Dopo mesi e mesi che rimandavo la fine di questa traduzione, finalmente possiamo presentarvi tradotto uno degli extra più lunghi rilasciati da Cassie, Jocelyn’s Story.
Come leggerete nella nota introduttiva di Cassie, originariamente questo extra era stato scritto per essere inserito in Città di Vetro – salvo poi eliminarlo perché troppo lungo e descrittivo.
Abbiamo pensato che leggere questa “prima bozza” degli avvenimenti vi avrebbe fatto piacere. 🙂 Fateci sapere nei commenti cosa ne pensate!
(Tra parentesi: l’extra è davvero lungo, quindi vi chiediamo la solita cortesia di non ripostarlo sulle vostre pagine/siti web. Se siete interessati a condividerlo con i vostri lettori, pensiamo sarà sufficiente pubblicare il link e, eventualmente, un breve estratto dall’extra. Ma non tutto, per favore.)
Ho incontrato tuo padre a scuola; avevo più o meno la stessa età che avevi tu quando hai conosciuto Simon. È il genere di amico che dovrebbero avere tutti. Nel mio caso, però, non era tuo padre quell’amico – ma Luke. Stavamo sempre insieme. In effetti, all’inizio io Valentine lo odiavo, perché mi aveva portato via Luke.
Valentine era lo studente più popolare, a scuola. Era tutto ciò che potevi aspettarti da un leader naturale – bellissimo, brillante, con quel genere di carisma che spingeva gli studenti più giovani a supportarlo. Era abbastanza gentile, ma in lui ho sempre scorto qualcosa che mi spaventava – brillava, ma di uno scintillio freddo, come quello di un diamante. E, proprio come un diamante, aveva estremità affilate, taglienti.
Quando aveva diciassette anni suo padre fu ucciso durante un’incursione contro un branco di licantropi. Non era stata un’incursione normale – il branco non aveva fatto niente per rompere la Legge, ma questo l’avrei scoperto solo anni dopo. Nessuno ne era a conoscenza. Tutto ciò che sapevamo era che Valentine era tornato a scuola completamente cambiato. Le sue estremità affilate erano diventate visibili per tutto il tempo, così come il pericolo in lui. E cominciò a reclutare.
Attirava gli altri studenti verso di sé come una falena è attratta dalla luce – e, come le falene, il desiderio che provavano per lui sarebbe stato alla fine la loro rovina. Condusse Hodge al suo fianco, e Maryse e Robert Lightwood – i Penhallow, i Wayland. Gli si avvicinavano, si raggruppavano intorno a lui e facevano qualsiasi cosa chiedesse loro. Aveva cercato di approcciare anche me parecchie volte, ma ero rimasta distante, a guardarlo con sospetto. E poi andò da Luke…
So che Luke si è spesso chiesto perché Valentine l’aveva voluto nel suo Circolo. A quel tempo non era granché, come guerriero; non un combattente nato. Non gliel’ho mai detto, ma a volte penso che Valentine l’abbia visto come un mezzo per raggiungere uno scopo. Come un mezzo per raggiungere me…
Valentine è sempre stato il genere di persona che sa ciò che vuole. E voleva me. Non ho mai saputo la ragione. Mi è stato chiaro fin dalla prima volta che l’ho scoperto a guardarmi attraverso il campo d’allenamento. Il suo sguardo – non era sognante o pieno di bramosia, ma calcolatore e sicuro di sé. Il suo freddo desiderio mi aveva messo i brividi. Ma quando trascinò Luke dalla sua parte, e Luke mi parlò con così tanto entusiasmo della sua intelligenza e gentilezza, capii che non potevo più restare da parte. Dovevo unirmi al Circolo, vedere cos’aveva attirato così tanto il mio amico.
Per certi versi, Valentine – tuo padre – era esattamente come Luke l’aveva descritto. Il Circolo si incontrava di notte, spesso nel campo d’allenamento deserto o nella foresta, sotto gli alberi, e durante le riunioni Valentine parlava degli argomenti a lui cari: i demoni, i Nascosti, e ciò che lui definiva “la perversione delle leggi del Conclave”. Per quel che lo riguardava, l’Angelo non aveva mai voluto che vivessimo in pace con i Nascosti, ma anzi desiderava che li eliminassimo dalla faccia della Terra insieme ai demoni. Gli Accordi erano una farsa; non eravamo mai stati destinati a vivere in armonia coi “mezzi uomini”.
Le sue parole erano di fuoco, mentre il suo contegno era – gentile. Aveva un modo tutto suo di farti sentire come se fossi l’unica persona al mondo di cui gli importava, l’unica di cui rispettava per davvero l’opinione. Le sue convinzioni erano assolute, e così anche la sua dedizione al Circolo. All’inizio pensavo fosse crudele fanatismo, ma col tempo le sue convinzioni mi hanno affascinata. Sembrava pieno di passione. Riuscivo a vedere ciò che anche Luke vedeva in lui. E in breve mi sono ritrovata mezza innamorata di lui.
Ma valeva lo stesso per tutte le ragazze del Circolo, e probabilmente anche per alcuni dei ragazzi. Non puoi appartenere a una cosa simile – un culto della personalità – senza essere almeno un po’ innamorato del tuo leader. Valentine cominciò a chiedermi di restare dopo gli incontri, solo per parlare. Disse che apprezzava la mia mente pratica e la mia intelligenza distaccata. Sapevo che le altre ragazze erano gelose. Sono certa che pensassero – beh, puoi immaginare cosa pensavano. Ma tra me e Valentine non successe mai niente. Voleva davvero parlare e basta – del futuro, della Legge, del Circolo e della direzione in cui si stava muovendo. Alla fine, quella ad arrendersi e baciarlo per prima sono stata io.
“Lo sapevo,” è stata la prima cosa che mi ha detto subito dopo, e poi, “Ti ho sempre amata, Jocelyn.” E, sai, era serio. Rimanemmo tutta la notte fuori nella foresta, a parlare. Mi raccontò di come pensava che avremmo condotto il Circolo insieme, per sempre. Di come non avrebbe potuto farlo senza di me. Disse, “Ho sempre saputo che avresti cominciato ad amarmi a tua volta, non ne dubitavo.”
Non avevo idea del perché avesse scelto me. Non mi sembrava di avere niente di speciale. Ma Valentine rese chiare le sue intenzioni: da quel momento in poi, noi due restammo insieme, e non guardò mai più una donna, non in quel modo, né allora né durante gli anni del nostro matrimonio. Le altre ragazze smisero di parlarmi, ma a me sembrava solo un piccolo prezzo da pagare. Luke – Luke era felice per me. La cosa mi aveva sorpresa un po’, mi ero chiesta – ma lui era felice. Era evidente.
Valentine era così devoto che mi ci volle molto, molto tempo per notare i cambiamenti in lui. Era come se la morte di suo padre gli avesse raschiato via alcuni morbidi strati di umanità, e per questo era diventato crudele in maniera strana, peculiare – ma solo a sprazzi, attimi così veloci che potevo mentire a me stessa e convincermi che niente fosse mai accaduto.
C’era una ragazza, nella nostra classe, che voleva unirsi al Circolo. Suo fratello maggiore era stato morso da un vampiro, e quindi diventato uno di loro: avrebbe dovuto uccidersi, o lasciare che fosse la sua famiglia a farlo, ma non aveva voluto e girava voce che fosse ancora in contatto coi suoi familiari. Valentine le diede uno spuntone appuntito di metallo e le disse di andare da suo fratello, pugnalarlo e poi tornare da lui con le sue ceneri; solo così le avrebbe permesso di entrare nel Circolo. La ragazza corse via in lacrime. Più tardi lo affrontai, gli dissi che non poteva comportarsi in maniera così crudele, o non sarebbe stato meglio dei Nascosti. “Ma è un mostro,” mi rispose. Gli dissi che il fratello di lei poteva pure essere un mostro, ma lei no. Era una Nephilim, e non c’erano scuse per torturarla. Credevo di essere così di larghe vedute, così tollerante – ripensarci adesso mi fa rivoltare lo stomaco.
Pensavo si sarebbe arrabbiato, visto che l’avevo rimproverato, ma non fu così. Si calmò. “A volte ho paura di perdermi in tutta questa faccenda, Jocelyn,” mi disse. “È per questo che ho bisogno di te. Tu mi tieni umano.” Era la verità. Potevo sempre allontanarlo dai suoi piani più estremi, deviare la sua rabbia, calmarlo. Nessun’altro ci riusciva. Sapevo di avere questo potere su di lui, e mi faceva sentire importante, indispensabile. Credo di aver scambiato quel sentimento per amore…
Dopo aver finito la scuola, ci sposammo nella Sala degli Accordi, con tutti i nostri amici presenti. Anche allora sentivo uno strano presentimento. Durante la cerimonia alzai lo sguardo e vidi, attraverso il tetto di vetro, uno stormo di uccelli volare in alto. Realizzai che la mia vita non sarebbe più stata la stessa. A quel punto tentai di incontrare lo sguardo di Luke – stava accanto a sua sorella, nella prima fila dedicata agli ospiti, ma, anche se Amatis sorrideva nella mia direzione, Luke non mi guardò mai…
Andammo a vivere in un maniero nella campagna fuori Alicante che apparteneva ai miei genitori, anche se loro, da quando avevano cominciato a invecchiare, si erano trasferiti in una casa sul canale all’interno della città. Valentine stesso era cresciuto in un’abitazione proprio ai confini della foresta Brocelind; sosteneva però che il suo maniero fosse caduto in rovina in seguito alla morte dei suoi genitori, e io ero abbastanza felice di vivere nella casa patronale. Abitavamo solo a un quarto di miglio dalla casa di alcuni nostri amici, i Wayland – il che era conveniente, per Valentine, visto che Michael Wayland era tra i più entusiasti membri del Circolo, e andare a trovare la sua famiglia faceva in modo che non restassimo troppo insieme per tutto il tempo.
Dicono che gli uomini dopo il matrimonio cambino. Se Valentine fosse effettivamente cambiato, o se fossi stata semplicemente io a cominciare a vedere con più chiarezza la sua vera natura, non saprei. Divenne sempre più ossessionato dalla sua causa, e sempre più feroce nelle sue esecuzioni. Continuò a mentire, affermando di non aver mai ucciso un Nascosto che non avesse rotto gli Accordi, ma sapevo che non era vero. Una notte condusse il Circolo a sterminare una famiglia di licantropi nella loro stessa casa, sostenendo che avevano ucciso dei bambini umani e poi bruciato i loro corpi, e infatti nel camino trovammo delle ossa carbonizzate. Più tardi lo sentii dire a Hodge, ridacchiando, che è abbastanza facile ottenere delle ossa umane nella Città di Ossa, se si ha voglia di cercarle.
Cominciò a sparire dal nostro letto a tarda notte, facendo del suo meglio per non svegliarmi; tornava poi all’alba, ricoperto dal fetore del sangue e di cose anche peggiori. Trovai degli abiti insanguinati nel bucato, strane ferite e tagli sulle sue mani e sulle braccia. Di notte venivo svegliata da pianti e urla che sembravano provenire dall’interno delle mura di casa nostra.
Lo affrontai, chiedendogli di dirmi cosa faceva per davvero tutte le notti. Ma lui si limitò a ridere. “Ti stai solo immaginando le cose, Jocelyn,” disse. “Probabilmente è per via del bambino.”
Lo fissai. “Del bambino? Che bambino?”
Ma aveva ragione, ovviamente. Ero incinta. L’aveva saputo persino prima che lo capissi io. Tentai di reprimere le mie paure, dicendomi che stava solo cercando di proteggermi. Gli incontri del Circolo non erano il posto adatto per una donna incinta, mi diceva, e così io restavo a casa. Ero così sola – supplicai più volte Luke di venire a trovarmi, ma aveva tempo solo di rado. Il Circolo e i suoi rapporti lo tenevano impegnato. Ma come potevo lamentarmi? Valentine era un marito straordinariamente attento, non lasciava mai che alzassi un dito, mi portava bevande rafforzanti che aveva mescolato lui stesso, e un tè forte e dolce, ogni notte, che mi faceva addormentare. E se a volte mi svegliavo con strane ferite o lividi, beh, Valentine mi rispondeva che doveva essere perché avevo camminato nel sonno – un disturbo comune tra le donne in gravidanza, mi assicurava.
E poi una notte fui svegliata da un tremendo battere contro la porta. Corsi al piano di sotto e trovai Valentine in piedi sui gradini, tenendo – stava tenendo Luke, lo portava come un bambino, ed entrambi erano ricoperti di sangue. Valentine barcollava per la stanchezza. “Un attacco di licantropi,” spiegò. “Potrebbe essere troppo tardi…”
Ma non volli sentir dire che poteva essere troppo tardi. Lo aiutai a trascinare Luke al piano di sopra, in una camera vuota, e inviai un messaggio a Ragnor Fell, lo stregone che i miei genitori assumevano spesso in caso di malattia. I morsi dei licantropi non rispondono alle rune di guarigione – c’è troppo potere demoniaco, in loro. Luke stava urlando e si agitava e inzuppava le coperte di sangue; io cercavo di assorbire con una spugna il sangue che stava perdendo dalla spalla, ma ne arrivava sempre più, e poi più ancora.
Valentine gli stava accanto, guardando verso il basso. “Forse avrei dovuto lasciarlo lì a morire,” disse con gli occhi neri che bruciavano, “forse sarebbe stato più pietoso di ciò che gli succederà.”
“Non dirlo,” intimai. “Non osare dire una cosa simile. Non tutti i morsi trasformano in licantropi.” E a quel punto arrivò Fell, e Valentine lasciò a metà il suo discorso sull’abbandonare Luke e si fece da parte mentre noi lo curavamo. Dormii nella camera di Luke, quella notte, e al mattino lui era sveglio, in salute e capace di sorridere.
Non che qualcuno di noi avrebbe sorriso granché, nelle successive tre settimane. Ti dicono che c’è solo una possibilità su due che il morso di un licantropo trasmetta la licantropia. Io penso piuttosto che le possibilità siano tre su quattro. Raramente ho visto qualcuno scampare al morbo, e per quanto abbia silenziosamente pregato in quelle orribili settimane, Luke non fu un’eccezione. Appena giunse la luna piena, Mutò.
Il mattino dopo lo trovammo davanti a casa nostra, coperto di sangue e con i vestiti a brandelli. Allungai le braccia verso di lui, ma Valentine mi fece scostare. “Jocelyn,” disse, “il bambino.” Come se Luke fosse stato sul punto di correre da me e strapparmi il bambino dalla pancia, o avesse avuto intenzione di farmi qualche genere di male. Era Luke, ma Valentine mi spinse via e trascinò Luke giù dai gradini, nel bosco.
Quando tornò, parecchio tempo più tardi, era solo. “Dov’è Lucian, dov’è?” chiesi.
“Gli ho dato un coltello e detto di fare ciò che deve. Se ha un qualche genere di onore, farà come gli ho suggerito.” Sapevo di cosa stava parlando. Aveva detto a Luke di uccidersi, e Luke quasi sicuramente gli avrebbe obbedito.
Penso di essere svenuta. Ricordo una terribile e fredda oscurità, e poi di essermi svegliata nel mio letto, con Valentine al mio fianco. Si stava ravvivando i capelli. “Adesso non portare il lutto per lui,” disse, “avremmo dovuto farlo settimane fa, quando è morto per davvero. Ciò che stava sui gradini d’ingresso di casa nostra, oggi, non era Lucian.”
Ma io non gli credei. Anche dietro tutta quella maschera di sangue, avevo scorto gli occhi di Luke mentre mi guardava, quella mattina. Avrei riconosciuto quello sguardo ovunque, e non apparteneva a un mostro. Seppi allora, con terribile certezza, che perdendo Luke avevo perso la cosa più importante di tutta la mia vita.
Fui avvolta da una terribile tristezza. Se non fosse stato per il bene del bambino, non credo che durante gli orribili mesi successivi avrei mangiato o dormito. Potevo solo sperare che Luke non si fosse suicidato, ma avesse solo deciso di andarsene. Andai da Amatis augurandomi che mi avrebbe aiutata a cercarlo, ma aveva già i suoi problemi a tormentarla. Valentine aveva affidato a Stephen il posto da luogotenente di Luke – ma non riusciva a tollerare che fosse sposato con Amatis. Sosteneva che fosse per il modo in cui lei si era opposta al trattamento che aveva riservato al fratello, ma la mia teoria era che vedendola si risvegliassero in lui i sensi di colpa per Luke. In ogni caso, riuscì a convincere Stephen a divorziare e risposarsi con una giovane bellissima di nome Céline. Amatis era devastata, al punto da rifiutarsi di vedermi, incolpando me insieme a Valentine per la sua infelicità. E così persi un’altra amica.
Disperata, mi recai da Ragnor Fell e lo supplicai di cercare notizie di Luke tra i Nascosti. Rimase a lungo in silenzio, dopo la mia richiesta. Poi disse: “Alcuni mi guarderebbero davvero molto male, se ti aiutassi.”
“Ma conosci la mia famiglia da anni!” protestai. “Mi conosci sin da quando ero una ragazzina.”
“A quel tempo eri Jocelyn Fairchild. Adesso sei Jocelyn Morgenstern, la moglie di Valentine.” Pronunciò il nome di Valentine come se fosse veleno.
“Valentine stermina solo chi infrange gli Accordi,” risposi debolmente, pensando a quella famiglia di licantropi e alle ossa che Valentine aveva nascosto nel loro caminetto. Ma di certo poteva essersi trattato di un caso isolato, no?
“Non è vero,” disse Fell, “e fa anche peggio che uccidere. Se farò questo per te, se cercherò Lucian Graymark, allora voglio che tu faccia qualcosa in cambio per me. Dovrai seguire tuo marito, una notte, e vedere dove va.”
E così feci. Una notte finsi solo di bere il tè che mi aveva portato e di addormentarmi al suo fianco. Quando si alzò e lasciò la stanza, lo seguii. Lo vidi entrare in libreria e prendere un libro; quando lo tolse, la parete scivolò via e lasciò dietro di sé un buco oscuro…
Non ti ho mai raccontato la storia della moglie di Barbablù quando eri una bambina, vero? Ne dubito; quel racconto ancora mi terrorizza. Il marito disse a sua moglie di non guardare mai nella stanza chiusa a chiave, ma lei guardò e trovò i resti di tutte le mogli che lui aveva ucciso prima di sposare lei, esposti come farfalle in una teca di vetro. Ero spaventata – ma avevo fatto una promessa a Fell. Dovevo scoprire ciò che stava facendo Valentine. Una notte attesi finché non lasciò la casa, e poi andai in libreria e tolsi il libro dal suo posto.
Utilizzai la mia stregaluce per guidarmi giù nell’oscurità. L’odore – oh, l’odore lì dentro, come sangue e morte e putrefazione. Aveva scavato in quelle che un tempo erano state le cantine del vino. Ora c’erano delle celle, con cose imprigionate al loro interno. Creature demoniache, legate con catene elettriche, che si contorcevano e agitavano e gorgogliavano, ma anche di più, molto più di così – corpi di Nascosti, in stati diversi della morte e del morire. C’erano licantropi, i cadaveri per metà sciolti dalla polvere d’argento. Vampiri che erano stati tenuti a testa in giù nell’acqua santa finché la loro pelle non si era staccata dalle ossa. Fate con la pelle trafitta dal gelido acciaio.
Anche adesso, non riesco a pensare a Valentine come a un torturatore. Non per davvero. Non è che si godesse il loro dolore. Sembrava star perseguendo un fine quasi scientifico. C’erano libri pieni di note accanto a ogni cella, registri meticolosi riguardo ogni esperimento, su quanto tempo ci avesse messo ogni creatura a morire. Dai suoi scarabocchi, sembrava quasi che avesse iniettato in quegli esseri sangue di demone – ma non poteva essere vero. Chi sano di mente farebbe mai qualcosa del genere?
C’era un vampiro la cui pelle era stata ripetutamente bruciata per scoprire se era possibile arrivare a un punto oltre il quale la povera creatura non avrebbe più potuto rigenerarsi. Di fronte alla pagina in cui aveva registrato quel particolare esperimento, Valentine aveva scritto una serie di note con un titolo che riconobbi. Jocelyn.
Il cuore cominciò a martellarmi nel petto. Con le dita che mi tremavano, voltai le pagine; le parole mi si impressero a fuoco nel cervello. Jocelyn ha di nuovo bevuto la miscela. In lei non ci sono cambiamenti visibili, ma, di nuovo, è il bambino a interessarmi… Con le dosi regolari di ichor demoniaca che le sto somministrando, il bambino potrebbe essere in grado di qualsiasi prodezza… La scorsa notte ho sentito il battito del cuore del bambino, più forte di qualsiasi altro battito umano; il suono sembrava quello di una campana possente, rintoccava l’inizio di una nuova generazione di Shadowhunters, il sangue degli angeli e dei demoni miscelato per produrre poteri oltre ogni possibile immaginazione… il potere dei Nascosti non sarà più il più grande su questa terra…
C’era più di così, molto di più. Artigliai le pagine, le dita che tremavano, la mente che scorreva i miei ricordi, ripensava alla mistura che Valentine mi aveva dato da bere ogni notte, i lividi sul mio corpo al mattino, le punture. Tremai tutta, così tanto che il libro mi cadde di mano e colpì il pavimento.
Il suono mi risvegliò dal mio stato di torpore. Corsi su per le scale, attraverso il varco in libreria, fino a tornare in camera. Freneticamente cominciai a raccogliere le mie cose, gettando solo ciò che avevo di più caro nella borsa. Avevo vagamente progettato di correre a casa dei miei genitori, capisci, e supplicarli di farmi restare con loro. Ma non riuscii ad arrivare fino a quel punto. Chiusi la borsa, mi voltai verso la porta – e lì c’era Valentine, che mi guardava in silenzio.
I miei nervi, già provati, si spezzarono come corde rotte. Gridai e lasciai cadere la borsa per terra, indietreggiando lontano da mio marito. Lui non si mosse, ma vidi i suoi occhi scintillare come quelli di un gatto nella luce dell’alba. “Che significa, Jocelyn?”
Non potevo mentire. “Ho scoperto la tua porta nella libreria,” dissi. “E visto ciò che c’è lì sotto. Il tuo teatro da macellaio.”
“Quelle cose lì sotto sono mostri…”
“E io che sono? Sono un mostro?” gli urlai. “Che mi hai fatto? Che hai fatto al nostro bambino?”
“Nulla che lo ferirà. Ti assicuro che è parecchio in salute.” Il volto di Valentine era un’immobile maschera bianca.
Perché non mi ero mai resa conto, prima di allora, di quanto potesse sembrare mostruoso? Eppure il suo tono non si alzò, non cambiò mai mentre mi parlava dei suoi esperimenti, del modo in cui aveva cercato di insegnare a se stesso come uccidere più efficacemente i Nascosti, come sterminarli in grossi numeri. Aveva addirittura tentato di iniettare loro del sangue demoniaco – ma, con sua somma sorpresa, non aveva ottenuto l’effetto desiderato. Anziché risultare fatale, li aveva solo resi più forti, veloci, e in grado di resistere ai danni che cercava di far loro. “Se ha quell’effetto sui mezzi uomini,” disse, col viso che gli splendeva, “pensa a ciò che potrebbe fare agli Shadowhunters.”
“Ma quelle creature sono già in parte demone – noi no! Come hai potuto pensare di fare degli esperimenti sul tuo stesso bambino?”
“Prima ho sperimentato su me stesso,” disse con calma, e mi raccontò di come si era iniettato sangue di demone nelle vene. “Mi ha reso più forte, veloce,” annunciò, “e sono un adulto – pensa cosa farà a un neonato! Il guerriero che potrebbe svilupparsi da questo…”
“Sei pazzo,” gli dissi, tremando. “Tutto questo tempo ho pensato di starti tenendo umano, ma non lo sei. Sei un mostro – peggio di quelle robe patetiche che tieni giù nelle celle.”
Era un mostro – lo sapevo – e tuttavia, per certi versi, riuscì a sembrare profondamente offeso da ciò che gli avevo detto. Mi si avvicinò. Cercai di aggirarlo e raggiungere la porta, ma mi afferrò per il braccio. Inciampai e caddi, colpendo il pavimento. Mentre tentavo di rialzarmi, un dolore bruciante mi attraversò il corpo. Mi sentivo gli abiti incollati addosso, umidi e pesanti; guardai in basso, e scoprii di essere distesa in una pozza del mio sangue che continuava a espandersi. Cominciai a urlare, non fermandomi neanche mentre perdevo conoscenza.
Mi risvegliai nel mio letto, intontita e disperatamente assetata. “Jocelyn, Jocelyn,” mormorò una voce nel mio orecchio. Era mia madre. Mi scostò i capelli dalla fronte e mi diede dell’acqua. “Eravamo così spaventati,” disse. “Valentine ci ha chiamati…”
Guardai in basso, a quel punto, e vidi il mio stomaco ora piatto. “Il mio bambino,” sussurrai con le lacrime che mi bruciavano gli occhi. “È – morto?”
“Oh, Jocelyn! No!” Mia madre saltò in piedi e si affrettò verso qualcosa nell’angolo. Una culla – la mia culla, quella in cui avevo dormito da neonata. Sollevò un fagotto di coperte e mi si avvicinò piano, cullandolo tra le braccia. “Ecco,” disse, sorridendo. “Stringi tuo figlio.”
Lo presi con stupore. Sulle prime pensai che si adattava perfettamente alle mie braccia, che la coperta in cui era avvolto era morbida, e che era così piccolo e delicato, con solo un ciuffo di capelli chiari sulla cima della testa. Ripresi a respirare – e a quel punto lui aprì gli occhi.
Fui scossa da un’ondata di orrore. Mi sentivo come se stessi facendo il bagno nell’acido – sentivo la pelle bruciarmi via dalle ossa, e tutto ciò che potei fare fu non gettarlo per terra e cominciare a urlare.
Dicono che ogni madre sia in grado di riconoscere istintivamente il suo bambino. Suppongo che sia vero anche il contrario. Ogni nervo nel mio corpo mi urlava che quello non era mio figlio, che tra le mie braccia stava qualcosa di orribile e innaturale e inumano, simile a un parassita. Come faceva mia madre a non rendersene conto? Eppure lei mi stava sorridendo come se non ci fosse nulla si sbagliato. “È un bambino così buono,” disse. “Non piange mai.”
“Si chiama Jonathan,” esclamò una voce dalla porta. Alzai lo sguardo e vidi Valentine osservare il quadro che gli presentava davanti con espressione quasi impassibile, anche se il lieve sorriso sulle sue labbra mi diceva che sapeva perfettamente anche lui che nel bambino c’era qualcosa di terribilmente sbagliato. “Jonathan Christopher.”
Il bambino aprì gli occhi, come riconoscendo il suono del suo nome. Aveva gli occhi neri, neri come la notte, insondabili come gallerie scavate nel suo cranio. Potevo guardarli e vedere nient’altro che un vuoto terribile.
Fu a quel punto che svenni.
Quando mi risvegliai, molto più tardi, mia madre se n’era andata. Valentine l’aveva mandata a casa – non ho idea di come avesse fatto – e adesso stava seduto sul bordo del mio letto, tenendo il bambino in braccio mentre mi guardava. Anche gli occhi di tuo padre erano neri, e li avevo sempre trovati sorprendenti, così in contrasto coi suoi capelli quasi bianchi; in quel momento, però, mi ricordarono unicamente quelli del bambino. Mi ritrassi da entrambi.
“Il nostro bambino ha fame,” disse Valentine. “Devi sfamarlo, Jocelyn.”
“No.” Mi voltai dall’altra parte. “Non posso toccare quella… quella cosa.”
“È solo un bambino.” La voce di Valentine era morbida, persuasiva. “Ha bisogno della sua mamma.”
“Sfamalo tu. Sei tu ad averlo creato. Non è il mio bambino.” Mi si ruppe la voce.
“Lo è. Il tuo sangue, la tua carne. E se non gli dai da mangiare, Jocelyn, morirà.” Lasciò il bambino steso sulle coperte accanto a me e se ne andò dalla stanza.
Fissai la piccola creatura al mio fianco per un sacco di tempo. Sembrava un bambino – i suoi pugni piccoli e spiegazzati, il viso minuscolo e il ciuffo di capelli bianchi sul capo avevano tutti un’aria infantile. I suoi occhi simili a gallerie erano chiusi, la bocca aperta in un pianto silenzioso e miagolante. Cercai di immaginare di lasciarlo semplicemente lì, lasciarlo finché non fosse morto di fame, e il mio cuore parve trasformarsi in vetro. Non potevo farlo.
Sollevai Jonathan tra le braccia. Anche mentre lo toccavo, provai la stessa ondata di repulsione e orrore di prima, ma stavolta la combattei. Scostai la vestaglia e mi preparai a sfamare mio figlio.
Forse in questo bambino c’era qualcosa, una piccola parte di me; qualcosa di umano, qualcosa che potessi raggiungere, in qualche modo.
Per tutti i mesi successivi, mi presi cura come meglio potevo di Jonathan. Tutto il mio corpo sembrava rivoltarsi contro di lui. Non producevo latte ed ero costretta a dargli da mangiare con una bottiglia. Potevo tenerlo in braccio solo per poco tempo prima di sentirmi sul punto di svenire, debole, come se stessi troppo vicina a qualcosa di radioattivo. Mia madre veniva e lo teneva d’occhio, a volte, il che era un sollievo immenso. Non sembrava notare niente di sbagliato nel piccolo, anche se di quando in quando la trovavo a fissare la culla con aria perplessa, una domanda inespressa negli occhi…
Ma chi avrebbe potuto chiedere qualcosa del genere? Chi avrebbe anche solo potuto sopportare di pensarlo? Jonathan sembrava un bambino perfettamente normale; quando lo portai al suo primo incontro col Circolo, tenendolo tra le braccia, tutti mi dissero che era bellissimo, con colori straordinari, proprio come quelli di suo padre. C’era anche Michael Wayland col suo bambino, che aveva proprio la stessa età del mio. Condividevano pure lo stesso nome: Jonathan. Osservai Michael giocare con suo figlio e mi sentii male per l’invidia e l’odio verso Valentine. Come poteva aver fatto una cosa simile? Che razza di uomo fa una cosa simile alla sua stessa famiglia?
“Per l’Angelo, di che cose meravigliose sarà in grado, una volta cresciuto,” sussurrava a volte, sporgendosi su Jonathan nella culla, e il bambino gorgogliava in risposta. Si trattava di una delle poche occasioni in cui faceva rumore. Jonathan era un bambino silenzioso, che non piangeva o rideva mai; ma se gli capitava di rispondere a qualcosa, quel qualcosa era Valentine. Forse si trattava del demone in entrambi.
Fu in quel periodo che ricevetti un messaggio segreto da Ragnor Fell. Mi chiese di incontrarlo al suo cottage. Cavalcai lì un giorno che Valentine era andato a casa di Stephen Herondale, lasciando Jonathan con mia madre. Fell mi incontrò al cancello. “Lucian Graymark è vivo,” disse senza preamboli, e io quasi caddi dal mio cavallo.
Lo supplicai di dirmi ciò che sapeva. Si limitò a guardarmi freddamente. “E che dirai di ciò che sai, Jocelyn Morgenstern? Hai fatto come ti avevo domandato, e seguito tuo marito?”
Passeggiando per il suo giardino, gli raccontai tutto: di ciò che avevo trovato nella cantina di Valentine, del libro, del sangue di demone, degli esperimenti di Valentine, e pure di Jonathan. Lui parlò molto poco, ma anche così capii che, pure con tutto ciò che già sapeva su Valentine, le mie parole l’avevano scosso profondamente.
“E ora dimmi di Lucian,” chiesi. “È al sicuro? Sta bene?”
“È vivo,” rispose Fell, “ed è il capo del branco sul margine orientale di Brocelynde.” Mentre lo ascoltavo, incredula, mi raccontò che Luke aveva sconfitto il vecchio lupo che l’aveva morso, uccidendolo in battaglia e diventando lui stesso il capo del branco. “Questa storia sta facendo il giro di tutti i Nascosti,” disse. “Il capo del branco che un tempo era uno Shadowhunter.”
Avevo un solo pensiero in mente. “Devo vederlo.”
Fell scosse il capo. “No. Ho fatto già abbastanza per te, Jocelyn. Dici di odiare Valentine, eppure non fai niente per combatterlo. Ti aiuterò – ti porterò da Lucian –, ma solo se sei disposta ad appoggiare la causa e distruggere Valentine e il Circolo. Altrimenti, ti suggerisco di salire sul tuo cavallo e tornare a casa.”
“Non possiamo battere Valentine. Il Circolo è troppo forte,” obiettai.
“La debolezza di Valentine è la sua arroganza,” rispose Fell. “E proprio per questo tu sei l’arma migliore. Sei vicina a Valentine più di chiunque altro. Puoi infiltrarti nel Circolo, raccogliere informazioni, scoprire i suoi punti deboli e le sue debolezze. Apprendere quali sono i loro piani. Potresti essere la spia perfetta.”
Ed è così che divenni una spia in casa mia. Accettai ogni richiesta di Fell – avrei accettato qualsiasi cosa pur di poter rivedere Luke. Alla fine del nostro incontro, diedi a Fell la mia parola, e lui mi diede una mappa.
Quando entrai a cavallo nell’accampamento dei licantropi di Luke, la prima cosa che pensai fu che mi avrebbero uccisa di certo. Ne ero certa, mi avevano riconosciuta come moglie di Valentine Morgenstern, il loro più grande nemico. “Devo vedere il vostro capo,” dissi, mentre accerchiavano il mio cavallo. “Lucian Graymark. È un mio vecchio amico.”
E poi Luke venne fuori da una delle tende e mi corse incontro. Sembrava – era ancora Luke, ma era cambiato. Sembrava più vecchio. Aveva dei capelli grigi, pur essendo solo un ventiduenne. Mi prese tra le braccia e mi strinse e non c’era nulla di sbagliato, in questo, nell’essere abbracciata da un licantropo. Era semplicemente Luke.
Mi resi contro di star piangendo. “Come hai potuto?” gli chiesi. “Come hai potuto permettere che ti credessi morto?”
Ammise di non aver saputo con certezza quanto fossi leale a Valentine, o quanto potesse fidarsi di me. “Ma adesso so di potermi fidare,” disse col suo vecchio sorriso. “Hai fatto tutta questa strada per trovarmi.”
Gli raccontai tutto quello che potevo, della violenza e follia crescenti di Valentine, del mio disincanto nei suoi confronti. Non potei digli tutto, degli orrori delle cantine, di ciò che Valentine aveva fatto a me e a mio figlio. Sapevo che l’avrei solo fatto arrabbiare, che non sarebbe stato in grado di fermarsi e non andare a cercare Valentine per ucciderlo, e così facendo si sarebbe solo fatto ammazzare. E non potevo permettere che nessuno sapesse cos’era successo a Jonathan. A dispetto di tutto, era comunque il mio bambino.
Luke e io ci mettemmo d’accordo per vederci ancora e scambiarci informazioni riguardo ciò che stava succedendo nel Circolo. Glielo riferii, quando si allearono coi demoni, e quando rubarono la Coppa Mortale, e gli raccontai dei loro piani per distruggere gli Accordi in programma. Quei momenti con Luke erano gli unici in cui potevo essere me stessa. Il resto del tempo recitavo – recitavo la moglie con Valentine, il membro del Circolo contento coi nostri amici. Non lasciar capire a Valentine quando mi disgustasse era la parte peggiore.
Per fortuna, lo vedevo solo raramente. Mentre gli Accordi si avvicinavano, il Circolo intensificò i suoi progetti per attaccare i Nascosti disarmati nella Sala dell’Angelo e ammazzarli tutti insieme. Io sedevo silenziosa, durante i loro incontri, incapace di partecipare alle loro impazienti progettazioni; comunque, sapevo di dover recitare la parte di membro appassionato del gruppo. Céline Herondale, che era parecchio incinta, mi sedeva spesso accanto; era spesso malinconica, confusa dall’entusiasmo del Circolo. Anche se non aveva mai ben capito il loro appassionato odio per i Nascosti, supportava comunque Valentine. “Tuo marito è così gentile,” mi diceva con voce dolce. “Si preoccupa così tanto per me e Stephen. Mi dà delle pozioni e delle miscele per la salute del bambino, sono meravigliose.”
Le sue parole mi congelavano. Volevo dirle di non fidarsi di Valentine o di non accettare ciò che le dava, ma non potevo. Suo marito era l’amico più intimo di Valentine, e di certo mi avrebbe tradito, riferendoglielo. La mia paura di venire scoperta crebbe di giorno in giorno – contrabbandavo le informazioni a Luke il più velocemente possibile, con il terrore costante che un mio passo falso mi avrebbe fatta scoprire da mio marito. Lo vedevo ogni volta che potevo. Tenevo con lui una valigia coi miei beni più preziosi, nel caso in cui fossimo stati costretti a lasciare insieme Idris – gioielli che mi aveva dato Valentine, che speravo di poter vendere, un giorno, nel caso in cui mi fosse servito del denaro; lettere dai miei genitori e dai miei amici; una scatola che aveva realizzato mio padre per mio figlio, con le sue iniziali incise sopra, che conteneva una ciocca di capelli di Jonathan – morbidi, setosi capelli bianchi, dello stesso colore di quelli di suo padre. Non avresti mai potuto capire, guardandoli, che c’era qualcosa di sbagliato, nel mio bambino…
Cominciai ad avere sempre più paura che Valentine avrebbe scoperto la nostra cospirazione segreto e cercato di torturarmi per ottenere la verità – chi apparteneva alla nostra alleanza? Quanto avevo tradito i suoi piani? Mi chiedevo come avrei sopportato la tortura, se sarei riuscita a resistere. Avevo tremendamente paura di non farcela.
Alla fine decisi di prendere un accorgimento per evitare che succedesse. Andai da Fell con tutte le mie paure e lui creò una pozione per me che mi avrebbe fatta immediatamente cadere in un sonno da cui potevo essere svegliata solo utilizzando un antidoto la cui ricetta era contenuta nel Libro Bianco, uno dei libri d’incantesimi più antichi degli stregoni. Mi diede una fiala con la pozione e un’altra con l’antidoto, e mi incaricò di nasconderle a Valentine, cosa che feci. Temevo che Valentine avrebbe trovato una copia del Libro, così una notte scesi nelle gallerie tra la nostra casa e quella dei Wayland e lo nascosi nella loro libreria.
Dopo, riuscii ad addormentarmi più facilmente – se si esclude una cosa. Temevo che avrei preso la pozione, sarei caduta in quel sonno simile alla morte e nessuno mi avrebbe risvegliata, nessuno avrebbe saputo cosa mi era successo. Pensai alla conclusione di Romeo e Giulietta e immaginai di essere sepolta viva… ma di chi potevo fidarmi abbastanza da svelargli quest’informazione? Non potevo dire a Luke ciò che avevo fatto, perché anche lui sarebbe potuto essere compromesso e torturato e, egoisticamente, avevo troppa paura per lui, per la sua sicurezza. Dirlo ai miei genitori avrebbe ovviamente significato dover spiegare loro tutto l’orrore della mia situazione, e non potevo farlo. Non mi fidavo più di nessuno dei miei vecchi amici – non di Maryse, non degli altri. Erano troppo in balia di Valentine.
Alla fine, mi resi conto che c’era una sola persona a cui avrei potuto dirlo. Mandai una lettera a Madeliene spiegandole cosa avevo progettato di fare e in che modo avrebbe potuto risvegliarmi. Non ricevetti mai una sua risposta, anche se sapevo che il messaggio le era stato consegnato. Dovevo credere che l’aveva letto e capiva la mia decisione. Non potevo aggrapparmi a nient’altro.
Fu in quel periodo, più o meno, che Stephen Herondale venne ucciso in una spedizione contro un nido di vampiri. Valentine e gli altri che erano stati in squadra con lui andarono alla residenza degli Herondale per riferire la notizia a Céline. All’epoca era incinta di otto mesi. Dissero che aveva un’aria composta, che aveva chiesto loro solo di poter salire al piano di sopra a raccogliere le sue cose prima di andare a vedere il corpo.
Non tornò mai al piano di sotto. Céline – dolce, graziosa, gentile Céline, che non aveva mai fatto di sorprendete o mostrato una singola scintilla d’indipendenza – che aveva seduto accanto a me durante gli incontri del Circolo e sembrava preoccupata, con quella sua piccola voce, per la sicurezza del marito – Céline si tagliò i polsi e morì silenziosamente nel letto che aveva condiviso con suo marito mentre gli amici di lui la attendevano al piano di sotto.
Fu una tragedia che sconvolse il Circolo. Sentii dire che i genitori di Stephen, dopo la morte del figlio e il suicidio della nuora, erano quasi impazziti; il padre di Stephen morì un mese o due dopo, presumibilmente per lo shock. Provavo pietà per Céline, ma per certi versi la invidiavo anche. Aveva trovato una via d’uscita dalla sua situazione; io non ne avevo nessuna.
Un paio di notti più tardi fui svegliata dal pianto di un bambino. Mi tirai di scatto a sedere e quasi saltai fuori dal letto. Jonathan, capisci, non piangeva mai – non aveva mai fatto un rumore. Il suo silenzio innaturale era una delle cose di lui che mi angosciava di più. Devo essere l’unica madre nella storia del mondo ad aver sperato che suo figlio piangesse e la svegliasse, che piangesse pure per tutta la notte; ma non succedeva mai. Eppure era il suono del pianto del bambino quello che stava echeggiando per le mura di casa.
Mi precipitai per il corridoio fino alla camera del bambino, portando con me la stregaluce. Lanciò strane ombre sulla parete, mentre mi chinavo su Jonathan. Dormiva in silenzio. Eppure il pianto non si era fermato, sottile e stridulo, il suono di un bambino in difficoltà che mi straziava il cuore. Mi diressi giù per le scale, nella libreria vuota. Riuscivo ancora a sentire il pianto, che proveniva da dentro le mura. Allungai una mano verso il libro al suo posto sullo scaffale…
E non successe nulla. La libreria non si spostava più dal suo posto. E il pianto arrivò di nuovo, come se fosse sotto la casa, o dentro le mura, esasperandomi. Ma quest’abitazione era stata mia più a lungo che di Valentine; ci avevo passato ogni estate, quando ero ragazza. Se mio marito non pensava che io avessi esplorato il posto, in tutti quegli anni, si sbagliava. Scostai il tappeto persiano che ricopriva il pavimento della libreria. Dietro c’era una botola; si aprì così facilmente che capii che doveva essere stata usata di recente.
I tunnel sotto le case degli Shadowhunters non sono cosa infrequente; vengono utilizzati in caso di attacchi di demoni, come modo per raggiungere la casa di qualcun altro in segreto. Questa galleria aveva, un tempo, connesso casa nostra con quella dei Wayland, ma poi mio padre l’aveva chiusa. Adesso era stato riaperto, senza dubbio da Valentine, e le strette pareti di pietra conducevano dentro l’oscurità. Riuscivo ancora a sentire, in distanza, il pianto del bambino…
Seguii il rumore, a piedi nudi sulla pietra fredda, fermandomi, di tanto in tanto, con un sussulto quando un ratto o un topo mi passavano davanti. Alla fine il tunnel si aprì in una larga stanza di pietra, che un tempo, probabilmente, era stata una cantina per il vino. Rannicchiato in un angolo della stanza stava un uomo – ma non era un uomo, capii, fissandolo, perché ali simili alla neve gli si alzarono dalle spalle come due grandi archi d’avorio, e la sua pelle splendeva come metallo liquido. I suoi occhi erano d’oro, e così tristi…
Le sue caviglie erano state ammanettate con elettro e catene d’elettro, conficcate nel pavimento di pietra, che lo tenevano per terra; ma ciò che lo imprigionava davvero era il cerchio di rune che gli stava intorno. Mi sentivo attratta verso di lui, trascinata da una forza impossibilmente potente. Mentre mi avvicinavo, vidi che ai suoi piedi, sistemato su una coperta, stava il bambino che avevo sentito piangere. Il suo piagnucolio era debole, ora – esausto, probabilmente –, un bambino piccolo con capelli d’oro e occhi che si chiusero velocemente. Caddi in ginocchio, prendendo il bambino tra le braccia, e mentre lo stringevo sentii la più strana delle sensazioni attraversarmi – l’opposto di ciò che avevo provato mentre stringevo Jonathan per la prima volta. Una sensazione di pace opprimente…
Per quanto a lungo rimasi lì stringendo il bambino, non saprei dirlo. Alla fine alzai lo sguardo e vidi l’angelo – perché sapevo ciò che era – osservarci, i suoi occhi d’oro impassibili. Quando incontrai il suo sguardo, seppi immediatamente il suo nome: Ithuriel.
“Aiutami,” gli dissi e, anche se il suo viso non cambiò espressione, chinò la testa e le sue ali si abbassarono, avvolgendomi in una nuvola bianca di silenzio e morbidezza. Sentii più pace in quel momento di quanta ne avessi sentita durante il mio matrimonio con Valentine – e poi un fastidio acuto, un affilato dolore d’oro mi attraversò, e al mattino, quando mi risvegliai nel mio letto, fu quell’ultima cosa che riuscii a ricordare.
Mi dissi che doveva essersi trattato di un sogno. Quel genere di sogno vivido, allucinante, che fanno le donne quando sono incinte – ed ero incinta. Avevo continuato a negarlo a me stessa per almeno un mese, ma quella mattina, quando mi svegliai, seppi che era così, e una visita del dottore me lo confermò. Stavo per avere un bambino – di nuovo.
Ero inorridita. Sapevo ciò che Valentine aveva fatto al mio ultimo bambino – e a quest’altro? Da quando sapeva che ero incinta? Non gli dissi nulla, ma lui a volte mi guardava con gli occhi di chi sa, lo sguardo che mi attraversava come la lama di un coltello attraversa l’acqua. Sapeva – oh, sapeva…
Arrivò il giorno della Rivolta. Quel terribile giorno. So che hai sentito raccontare da Luke ciò che è successo: gli Accordi, l’agguato, la sanguinosa e prolungata battaglia che li seguì. Cercai di segnare gli Shadowhunters che non erano coinvolti nel Circolo, così che i membri della Rivolta non li ferissero, ma c’era così tanto caos – così tanto sangue –, tante vite vennero perse, molte più di quanto avremmo mai pensato. E lì, alla fine, fronteggiai Valentine con Luke al mio fianco, e nei suoi occhi vidi la verità diventare chiara. Mi ero chiesta per tutto il tempo se lui sapesse ciò che provavo e ciò che stavo facendo durante l’ultimo anno del nostro matrimonio – ma, ora glielo leggevo in viso, non ne aveva saputo niente. Il dolore nei suoi occhi, mentre mi guardava, era quasi reale, e a dispetto di tutto mi colpì al cuore. “E ora voi due avete progettato insieme di tradirmi,” ringhiò, il volto chiazzato di sangue. “Rimpiangerete ciò che avete fatto per il resto delle vostre vite.”
Luke gli si lanciò contro, ma Valentine mi strappò il medaglione d’argento e lo scagliò contro Luke, bruciandolo gravemente. Luke barcollò indietro mentre Valentine mi agguantava e mi trascinava verso la porta. Mi stava ringhiando cose orribili all’orecchio, cose che avrebbe fatto ai miei genitori, a Jonathan, come avrebbe trasformato la mia vita in un inferno per ciò che gli avevo fatto.
Abbandonai la battaglia, i feriti, tutto, e mi precipitai a casa. Era troppo tardi. Luke ti avrà detto ciò che abbiamo trovato, immagino – io stessa lo ricordo come se fosse un sogno. Il cielo nero, alto su di noi, la luna così brillante che riuscivi a vedere tutto: la casa trasformata in cenere dal fuoco demoniaco, caldo abbastanza da fondere il metallo, che correva tra le ceneri come fiumi di argento sciolto sul viso nudo della luna. Trovai le ossa dei miei genitori, lì in mezzo, e le ossa del mio bambino, e poi, alla fine, le ossa di Valentine stesso, il pendente del Circolo che portava sempre intorno alla sua gola scarnificata…
Luke mi portò fuori città quella notte stessa. Ero intontita e silenziosa, come una morta vivente. Continuavo a vedere più e più volte i visi dei miei genitori – avrei dovuto avvertirli. Avrei dovuto dire loro ciò di cui Valentine era capace. Avrei dovuto spiegargli i nostri piani per la Rivolta. Non avrei mai pensato…
E a volte sognavo il mio bambino. Vedevo il suo viso da sveglio, il suo sguardo simile a gallerie vuote, e provai di nuovo la stessa repulsione e lo stesso orrore che avevo sentito la prima volta che l’avevo toccato. E sapevo di essere un mostro, dal momento che mi sentivo così. Che madre, sapendo che suo figlio è morto, non può evitare di sentirsi… sollevata?
Nel mercato delle pulci di Clignancourt vendetti l’amuleto del Circolo di Valentine, un oggetto rivoltante che odiavo anche solo guardare. Con quel denaro, mi comprai un biglietto aereo per New York. Dissi a Luke che avrei ricominciato lì la mia vita – come mondana. Non volevo che neppure l’ombra del Conclave o dell’Alleanza fosse in grado di toccare di nuovo la mia vita, o la vita del mio bambino. Provavo odio per ogni cosa remotamente connessa con i Nephilim, gli dissi.
Il che era vero solo in parte. Ero stanca del Conclave, questo era vero, ma sapevo anche che, come moglie di Valentine, adesso che era considerato un criminale, avrebbero voluto farmi delle domande – che sarei sempre stata guardata con sospetto dai legislatori di Idris. Volevo nascondermi da loro. Ma più di tutto, volevo nascondermi da Valentine.
Ero certa che fosse ancora vivo. Continuavo a pensare a ciò che mi aveva detto mentre mi trascinava fuori dalla Sala, al modo in cui aveva promesso di rendere il resto della mia vita una sofferenza. Le sue non erano state le parole di un uomo che progetta di bruciarsi vivo col fuoco demoniaco, non importa quanto disperato fosse per il fallimento dei suoi piani. Valentine non era il genere di persona che si lascia prendere dalla disperazione. Anche con tutto ciò che aveva costruito distrutto, avrebbe cercato di sorgere di nuovo – come una fenice dalle ceneri.
C’era anche un’altra cosa che non potevo dire a Luke. La notte della Rivolta, prima che lasciassimo la città, avevo preso la Coppa Mortale dal nascondiglio in cui Valentine l’aveva sistemata e l’avevo nascosta tra la mie cose. Avevo pensato di ridarla al Conclave, ma ora – non potevo fidarmi di loro perché la tenessero fuori dalla portata di Valentine, non quando erano così ansiosi di crederlo davvero morto. Dovevo essere io a nasconderla, e inesorabilmente, senza dubbio, lui sarebbe venuto a cercarla, e a cercare me.
Luke mi pregò di non lasciarlo. Disse che sarebbe venuto con me – anche quando gli dissi che aspettavo un altro figlio da Valentine, mi rispose che non faceva differenza, che l’avrebbe cresciuto come se fosse suo. Ma non aveva mai incontrato Jonathan – non gli avevo mai raccontato di ciò che Valentine aveva fatto a mio figlio. Come potevo essere certa che non avesse fatto qualcosa di altrettanto terribile al bambino che stavo aspettando adesso? E come potevo chiedere a Luke di condividere quest’orrore con me, o il pericolo di essere inseguito da Valentine, che lo odiava? Era impossibile. Mi rifiutai, più volte, anche se riuscivo a vedere il dolore che gli stavo causando. Anche se sapevo che questo avrebbe probabilmente significato non rivederlo mai più, e il pensiero mandava in frantumi i resti del mio cuore.
Ci separammo all’aeroporto di Orly. Lo tenni stretto finché non chiamarono per l’ultima volta il mio aereo e lui non mi spinse gentilmente verso il varco delle partenze. All’ultimo secondo mi voltai e corsi verso di lui e gli sussurrai all’orecchio – “Valentine è ancora vivo.” Dovevo dirglielo. Non potei evitarlo. Poi corsi sull’aereo senza aspettare la sua reazione.
Atterrai a New York che era mattina presto, l’alba simile all’interno di una perla che riluceva sulla città. Mentre il mio taxi superava Williamsbug Bridge, guardai in basso e vidi l’acqua del fiume sotto di me, increspata qua e là dalle code delle sirene. Anche tra queste pareti di vetro e ferro, in questa città inospitale, il Mondo Invisibile mi circondava ancora…
Sai gran parte del resto. Di come ho trovato un posto dove stare, ho iniziato a lavorare facendo l’unica cosa che sapevo fare, qui nel mondo dei mondani – dipingere. Non che ci fosse così tanto lavoro, per una pittrice. Se non fosse stato per i gioielli che potevo vendere, sarei morta di fame. Trovai in appartamento in un palazzo di proprietà di una coppia di vecchietti gentili, che mi permisero di restare in cambio di un quadro di loro figlio, che era morto all’estero nell’esercito. Raccontai loro che anche mio marito era morto, e si sentirono dispiaciuti per me, penso, una ragazza giovane e incinta che non aveva nessuno al mondo…
La maggior parte delle madri nella mia situazione avrebbe comprato una culla, acquistato giocattoli per bambini e stivaletti e coperte. Io no. Ero terrorizzata. Terrorizzata all’idea che quanto era successo al mio primo figlio potesse succedere pure al secondo. Ricordo che la notte che andai in travaglio e venni portata in ospedale – era così diverso dal partorire ad Alicante, con sterili pareti bianche e tutte quelle terrificanti macchine che facevano bip. Non sono riuscita a smettere di piangere finché non sei nata, e l’infermiera non è entrata nella stanza d’ospedale e ti ha consegnata a me, e io ho guardato in basso.
Ho sentito una grande ondata d’amore e sollievo riversarsi nel mio corpo. I tuoi capelli rossi, i tuoi occhi verdi – eri la mia bambina, mia, non c’era niente di tuo padre, in te, né nulla di mostruoso o demoniaco. Ho pensato che fossi la cosa più perfetta a essere mai venuta al mondo. Lo penso ancora.
La prima volta che ti ho portata al parco, hai visto le fate tra i fiori e sei andata a giocare con loro. Le altre mamme ci guardavano costernate mentre ti prendevo e riportavo a casa. Ero congelata per il terrore. Riuscivo a vedere ciò che vedevi tu, ma nessun’altro poteva. Come avrei potuto crescerti così – insegnandoti a mentire a tutti quelli che conoscevi? Avevo desiderato di darti una vita normale, ma non avevo pensato fino a questo punto. E avevo anche altre paure – c’erano degli Shadowhunters, qui, e anche dei Nascosti, proprio come in ogni altra parte del mondo. Se qualcuno avesse parlato di te, magari quell’informazione sarebbe potuta arrivare a Valentine, e a quel punto lui sarebbe venuto a cercarci. E non potevo permettere che succedesse.
È per questo che ho assunto Magnus Bane. Non sono fiera di ciò che ho fatto. L’ho fatto perché ero spaventata. L’ho fatto perché non riuscivo a immaginare altri modi di proteggerti. L’ho fatto perché ho pensato che una vita di gioia ignara sarebbe stata meglio di una vita di pericolo, una vita in cui saresti stata cacciata. E l’ho fatto, forse, perché speravo di poter dimenticare io stessa tutto ciò che del mio passato ancora mi torturava.
È stato Magnus a presentarmi Dorothea, e Dorothea mi ha dato l’idea di nascondere la Coppa Mortale in un quadro. Ti stavo stringendo tra le braccia quando l’ho incontrata e tu hai tirato fuori una carta dei tarocchi dal mazzo che teneva sul tavolo. Ti ho rimproverata, ma lei si è limitata a dire: “Vediamo che carta ha estratto la bambina.” Era l’Asso di Coppe – la carta dell’Amore. “Avrà una grande amore, nella sua vita,” ha predetto, ma io ero più impegnata a osservare l’immagine sulla carta. Sembrava proprio la Coppa Mortale…
Con la Coppa nascosta in modo sicuro nel mazzo che avevo dipinto per Dorothea, e Dorothea stessa nascosta nel suo Santuario, mi sentivo più calma. Abbastanza calma da non mandarlo immediatamente via, quando Luke si presentò all’improvviso davanti alla nostra porta d’ingresso, con l’aria di chi ha dormito per strada per settimane. Aveva fatto così tanta strada, e mi era mancato tantissimo. Gli permisi di dormire sul divano, e al mattino stava ancora lì, e tu gli stavi seduta sui piedi mentre ti mostrava un semplice gioco con le carte – un gioco da Shadowhunter, qualcosa che non avevo più visto da quando avevo lasciato Idris. Era come se fossimo sempre stati noi tre, come se ci fossimo sempre appartenuti. Non potevo chiedergli di andarsene…
Luke non si è detto d’accordo quando gli ho raccontato ciò che avevo fatto fare ai tuoi ricordi da Magnus, ma si trattava di una questione da cui non potevo essere smossa. Ho cercato di farlo ragionare dicendogli che non conosceva tutta la verità, e che se l’avesse saputa, sarebbe stato d’accordo con me. Adesso so che mi sbagliavo. Luke è sempre stato il genere di persona che crede nella verità, non importa quanto crudele o spietata sia, e avrebbe voluto che tu sapessi.
Almeno adesso lo sai – e se ora mi odi, almeno sarà per la verità e non per delle bugie. E almeno sai che ti ho sempre amata e che sei sempre stata la cosa più importante del mondo, per me. Quella notte, quando Valentine e i suoi demoni hanno fatto irruzione dell’appartamento in cerca della Coppa, ho a stento avuto il tempo di prendere la pozione che mi aveva dato Ragnor Fell prima che fosse troppo tardi – ma ho atteso, ho aspettato almeno di chiamarti e dirti che ti volevo bene.
Ogni cosa mai successa a Idris, ogni cosa che Valentine ha mai fatto, è valsa la pena, perché avevo te.
C’è un’altra cosa che devo dirti. Magnus mi ha raccontato di Jace, e di ciò che ti è successo a Renwick, e ciò che tuo padre vi ha detto. Che credi che la verità su te stessa e tuo fratello non sia vera.
Dopo aver preso la pozione, Valentine ha cercato di svegliarmi, ma non c’era niente che funzionasse. Quando mi ha portata a Renwick stavo lì, congelata, a volte cosciente e altre no. Non potevo muovermi o parlare, ma mi rendevo conto, di tanto in tanto, che c’erano persone che entravano e uscivano dalla stanza. Pangborn e Blackwell sono venuti a farsi beffe di me, anche se non mi hanno mai toccata. E a volte Valentine veniva a sedersi sul bordo del letto, e mi parlava.
Mi ha parlato come le anime dei morti all’Inferno parlavano a Dante, raccontandogli la verità sulla loro vita perché pensavano che non sarebbe mai tornato sulla Terra per tradirli. Credo fosse sollevato dall’avere qualcuno con cui parlare, così come, un tempo, io mi ero completamente confidata con Ragnor Fell.
Mi ha raccontato di come avesse pensato, quando ci siamo sposati, che avremmo affrontato il mondo insieme, uniti contro il Conclave e gli Accordi. Mi ha raccontato che quando Jonathan è nato, si è reso conto di avermi persa, che l’avrei odiato per sempre per ciò che aveva fatto. Ma un vero guerriero deve essere pronto a sacrificare ogni cosa, persino sua moglie. Persino la sua famiglia. Valentine la pensava così. Era un moderno crociato, e tutto ciò che ha fatto era per amore della sua causa. Deus volt, ha detto. Perché lo vuole Dio.
Dopo la nascita di Jonathan, Valentine aveva sospettato che mi sarei rifiutata di avere altri bambini. E questo, aveva pensato, era un peccato, perché aveva immaginato i nostri figli come un esercito di Shadowhunters superiori – resi così da lui. Sapeva però di non potermi forzare ad avere altri figli, se non li volevo, così aveva deciso di dedicare le sue attenzioni a Céline Herondale. Era giovane, dedicata, impressionabile. Quando rimase incinta, le diede miscele da bere, così come aveva fatto con me, sostenendo che si trattasse di pozioni realizzate da uno stregone che avrebbero giovato alla salute del suo bambino. Céline prese le droghe, le poveri, le pozioni che le diede; lasciò persino che gliele iniettasse lui, come se fosse un dottore. Era assolutamente fiduciosa.
E poi successe qualcosa che Valentine non si era aspettato. In uno scontro contro un nido di vampiri, Stephen rimase ucciso. E Céline – l’impressionabile, emotiva, facilmente influenzabile Céline – bevve una boccetta di veleno e si uccise. Gli Herondale arrivarono di corsa, bruciarono il corpo di Stephen e seppellirono quello di Céline in un mausoleo appena fuori la Città di Ossa – nessun suicida può essere sepolto all’interno delle sue mura.
Si potrebbe pensare che la storia finisca così. Ma Valentine sapeva che ciò che aveva fatto aveva cambiato il bambino all’interno di Céline, e doveva scoprire in che modo. Così prese Hodge e andò lui stesso nella Città di Ossa, nel cuore della notte. Entrò nel mausoleo degli Herondale e ruppe la bara di Céline. E poi, usando la lama affilata del kindjal, le aprì lo stomaco e tirò fuori il bambino ancora vivo dal suo cadavere.
Ogni altro neonato sarebbe morto con la madre. Ma Valentine aveva dato a Céline dosi regolari del sangue di Ithuriel. Il sangue del Cielo, puro e concentrato, e grazie ai suoi effetti, per qualche miracolo, il piccolo era ancora vivo.
Portò il bambino a casa nostra, quella notte, la notte che il pianto di un neonato mi svegliò e io trovai l’angelo legato nella cantina dei Wayland con il piccolo ai suoi piedi. Al mattino, Valentine diede l’ordine a Hodge si portarlo nella casa della famiglia di Valentine stesso, fuori Brocelind, e tenerlo sano. Hodge come balia! Ma lo fece, e riferì a Valentine che il bambino sembrava star crescendo.
La Rivolta giunse solo qualche mese più tardi. Ti ho già raccontato di quella notte terribile. Dopo aver ucciso Michael Wayland e suo figlio e lasciato che i loro corpi bruciassero insieme a quelli dei miei genitori tra le rovine di casa nostra, Valentine prese il nostro Jonathan e fuggì nella casa fuori Brocelind.
Rimase lì nascosto per un anno, avvolto in strati di incantesimi per nascondersi, e crebbe i due bambini insieme – suo figlio e quello del suo luogotenente, il piccolo in parte demone e quello in parte angelo. Ma mentre il bambino in parte angelo cresceva normalmente, il suo, il ragazzino demoniaco, si sviluppava a un ritmo innaturale. A due anni aveva raggiunto la taglia di un bambino umano di sei anni, e aveva la forza di un uomo adulto. E odiava il suo fratellino adottivo. Provò a ucciderlo più volte, e il neonato venne salvato solo grazie all’intervento di Valentine. Alla fine, Valentine capì che bisognava fare qualcosa.
Era ansioso di tornare a fare una vita più attiva, di spostarsi in una località più vicina alla Città di Vetro. In un posto dove potesse incontrare i suoi vecchi seguaci, uomini come Pangborn e Blackwell – in un luogo dove potesse non stare così tanto in clandestinità. Assunse l’identità di Michael Wayland e tornò col figlio di Stephen Herondale nel maniero di famiglia dei Wayland.
Perché non portare con sé suo figlio, ti chiedi? Perché il suo bambino sembrava avere sei anni, e Valentine sapeva che in nessun modo sarebbe riuscito a convincerlo di essere il figlio dei Wayland – e sarebbe stato davvero importante, in seguito, che il ragazzo fosse in grado di convincere quanti avevano conosciuto Michael di essere suo figlio. E quindi portò il figlioletto dai capelli chiari di Stephen a casa dei Wayland, e visse pure col suo stesso figlio, ma nella dimora fatiscente fuori Brocelind.
Adesso il neonato aveva un nome – quello del figlio di Michael Wayland. Jonathan Wayland. Dal momento che era troppo confuso crescere due bambini con lo stesso primo nome, Valentine cominciò a chiamare il bambino con un nomignolo.
Lo chiamò Jace…
sto per piangere, non so perchè ma mi viene da piangere!
perchè non l’ha messo nel libro è meraviglioso! 😥
Domanda….ehm…..ma se già sapeva che valentine era uno psicopatico….come ha fatto a rimanere incinta di clary?????…..ahhhhhh!!!!
doveva comunque fingere di essere la sua amata moglie e in quel campo rientrano anche i rapporti sessuali.
Wow :wow: E’ davvero una bella storia ma in effetti ero davvero troppo lunga per il libro. Mi è piaciuto un sacco il momento in cui Jocelyn trova il piccolo Jace in cantina; un po’ meno quando scopre che Jonathan è mezzo demone ancora prima che sia nato. Per questa parte sono felice che alla fine l’abbia cambiata 🙂
A me sarebbe piaciuto coís nel libro. Grazie per l’impegno che ci mettete a farci avere tutti questi extra e tutte le news appena potete. Siete grand, davvero!!
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