Nuova scena tagliata da Città di Vetro, Shadowhunters! 😉 Non sono ancora finite (e penso che continueremo a caricarvene ancora per qualche giorno…). :3
Stavolta l’estratto viene dal settimo capitolo del romanzo, e ha per protagonisti Clary, Sebastian e Magnus.
PS: lo ribadiamo: dal momento che si tratta di regali fatti ai nostri fan, vi chiediamo cortesemente di non prelevare la traduzione. 🙂
“Siamo qui,” annunciò bruscamente Sebastian – così bruscamente che Clary si chiese se non l’avesse davvero offeso in qualche modo – e scivolò giù dalla schiena del cavallo. Ma il suo volto, quando alzò lo sguardo verso di lei, era tutto sorrisi. “Abbiamo fatto un buon tempo,” commentò, legando le redini al ramo più basso di un albero vicino. “Migliore di quanto pensassi.”
Le fece capire con un gesto che poteva smontare, e, dopo un attimo di esitazione, Clary scivolò dal cavallo e finì tra le braccia di lui. “Scusami,” disse, mortificata. “Scusami – non avevo intenzione di afferrarti.”
“Non mi scuserei per questo.” Il respiro di Sebastian era caldo contro il collo di Clary, e lei rabbrividì. Le mani di lui rimasero solo un altro attimo sulla sua schiena prima di lasciarla riluttantemente andare. “Mi piace quel cappotto,” commentò, gli occhi che si soffermavano su di lei come un attimo prima avevano fatto le mani. “Non solo dà una bella sensazione al tatto, ma il suo colore fa sembrare i tuoi occhi ancora più verdi.”
Tutto questo non stava aiutando le gambe di Clary a sentirsi meno instabili. “Grazie,” disse, sapendo perfettamente che stava arrossendo, e pregando con tutto il cuore che la sua pelle chiara non mostrasse così rapidamente il colore. “Quindi – è questo?” Si guardò intorno – stavano in una specie di piccola valle circondata da basse colline. C’erano numerosi alberi dall’aspetto nodoso sparsi per la radura. I loro rami contorti avevano una specie di bellezza scultorea contro il cielo grigiastro. Ma, altrimenti… “Qui non c’è nulla,” commentò Clary aggrottando le sopracciglia.
“Clary.” Nella voce di Sebastian c’era una risata. “Concentrati.”
“Vuoi dire – un incanto? Ma di solito non devo…”
“Gli incanti a Idris sono spesso più forti che in qualsiasi altro luogo. Potresti doverti sforzare più del solito.” Le posò le mani sulle spalle e la fece voltare gentilmente. “Guarda la radura.”
Clary la osservò. E fece silenziosamente il trucco mentale che le permetteva di togliere l’incanto dalle cose nascoste. Si immaginò sfregare l’acquaragia contro una tela, eliminando i livelli di pittura per rivelare la vera immagine al di sotto – ed eccola lì, una piccola casa di pietra con un tetto fortemente a campana, il fumo che vorticava fuori dal camino in svolazzi eleganti. Un sentiero tortuoso fiancheggiato da sassi conduceva alla porta d’ingresso. Mentre guardava, il fumo che usciva sbuffando dal camino smise di curvarsi verso l’alto e cominciò a prendere la forma di un tremolante punto di domanda.
Sebastian rise. “Immagino che significhi: ‘Chi c’è?’.”
Clary si strinse il cappotto intorno. Sentiva improvvisamente, inspiegabilmente freddo – il vento che soffiava tra l’erba non era così fresco, ma le sembrava comunque di avere del ghiaccio nelle ossa. “Sembra uscita da una favola.”
Sebastian non si disse in disaccordo; si limitò ad avanzare verso la porta. Clary lo seguì. Quando raggiunsero i gradini, Sebastian le prese la mano. Il fumo che usciva dal camino smise immediatamente di formare un punto di domanda e cominciò ad assumere i contorni di cuori sbilenchi. Clary sfilò la mano dalla sua presa, si sentì subito in colpa e raggiunse il battiporta per dissimulare il suo imbarazzo. Era pesante e di ottone, a forma di gatto, e quando Clary lo lasciò colpì la porta d’ingresso con uno rumore soddisfacente.
Il rumore fu seguito da schiocchi e scoppiettii. La porta tremò e si aprì. Dietro, Clary riusciva a vedere solo oscurità. Lanciò un’occhiata a Sebastian, la bocca improvvisamente asciutta. Come la casetta di una fiaba, aveva detto. Se non che le cose che vivevano nelle casette delle fiabe non erano sempre benevole…
“Almeno non è decorata con caramelle e pan di zenzero,” disse Sebastian, come se stesse leggendo i suoi pensieri. “Entrerò io per primo, se vuoi.”
“No.” Clary scosse la testa. “Entreremo insieme.”
Avevano appena oltrepassato la soglia quando la porta sbatté dietro di loro, lasciando fuori tutta la luce. L’oscurità era implacabile, impenetrabile. Qualcosa sfiorò Clary, nel buio, e lei urlò.
“Sono solo io,” disse Sebastian, irritato. “Ecco – prendi la mia mano.”
Clary sentì le dita di lui cercare a tentoni le sue, e questa volta gli afferrò la mano con un senso di gratitudine. Stupida, pensò, aggrappandosi con forza alle dita di Sebastian, era stata stupida ad andare lì in quel modo – Jace sarebbe stato furioso…
Una luce sfavillò improvvisamente nel buio. Apparvero due occhi, verdi come quelli di un gatto, che volteggiavano nell’oscurità come gioielli. Chi c’è?, chiese una voce – morbida come pelliccia, affilata come schegge di ghiaccio.
“Sebastian Verlac e Clarissa Morgenstern. Ci hai visti arrivare attraverso il sentiero.” La voce di Sebastian suonò chiara e forte. “So che ci stavi aspettando. Mia zia Elodie mi ha detto dove trovarti. Hai lavorato per lei, in passato…”
So chi siete. Gli occhi si chiusero per un istante, lasciandoli nuovamente al buio. Seguite le fiaccole.
“Le cosa?” Clary si voltò, la mano ancora in quella di Sebastian, in tempo per vedere numerose torce accendersi formando una linea, ognuna che prendeva fuoco dalla successiva, finché davanti a loro non si illuminò un cammino scintillante. Lo percorsero mano nella mano come Hansel e Gretel che seguono le scia di briciole nella foresta oscura, anche se Clary si chiedeva se i bambini della favola si fossero tenuti per mano con così tanta forza…
Il terreno scricchiolava debolmente sotto di loro. Abbassando lo sguardo, Clary vide che il sentiero era fiancheggiato da frammenti di un nero lucido, simili ai gusci di insetti enormi. “Scaglie di drago,” spiegò Sebastian seguendo il suo sguardo. “Non ne avevo mai visti così tanti…”
I draghi sono reali?, avrebbe voluto chiedere Clary, ma si fermò. Certo che i draghi erano reali. Cos’è che Jace le diceva sempre? Tutte le storie sono vere. Prima che potesse ripetere quel pensiero ad alta voce, la strada si aprì, e i due si ritrovarono in un giardino aperto baciato dal sole. Almeno, a prima vista sembrava un giardino. C’erano alberi, le cui foglie splendevano d’oro e argento, e sentieri circondati da fiori, e al centro del giardino stava una specie di padiglione con pareti fatte di seta luminosa. Il sentiero di fiaccole continuava davanti a loro, conducendo al padiglione, ma, mentre lo seguivano, Clary vide che i fiori su entrambi i lati erano geniali creazioni di carta e stoffa. Non c’erano insetti ronzanti, nessun uccello cinguettante. E, quando alzò lo sguardo, vide che sopra di loro non c’era il cielo, ma solo uno sfondo blu e bianco, con una singola luce che scintillava sopra di loro nel punto in cui sarebbe dovuto essere il sole.
Avevano raggiunto il padiglione. Dentro, Clary riusciva solo a scorgere il flebile luccichio di una candela. La sua curiosità vinse sulla preoccupazione, e lasciò andare la mano di Sebastian per abbassarsi e attraversare lo spazio tra i pesanti arazzi di seta.
Clary fissò. L’interno del padiglione somigliava a qualcosa di uscito da una copia illustrata de Le Mille e una Notte. Le pareti erano di seta d’oro, il pavimento ricoperto di tappeti ricamati. Fluttuanti sfere dorate lasciavano fuoriuscire un incenso che profumava di rose e gelsomino; l’odore era così pesante e dolce che la fece tossire. C’erano cuscini decorati con le perline ovunque, e un enorme divano basso ricoperto di cuscini con le nappe. Ma non era questo che Clary stava fissando. Si era preparata per qualcosa di fantastico, persino bizzarro. Non alla vista, però, di Magnus Bane – con indosso una canottiera a rete dorata e un paio di harem pants di seta trasparente – che fumava gentilmente un fantasticamente enorme narghilè con una dozzina di serpeggianti braccia a forma di pipa. “Benvenuti nella mia umile dimora.” Il fumo che fluttuava intorno alle orecchie di Magnus formò delle piccole stelle mentre lui ghignava. “Posso offrirvi qualcosa? Vino? Acqua? Birra Ichor?”
Clary ritrovò la voce. “Una spiegazione sarebbe gradita. Che diamine ci fai qui?”
“Clary.” Non si era resa conto che Sebastian l’aveva seguita nel padiglione, ma eccolo lì a fissarla con orrore. “Non c’è bisogno di essere maleducata.”
“Non capisci!” Si voltò verso Sebastian, turbata dalla sua espressione. “C’è qualcosa che non va…”
“Va tutto bene, Clary,” le disse lui. Si voltò verso Magnus, la mascella serrata. “Ragnor Fell,” cominciò, “sono Sebastian Verlac…”
“Che bello,” rispose gentilmente Magnus, e poi schiccò le dita.
Sebastian si immobilizzò sul posto, la bocca ancora aperta, la mano parzialmente protesa per salutarlo.
“Sebastian!” Clary si allungò per toccarlo, ma era rigido come una statua. Solo il leggero alzarsi e abbassarsi del suo petto mostrava che era ancora vivo. “Sebastian?” lo chiamò, di nuovo, ma era tutto inutile: in qualche modo Clary sapeva che lui non riusciva né a sentirla né a vederla. Si voltò verso Magnus. “Non posso credere che tu l’abbia appena fatto. Cosa c’è che non va, in te? Quella roba nella pipa ti ha sciolto il cervello? Sebastian è dalla nostra parte.”
“Non ho una parte, Clary, mia cara,” le rispose Magnus agitando il suo narghilè. “E, davvero, è tutta colpa tua se ho dovuto congelarlo fuori dal tempo per qualche istante Vedi, sei andata tremendamente vicino a dirgli che non sono per davvero Ragnor Fell.”
“Questo perché non sei per davvero Ragnor Feel.”
Magnus soffiò una nuvola di fumo fuori dalla bocca, e la osservò pensierosamente tra la foschia. “A dire il vero,” disse, “a tutti gli effetti, sono io.”
La testa di Clary aveva cominciato a dolere; se per il fumo pesante per la stanza o lo sforzo di contenere l’impellente bisogno di tirare un pugno a Magnus in un occhio, non era certa. “Non capisco.”
Magnus batté il palmo della mano sul sofà. “Vieni a sederti accanto a me e ti spiegherò tutto,” miagolò. “Ti fidi di me, no?”
In verità, no, pensò Clary. Del resto, però, di chi si fidava? Di Jace? Di Simon? Di Luke? Nessuno di loro era nei paraggi. Dopo aver lanciato un’occhiata di scusa al Sebastian congelato, si unì a Magnus sul divano.
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
Condividi su