e bollente, come gocce di miele. La cadenza della sua voce, che si levava e abbassava, sembrò tessere una gabbia di seta intorno al pubblico, e James non fece eccezione.
In seguito, si sarebbe detto che era strano che non l’avesse paragonata a Grace. Grace non gli era affatto venuta in mente. Cordelia danzava e, per quando giunse la fine della sua esibizione, tutta la vita di James era stata fatta a pezzi e riassemblata in una forma nuova, diversa. Sapeva che Matthew, lì al suo fianco, stava a sua volta fissando Cordelia mentre la folla esultava, con gli zigomi alti arrossati. Sembrava intontito; James non poteva biasimarlo.
Cordelia scese dal palco e si gettò tra la folla per tornare da loro, arrossendo per le occhiate e i commenti sussurrati che il pubblico le rivolgeva. James poteva leggere il desiderio negli occhi che la seguivano in giro. La volevano tutti. Sentì montare una furia silenziosa. Non ne avevano diritto. Non la conoscevano. Cordelia era ben più di quel ballo.
Quando li raggiunse, lei lasciò andare un lungo sospiro di sollievo e sorrise. Era accesa dalla fatica del ballo. Gocce di sudore le imperlavano le clavicole, scintillavano tra i seni. I suoi occhi erano luminosi quanto la lama di Cortana, che portava legata dietro la schiena.
“Diamine,” esclamò Matthew. “Cos’era, quello?”
Sul viso di Cordelia corse un lampo di incertezza. James rispose: “Una fiaba, Math,” e Matthew annuì di rimando. I suoi occhi verde scuro scrutavano il volto di Cordelia, come se stesse cercando la chiave di una stanza chiusa in cui si era imbattuto solo di recente.
Cordelia sembrava insicura. James non poteva sopportarlo. Era stata magnifica; era importante che lo sapesse. Ma non era qualcosa che potesse dire, certo. L’avrebbe solo fatta sentire a disagio.
“Ben fatto, Cordelia,” commentò invece; quando lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, il polso prese a fargli male, e James si chiese se avesse tenuto le mani serrate.
Cordelia. Non l’aveva chiamata Daisy, e lei parve un po’ stupita. Gli sembrava inappropriato, per certi versi. Daisy era l’amica di Lucie, la compatriota degli Allegri Compagni; gli pareva un nome tanto più piccolo di quanto meritasse lei. Cordelia, pensò – era stata una regina, no? Regina Cordelia, figlia di Lier, che aveva governato la Britannia prima ancora che i Romani raggiungessero le sue coste. Come Boadicea, una regina guerriera leggendaria. Un ardente fuoco bianco dietro occhi di un nero profondo.
“Anna è scomparsa insieme a Hypatia,” aggiunse, osservando il sofà vuoto, “quindi direi che la tua distrazione è stata un successo.”
Le labbra di Cordelia si incurvarono in un sorriso. “In genere quanto può durare una seduzione?”
“Dipende da se la si porta avanti nel modo giusto,” rispose Matthew, facendole l’occhiolino. James provò una scintilla di sollievo, un po’ di luce in mezzo a quella sensazione che qualcosa di pesante gli stesse schiacciando il petto.
“Beh, per il bene di Hypatia mi auguro che Anna faccia tutto come si deve,” disse James. I suoi riflessi da parabatai gli fecero notare che Matthew si era irrigidito, e si chiese quale fosse il problema. “Per il nostro, però, spero che si sbrighi.”
Dal tono di Matthew era sparita ogni traccia di divertimento. “Voi due,” li richiamò con urgenza. “Ascoltate.”
Stava parlando di quel borbottio sugli Shadowhunters? Se n’era accorto solo adesso? Le chiacchiere li avevano seguiti sin da quando avevano messo piede in quel posto. Quando James seguì lo sguardo di Matthew, però, si rese conto che Kellington aveva sul volto un’espressione di fastidio: non rivolta a loro, ma verso la porta. E ogni domanda trovò risposta mentre Charles Fairchild oltrepassava l’uscio, guardandosi intorno con aria sprezzante. Sembrava pronto a fare irruzione; qualunque lavoro avessero fatto Matthew e Anna per favorire i rapporti Nascosti-Shadowhunters lì al Ruelle poteva dirsi rovinato.
Matthew socchiuse gli occhi. “Charles,” sospirò. “Per l’Angelo, cosa ci fa lui qui?”
Probabilmente, si disse James, Charles stava cercando proprio loro. Si faceva strada tra la folla guardandosi intorno. Per loro fortuna, però, i presenti non sembravano interessati a farlo passare, quindi Charles stava procedendo con estrema lentezza.
“Dovremmo andarcene,” osservò James. “Ma non possiamo abbandonare Anna.”
Per certi versi, l’arrivo di Charles si era rivelato utile; aveva gettato un secchio di acqua gelata sul calore bollente che si era impossessato del cuore di James quando Cordelia aveva cominciato a danzare. Era il momento di concentrarsi di nuovo sulle faccende imminenti: un demone, un Pyxis, un piano.
“Voi correte a nascondervi,” disse Matthew, lo sguardo ancora fisso sul fratello. “Charles andrà fuori di testa se vi vede qui.”
“E tu, invece?” domandò Cordelia.
Matthew si strinse nelle spalle, ma James poteva vedere quanto erano tese, e quanto era serrata la sua mascella. “È abituato a cose del genere da parte mia. Me la vedrò io con lui.”
Non per la prima volta, James desiderò che il suo parabatai non fosse sempre così pronto a sacrificare la propria reputazione. I due si scambiarono un’occhiata, ma lo sguardo di Matthew era sicuro e determinato, e il suo desiderio di gettarsi a capofitto nell’umiliazione personale era una problematica che avrebbe dovuto attendere. Dopo aver annuito, James si voltò e prese la mano di Cordelia. “Da questa parte,” le disse, e lei gli rispose con un cenno di assenso. Mentre James trascinava entrambi tra la folla, sentì la voce di Matthew che chiamava a gran voce il nome di Charles, dandogli il benvenuto in tono caloroso, sebbene completamente falso.
James non sapeva come muoversi per il Ruelle, e la calca rendeva orientarsi ancora più complicato; dopo qualche tentativo, però, lui e Cordelia riuscirono ad aggirare Kellington e a scivolare in un corridoio. Non era granché sicuro, dal momento che dal salone principale sarebbe stato possibile vedere chiaramente l’intero passaggio. E, in effetti, per qualche attimo lui e Cordelia si ritrovarono più esposti di prima, e ogni speranza di James che il corridoio prendesse una curva o contenesse enormi statue dietro cui nascondersi venne presto spazzata via. Continuò a tenere Cordelia per mano, benché non ce ne fosse bisogno: sembrava conoscere la strada meglio di lui.
A metà del corridoio, James notò una porta aperta – una placca d’argento la etichettava come l’ingresso alla STANZA DEI SUSSURRI. Tirò svelto Cordelia al suo interno, lontano dall’area scoperta. Sbatté la porta alle loro spalle, cosa che produsse un forte schianto; non pensava che qualcuno sarebbe riuscito a sentirlo oltre il rumore della folla nel salone principale, però. Solo allora lasciò andare la mano di Cordelia e valutò l’ambiente circostante.
La stanza era illuminata appena, ma non fredda: un fuoco profumato bruciava nel focolare, riempiendo lo spazio con l’odore di legno di sandalo e rose. James ipotizzò che fosse uno studio, dal momento che c’erano una gigantesca scrivania di noce contro una parete, e una libreria dalla parte opposta, ma era un ambiente decorato troppo riccamente perché lo usassero solo per la contemplazione accademica. Piume di fenice e squame di drago ballavano lungo la carta da parati dorata; non c’erano finestre, ma degli arazzi decorati erano stati appesi sulle pareti, e il pavimento era coperto da un tappeto così spesso che James sentì gli stivali sprofondare al suo interno mentre attraversava la stanza.
Cordelia aveva appoggiato la schiena contro la parete accanto alla porta. Teneva gli occhi chiusi, prendendo respiri lunghi e profondi per calmarsi. Cortana risplendeva sopra la sua spalla; la luce del fuoco luccicava di un oro più profondo sulla sua pelle, che pareva attirare e trattenere quel calore. James strinse le mani, curvando le dita contro i palmi.
Voleva toccarla. Si voltò in parte, fingendo di star studiando i libri lungo la parete. In un qualunque altro momento, sarebbe rimasto affascinato da quei titoli. Adesso però gli sembravano distanti, né immediati né importanti. Avrebbe giurato di riuscire a sentire il cuore che gli martellava nel petto. Le chiese: “Dove hai imparato a ballare in quel modo?”, sorprendendosi della ruvidezza del suo tono.
Il suo sguardo tornò di scatto su Cordelia, mentre lei apriva gli occhi e scrollava appena le spalle. C’era qualcosa di magico nel vestito che stava indossando: seguiva la forma del suo corpo, anziché quella del corsetto o della sottogonna di stecche di balena. Scivolava dolcemente contro di lei a ogni movimento, proprio come i suoi capelli rosso scuro solleticavano la pelle scoperta della gola, delle spalle. “A Parigi avevo un maestro di ballo. Mia madre credeva che imparare a danzare insegnasse ad avere grazia nel combattimento.”
La parola “grazia”, grace, trafisse James come un pezzo di ghiaccio. Certo, in quell’istante non gli riusciva propriamente di pensare a Grace; non era del tutto capace di immaginare il suo volto. Le aveva donato il suo cuore – e quella era una realtà immutabile, pari alla consapevolezza che due più due facesse quattro. Doveva però ammettere che, in quel momento, il suo cuore non gli dava la sensazione di essere stato donato. Pareva invece un macchinario che gli ronzava nel petto e pompava sangue e calore.
“Quel ballo,” aggiunse Cordelia; sulle morbide labbra le corse un guizzo che percorse James come un colpo allo stomaco, “non era permesso che venisse insegnato alle giovani donne nubili. Al mio maestro non importava, però.”
“Beh,” ribatté James, mantenendo un tono di voce saldo grazie al controllo per cui si era tanto esercitato, “grazie all’Angelo c’eri tu, lì. Io e Matthew di certo non saremmo riusciti a eseguirlo.”
Cordelia gli diede le spalle: sulle sue labbra c’era ancora un sorriso, come se gli stesse nascondendo un segreto. Fece scorrere una mano lungo la superficie della scrivania di Hypatia. A un’estremità c’era una pila di fogli tenuta ferma da grossa scodella di rame piena di frutta; Cordelia sollevò le dita per sfiorarne il bordo.
James poteva anche sentirsi distratto oltre qualunque altra capacità di distrazione avesse mai conosciuto in passato, ma restava comunque uno Shadowhunter. “Fai attenzione,” le disse in tono di avvertimento. “Ho il sospetto che questa sia frutta delle fate. Sugli stregoni non ha effetto – non effetti magici, perlomeno. Ma sugli umani…”
Cordelia ritrasse la mano come se si fosse punta. “Di certo non potrà farti del male, se non la mangi.”
“Oh, sicuramente no. Ma ho incontrato persone che l’hanno assaggiata. Dicono che più ne hai, più ne vuoi, e ancor di più soffri quando poi… non puoi averne più.”
Adesso Cordelia lo stava guardando; sebbene gli richiedesse un’enorme quantità di coraggio, James ricambiò lo sguardo. Le fiamme blu e argentee del camino le ballavano negli occhi scuri. James non riusciva a respirare. Non l’aveva mai provato prima, quel senso di affanno. Era una sorta di dolore, ma con estremità dolce, affilata. Come leccare miele da un coltello. Le disse, a bassa voce: “Eppure mi sono sempre chiesto… non conoscere il suo sapore non è forse un’altra forma di tortura? La tortura della curiosità?”
All’improvviso la porta tremò sui suoi cardini, producendo un clangore che li fece voltare entrambi di scatto nella sua direzione. La maniglia cominciò a girare.
Cordelia impallidì. “Non dovremmo essere qui…”
Il mondo di James si ridusse a questo: Cordelia era lì, insieme a lui, e sembrava spaventata. Avrebbe fatto qualunque cosa in suo potere per toglierle quell’espressione dal viso. La prese tra le braccia, e il sollievo fu incredibile – non si era davvero reso conto di quanto effettivamente volesse toccarla finché non l’aveva fatto. Finché non l’aveva stretta, e la forza e il calore e la morbidezza di lei non erano stati premuti contro il suo corpo, e il volto di Cordelia era così bello da far male, e lei teneva le labbra dischiuse per la sorpresa – e senza pensarci due volte lui le aveva baciate.
Avvertì il respiro tagliente che prese Cordelia con le mani, che teneva strette tra loro contro la parte bassa della schiena di lei. Cordelia trasalì, ma non indietreggiò né si ritrasse – James era certo che sarebbero morto, se l’avesse fatto –, protendendosi verso di lui, con le labbra piene che si dischiudevano sotto quelle di James. Lo stava baciando a sua volta. James sentì sapore di miele, respirò profumo di gelsomino e fumo. Portò una mano sulla guancia calda di lei, sotto la morbida cascata dei suoi capelli.
Il tempo sembrò fermarsi.
Le braccia di Cordelia gli circondavano il collo. La sua bellissima bocca si aprì leggermente contro quella di lui, e il bacio divenne più profondo. James spostò le dita sul retro del suo collo, per avvicinarla a sé. Lei gli sfiorò il labbro inferiore con i denti, e James non poté evitarlo: gemette, e sentì Cordelia tremare contro il suo corpo.
Molto in lontananza, una voce ridacchiò, e la porta tornò a chiudersi con un leggero scatto. James sapeva bene che il loro avrebbe dovuto essere un semplice trucco, a beneficio di chiunque avesse cercato di introdursi nella Stanza dei Sussurri. Probabilmente avventori del Ruelle, quasi di certo dei Nascosti, che erano scivolati via per un incontro amoroso.
Il trucco aveva raggiunto il suo scopo, allora. Con una forte sensazione di rimpianto, James si ritrasse da Cordelia. La mano di lei, calda e morbida e meravigliosa, era poggiata contro il suo collo; con le dita gli accarezzava la cicatrice bianco pallido. Cordelia teneva gli occhi fissi all’altezza delle sue spalle. Sentì se stesso chiamarla per nome – Daisy, mia Daisy – e lei, anziché rispondere, sussurrò: “Credo che stiano arrivando altre persone.”
James sapeva che non era vero. Non gli importava. Capiva benissimo cosa gli stesse dicendo lei: chiedeva e dava al contempo il permesso. Per tutta la vita, James aveva lottato per mantenere il controllo: controllo sulle sue cadute nell’ombra, su quel mondo oscuro che poteva vedere, e che era invisibile a chiunque altro. Aveva lavorato e lottato e si era allenato ogni giorno per quella padronanza, ma per la prima volta in vita sua sentì che gli sfuggiva.
Le mura che aveva alzato vennero carbonizzate in un istante mentre tirava a sé Cordelia. Gemé contro le sue labbra, facendo scivolare le dita sulla seta dell’abito, sul raso bollente della sua pelle. Le tolse la cinghia con cui teneva ferma Cortana, lasciandola – sperava con sufficiente attenzione – da qualche parte, prima di lasciarsi sprofondare nuovamente nel delirio.
Non si chiese perché non avesse mai provato prima un desiderio simile. Non poteva farlo. Era troppo perso nella sensazione di lei, nella curva della sua vita, nel modo in cui i suoi fianchi si allargavano, nel petto che le si sollevava e abbassava a ogni ansito. Si stavano baciando in modo folle, incontrollato; raggiunsero la scrivania, contro cui si lasciò andare Cordelia.
Il suo corpo si incurvò all’indietro con fare impossibile, e portò le mani dietro di sé per tenersi in equilibrio. Aveva gli occhi chiusi, il capo gettato all’indietro, a svelare la colonna nuda della gola. James posò lì le labbra, provocando un sussulto di sorpreso piacere.
Con le mani percorse il tessuto lucido del vestito di Cordelia – riusciva a sentire il calore della sua pelle attraverso la stoffa –, dalla vita fino alla scollatura. Seguì ogni curva con i palmi, finché i polpastrelli non raggiunsero la pelle bronzea e nuda proprio al di sopra del decolté dell’abito. Cordelia era setosa e morbida e bollente al tempo stesso, come null’altro che James avesse mai toccato. La sentì gemere; stava ripetendo il suo nome, e il cuore di James batteva al ritmo delle sue parole: James, James, Jamie, per favore.
Fu il per favore a spezzarlo: dopo essersi sfilato la redingote, le strinse i fianchi, sollevandola finché Cordelia non fu seduta sul bordo della scrivania. Il tessuto dell’abito le si sgualcì all’altezza delle ginocchia, delle cosce, mentre lei afferrava la camicia di James per l’inamidata parte anteriore e lo baciava. La bocca di lui continuò a spingersi contro quella di lei, calda ed esigente, anche mentre si arrampicava sulla scrivania insieme a lei. Cordelia protese le mani verso di lui, e James le sprofondò addosso, bilanciandosi con una mano che le teneva vicino al capo.
Si fermò per un attimo solo, per guardarla. I capelli scarlatti di Cordelia erano sparsi sulla scrivania; i suoi occhi erano lucidi, e le labbra piene erano rosse per i baci. Il suo corpo lo stringeva, e gli teneva le gambe accanto ai fianchi, con la gonna risalita fin quasi alla vita. Cordelia sollevò le sue lunghe cosce nude per circondarlo, e James tremò. Ciò che aveva dentro, ciò che desiderava, era incerto ma insistente, una forza che mai aveva conosciuto prima. Una brama simile a cavi bollenti nel suo sangue, il dolore piacevole di una smania insopportabile che lo spingeva a baciarla ancora, più forte. Lei gli intrecciò le dita tra i capelli, strattonandoli mentre lui le baciava i seni, e faceva scorrere la lingua su quella pelle sensibile finché Cordelia non lasciò andare un debole grido e lo strinse con mani disperate.
James affondò contro di lei e la baciò, caldo e profondo e forte. Cordelia si inarcò verso il bacio, col respiro che le usciva ad ansiti. James riusciva a sentirla attraverso il materiale sottile della camicia: il calore del corpo di Cordelia, i rigonfiamenti dei seni contro il suo petto, le dita con cui gli stava accarezzando il petto, i fianchi.
Le mani gli dolevano per la voglia di fare altrettanto, di scoprire cosa le piacesse, cose la facesse gemere, e poi ripetere ancora e ancora quel gesto… Nulla era mai stato così, nulla. Aveva già conosciuto il desiderio, prima; o così ricordava, così aveva creduto. Ma sembrava proprio che fosse entrato in una pozzanghera e l’avesse scambiata per l’oceano. Mentre Cordelia si muoveva tra le sue braccia, mentre gli si inarcava contro, James si rese conto che il desiderio aveva profondità che in precedenza non avrebbe mai potuto neanche immaginare: non era semplice disperazione, ma anche gioia e bisogno e volere ed essere voluti a propria volta. Era come un sogno a occhi aperti: le sue mani che scivolavano sotto la stoffa pesante delle gonne, il sapore dolce e salato della pelle di lei, i dolci suoni di piacere che lo incoraggiavano a farsi più vicino, a non fermarsi, e la scrivania che sembrava ruotare sotto di loro.
James sentì, come se provenisse da un’enorme distanza, il suono di una porta che si apriva. Sollevò il capo e vide una figura slanciata e dai capelli chiari sull’uscio. Il ghiaccio gli si riversò nelle vene. Cordelia si irrigidì, cominciò ad agitarsi per mettersi seduta. No, pensò James, ma non poteva fermarla, né biasimarla. Tutto quello – qualunque cosa fosse stata – era finito.
Scivolò giù dalla scrivania. La febbre cominciava a svanire di già, e quella sensazione – quella gloriosa libertà dal peso della sua stessa volontà – si stava affievolendo. Recuperò la padronanza di sé e si sporse per sollevare il cappotto, voltandosi poi per incrociare con fare calmo lo sguardo del suo parabatai.
“James?” lo chiamò Matthew.
Ciao, scusate ma penso ci sia un errore nella trascrizione. Non è Cordelia che si muoveva con le sue parole l’aria ma Cortana.
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